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La Forza della Narrazione e della Memoria

Narrazione e memoria, due “elementi” che sembrano soccombere nell’attuale sistema informativo-comunicativo-relazionale, spesso improntato a una crescente superficialità, dove le narrazioni non vengono dipanate nelle loro ricche e arricchenti sfaccettature ma cadono preda dei messaggi rapidi e incisivi e, anche per questo, talvolta spettacolarizzati.


Stessa sorte è quella toccata alla memoria che non si tramanda più, di generazione in generazione, assistendo così a un crescente numero di individui privi di radici.
È provvidenziale che papa Francesco abbia dedicato proprio al tema della narrazione e della memoria il Messaggio per la 54ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, diffuso il 24 gennaio nella memoria liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, dal titolo «Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria» (Es 10,2). La vita si fa storia.
Forse qualcuno potrebbe, appropriatamente, anche definirla un’emergenza educativa che non può essere rimandata, pena l’incapacità di recuperare la pratica delle narrazioni (e capacità di ascolto delle stesse) che hanno nutrito intere generazioni.

Il rapido sviluppo degli strumenti di comunicazione, con annesse pratiche e problematiche, non può avere la meglio sul messaggio che è la narrazione stessa, su quella “buona narrazione che nutre la vita” perché - come puntualizza papa Francesco - «per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano, storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme».

Insieme appunto, percependo il dono condiviso della vita che certe “cattive narrazioni” omettono a favore di ideologie che non rispettano le logiche della fratellanza. Per questo, «nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita». Tanto più che il tessere storie porta con sé una forte responsabilità, dal momento che il fruitore delle stesse le assume, assieme ai personaggi, a modelli della propria vita.
Sulla base di queste dinamiche, è opportuno far emergere gli “eroi quotidiani”, così da «ritrovare motivazioni eroiche per affrontare le sfide della vita».

Eppure il contesto attuale è saturo di storie che narcotizzano, provocano e logorano i fili della convivenza - torna a denunciare papa Francesco - «convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare».
Una sottolineatura che richiama l’attenzione sulle fake news, sulla banalità, sull’odio, che non contribuiscono di certo a costruire storie e che possono essere contrastati solo dalla sapienza, dal coraggio, dalla pazienza e dal discernimento.
Parole che rappresentano anche un incitamento agli addetti ai lavori, chiamati oggi più che mai a offrire un’informazione da costruire con la forza della serietà professionale e della pazienza, per creare e immettere nei circuiti informativi storie che abbiano come priorità la dignità della persona e siano capaci di “nutrire la vita”.

Come insegna la Bibbia, “storia di storie”, tramandata di generazione in generazione nella sua attualità e nel suo continuo rinnovarsi in quanto «il Dio della vita si comunica raccontando la vita» che è la storia di ognuno, senza priorità alcuna, al di là e al di sopra delle logiche imperanti, le stesse che rappresentano una forte insidia per una narrazione umana.
In fin dei conti il racconto di Dio entra nella nostra storia ed è la nostra storia, al pari di come ognuno fa parte di questa grande storia di Dio. Papa Francesco cita a questo proposito un passo della seconda Lettera di san Paolo ai Corinzi: «Voi siete una lettera di Cristo scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma su tavole di cuori umani» (2 Cor 3,3).

Mettere il cuore in ogni nostra narrazione significa dunque restituire risalto e dignità a ogni storia e ad ogni persona, adottando lo stesso sguardo di Dio per il quale non esistono comparse ma solo protagonisti, dove il male non è mai il titolo di coda di una vita ma lo è la redenzione, dove non prevalgono le logiche dell’oggi ma, semplicemente, tante storie che contengono “meraviglie stupende”.

Da San Bonaventura informa (pp. 15-16)

Elisabetta LO IACONO

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