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«Provo le vibrazioni del Magnificat»

Pastorale del sacerdozio è il titolo del volume, curato dal reggente della Prefettura della Casa pontificia (Edizioni Viverein, Roma, 2020, pagine 112, euro 10), che raccoglie alcuni tra i più significativi discorsi e pensieri di Paolo VI sul sacerdozio. Del libro, che esce proprio in occasione del centenario dell’ordinazione presbiterale di Giovanni Battista Montini, pubblichiamo quasi per intero l’introduzione scritta dal curatore.



Il sabato 29 maggio 1920 don Giovanni Battista Montini riceveva l’ordinazione sacerdotale, per le mani del vescovo di Brescia Monsignor Giacinto Gaggia, insieme ad altri tredici compagni nella cattedrale.

Arrivava a quella data, con la trepidazione per la responsabilità del passo decisivo che stava per fare.

Per capire quale fosse l’intensità del suoi sentimenti, basta leggere quanto scriveva a un amico: «Provo le vibrazioni del “Magnificat”... dal primo giorno che ho sperimentato i disegni di Dio e che ho capito di lodarlo attraverso la folle bontà che voleva d’un infermo, un eletto... Dovrò predicare il Vangelo a una società che tutto ha inventato e scoperto fuorché il Vangelo».

Era giunto all’ordinazione con notevoli difficoltà, a causa della salute malferma. Il suo vescovo scriveva: «È un giovane che ha tutte le più belle qualità, ma gli manca la salute». E, non di meno, era convinto di ordinarlo ugualmente: «Vuol dire che lo ordineremo per il paradiso!».

La domenica 30 maggio, festa della Santissima Trinità, nel santuario della Madonna delle Grazie, sempre a Brescia, celebrava la prima Messa.

Mamma Giuditta, per quel giorno, aveva affidato alle suore il suo vestito da sposa per ricavarne la pianeta per il figlio. Mentre il papà Giorgio aveva dettato le parole della immaginetta-ricordo della prima Messa, semplici ma quasi profetiche dell’avvenire del figlio: «Concedi, o mio Dio, che tutte le menti si uniscano nella verità e tutti i cuori nella carità».

Molto opportunamente la memoria liturgica del Papa San Paolo VI è stata iscritta nel calendario romano generale al 29 maggio, giorno della sua ordinazione sacerdotale, essendo il 6 agosto, giorno della sua nascita al cielo, festa della Trasfigurazione di Gesù.

Nei suoi appunti giovanili Montini aveva scritto: «Te solo. Che io impari a conoscere me da Te e Te da me. Io sono pieno di desideri e di debolezza. Il primo atto di fiducia è di preferirti a ogni desiderio. Te solo. Tu sai che io ti amo».

E Jean Guitton, amico personale di Paolo VI svelerà: «Un aspetto che avevo sempre taciuto per discrezione. Un giorno udii dalla sua bocca questa confidenza: “Durante la mia gioventù, mi pareva di avere molteplici vocazioni, che erano richiami a una vita laica. Volevo essere senatore come mio padre, medico come mio fratello, contemplativo come mia madre... Ma volevo essere anche artista, oratore, viaggiatore, evangelizzatore... Come realizzare quelle vocazioni, numerose, contrarie e divergenti? Trovai la soluzione. Per accordare tutte le vocazioni laiche e per sublimarle, per essere un laico perfetto, non avevo che una soluzione: farmi prete!”».

Ed è stato un innamorato del suo sacerdozio. Vissuto nelle sue alte e severe esigenze, sempre.

E attraverso i suoi discorsi da arcivescovo e da Papa ha saputo far innamorare tanti di noi al sacerdozio.

Fin dalla giovinezza, Montini ha dedicato lunghe riflessioni, approfondimenti teologici e pastorali, da cui scaturirono il suo impegno e il suo magistero successivo.

Per questo, nel centenario della sua ordinazione sacerdotale, abbiamo voluto presentare alcuni significativi discorsi e pensieri di Paolo VI sul sacerdozio. Sono, essenzialmente, le omelie-preghiere da lui preparate per alcune ordinazioni sacerdotali di numerosi diaconi.

Ma lo stesso ardore, la stessa profondità, la stessa elevatezza si notano nelle omelie e Lettere del Giovedì santo da arcivescovo di Milano, e nelle catechesi e omelie da Papa.

Nell’argomento del sacerdozio Montini si muove con molto agio, con profondità, con delicatezza, con accenti poetici. E rivela quanto il sacerdozio sia stato oggetto della riflessione, oltre che della sua esperienza pratica.

Per Montini la vita sacerdotale «è un poema, un dramma, un mistero nuovo... L’inesauribile ricerca di ciò che siamo col sacerdozio è uno degli aspetti ammirabili e fecondi del sacerdozio stesso; esso è fonte di perpetua meditazione; esso è sempre oggetto di scoperta e di meraviglia; esso è sempre novità e bellezza per chi vi dedica amoroso pensiero».

E ai sacerdoti sapeva dare avvertimenti, circostanziati e precisi, per vivere in pienezza la loro vocazione: «Dal mondo dovrete condividere i dolori e le speranze, non le miserie e le profanità; dovrete sopportare il servizio spirituale, non condividere gli errori, i costumi decaduti; conoscere le malattie, non farle proprie».

Sia da Arcivescovo, sia poi da Papa, Montini considerava suo compito principale di parlare ai sacerdoti, guidarli, ammonirli, sostenerli, confortarli. Ma sempre con uno stile e un equilibrio che — come ha detto qualcuno — sono indicatori della pastorale del sacerdozio di Montini.

Il pontificato di Paolo VI ha attraversato una stagione delicata: gli anni del concilio e del post-concilio; il Sessantotto, con la contestazione giovanile. E la lacerazione aperta dall’Enciclica Humanae vitae; la crisi delle vocazioni, con le polemiche sul celibato: tanti, tra il clero e i consacrati, che chiesero di lasciare, o lasciarono senza chiedere, il ministero.

Paolo VI soffriva intimamente e, tuttavia, confermò i principi e la grande tradizione della Chiesa; ma, fin dove fu possibile alla sua coscienza di credente e di Pastore, cercò di capire e di sostenere con un insegnamento saggio, illuminato, e profondamente partecipato.

Gli attacchi contro Paolo VI venivano da tutte le parti. Le crisi sacerdotali lo colpivano in maniera forte. E spesso passava la notte insonne, tra le lacrime, a leggere le storie di chi aveva deciso di lasciare. Per quanto riguarda il celibato, Paolo VI dirà: «Non è rendendo più facile il sacerdozio — liberandolo per esempio da ciò che la Chiesa latina da secoli considera un sommo onore: il celibato — che si renderà più desiderato l’accesso al sacerdozio stesso» (15 marzo 1970).

Non si può comprendere l’insegnamento di Paolo VI sul sacerdozio, la sua teologia e l’apologia che ne fa, se non si considera come lui stesso visse il sacerdozio, come lo intese e vi rimase fedele fino alla morte. Prima di tutto e sempre, infatti, si sentì sacerdote.

L’Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, salutando Montini a nome di tutto il Corpo Diplomatico prima della partenza per Milano, ammetteva con ammirazione: «Ciò che noi diplomatici più rispettiamo e maggiormente amiamo in voi è che, dietro la figura del Ministro della Santa Sede, abbiamo sentito sempre il sacerdote!».

E Montini seppe interpretare i servizi che gli venivano proposti dalla Chiesa, nelle diverse stagioni della vita — anche nel servizio diplomatico! — come altrettante forme della sua totale e gioiosa donazione nel sacerdozio.

di Leonardo Sapienza




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