Passa ai contenuti principali

“Messe riaperte, che cosa avrebbe fatto Gesù?”

Una riflessione del cardinale Krajewski nella prima domenica con i fedeli di nuovo presenti alle celebrazioni in chiesa: «Una liberazione dopo l’attesa. La presenza non è sostituibile»


Le comunità cristiane sono tornate a pregare insieme fisicamente. A darsi di nuovo appuntamento alla messa. Gli amici delle parrocchie non possono ancora abbracciarsi, ma incontrarsi per celebrare l’incontro con Gesù sì. A distanza di qualche metro uno dall’altro, non più solo tramite smartphone o tablet. È una liberazione dopo un’attesa dolorosa e lunga. Troppo lunga, per questo motivo la sento più come un atto dovuto. Perché nelle chiese abbiamo spazi che avrebbero permesso di tornare prima a predisporre le cerimonie con il popolo. E invece sono state tra gli ultimi luoghi di nuovo accessibili. I fedeli hanno sopportato un sacrificio troppo grande. Ne è simbolo la piazza San Pietro riaperta solo ieri, nonostante i suoi spazi enormi. Ho faticato a comprendere i motivi per cui una certa normalità della vita religiosa, che poteva essere ripristinata poco dopo Pasqua, è stata invece trascurata. Senza dimenticare tutti i funerali mancati: i parenti di quei defunti soffriranno tutta la vita anche per questo vuoto ingiusto e inconsolabile. 

L’aspetto religioso e spirituale è cruciale nella vita, come solo l’amore lo è. Ma non basta l’intimità e l’interiorità, e neanche internet. È fondamentale l’aspetto comunitario. La religiosità ha bisogno vitale della fisicità. Questa è la lezione più grande e importante che va appresa da questi mesi di luoghi di culto serrati. Vale per i governanti, i credenti, i non credenti. E i sacerdoti. 

Noi preti abbiamo il compito di guidare il popolo per la vita eterna. Siamo chiamati a non sfuggire al ruolo di fonte di speranza, soprattutto per chi è in difficoltà. Dunque per tutti, quando si è in tempi di guerra, povertà o malattia. O pandemia. Dobbiamo prendere esempio da quei preti e suore di oggi e di ieri che stanno con la gente, sempre. A cominciare dalle persone che soffrono. Come gli indigenti. Ogni giorno mi domando: che cosa farebbe Gesù? Lascerebbe i poveri senza cibo? Senza andare al bagno? No. Per questo durante il lockdown non abbiamo mai chiuso i servizi sotto il Colonnato di San Pietro. E neanche l’ambulatorio: perché altrimenti i senzatetto dove sarebbero andati a prendere i farmaci, per esempio per la pressione? Allo stesso tempo il grido di rabbia, tristezza e protesta di migliaia di fedeli in questi mesi ci devono incoraggiare a non lasciare la gente senza i sacramenti. Mai. Soprattutto quando la disperazione spinge ad aggrapparsi a Dio. Sarebbe bastato un po’ più di coraggio, attrezzarsi di mascherine, guanti e tute protettive, e avremmo potuto raggiungere e confortare spiritualmente gli infermi, i pazienti negli ospedali. I sacramenti o sono fondamentali e li trattiamo come tali, o sono una favola. Dobbiamo ringraziare il governo che con i suoi decreti ci indica la via della salute, ma non possiamo dimenticare che solo seguendo la Parola di Dio si diventa «santi».

Sperando che non ce ne sia mai più bisogno, dovremo essere pronti a non farci travolgere dalla paura e dalla confusione, peraltro giustificabili nelle prime settimane di impennata di contagi.

Noi preti dobbiamo ricordarci e testimoniare che quando si è in situazioni di incertezza e timore, occorre aprire il Vangelo e cercare la situazione simile alla nostra: si trova, possiamo esserne certi. E si scopre che tutto si riconduce al comandamento dell’amore: ama il prossimo tuo come te stesso. Il resto viene di conseguenza. Ora abbiamo davanti a noi anche il dono di esempi straordinari e vicini: medici, infermieri e operatori sanitari, che hanno rischiato la vita nei reparti Covid, si sono trasferiti negli alberghi, hanno lasciato le famiglie. E tanti, per aiutare il prossimo ammalato, sono caduti.

Se faremo tesoro delle testimonianze di responsabilità, generosità incondizionata e solidarietà concreta che ci hanno tenuto in piedi in questo tempo sospeso tra angoscia e privazioni, il ritorno a messa si può rivelare non un sentimento effimero, ma una gioia vera. Dal punto di vista religioso, spirituale, umano. E anche sociale e politico. Perché i benefici di una comunità che si ritrova per pregare oltrepassano parrocchie e oratori e irradiano tutta la società. 

*Elemosiniere di Sua Santità

KONRAD KRAJEWSKI*

Commenti

Post popolari in questo blog

La nostra reliquia "ex sanguine" di San Giovanni Paolo II in pellegrinaggio a Turi

In pellegrinaggio a Turi la reliquia di San Giovanni Paolo II „ La reliquia 'Ex Sanguine' donata dall'Arcivescovo Metropolita di Cracovia all’Associazione Giovanni Paolo II e Parrocchia Santi Medici di Polignano sarà portata a Turi il prossimo 18 settembre. Turi si prepara ad accogliere la reliquia di San Giovanni Paolo II, che arriverà nella cittadina, presso la parrocchia di Maria SS. Ausiliatrice, il prossimo 18 settembre. Giovanni Paolo II ha lasciato un segno indelebile in ciascuno di noi e la presenza delle sue reliquie “è motivo di grande gioia e di rendimento di grazie; la sua santità dona speranza e ci spinge a rispondere con sempre maggiore fedeltà alla nostra vocazione cristiana”. Tale presenza offrirà l’occasione per riflettere sul ruolo che ogni cristiano deve avere per essere autentico testimone di fede con coerenza e senza paura, così come lo fu Giovanni Paolo II. Si tratta di una reliquia “Ex Sanguine“ (di sangue) del Santo Giovanni Paol

Le Reliquia "Ex-Capillis" di Madre Teresa in pellegrinaggio a Turi

La comunità parrocchiale di  Maria SS. Ausiliatrice annuncia con gioia la visita delle Reliquie (ex Capillis) di S. Teresa di Calcutta DOMENICA 11 MARZO 2018 . Abbiamo voluto richiamare l’attenzione sulla figura di  Madre Teresa , canonizzata da Papa Francesco il 4 settembre 2016, poiché è stata una donna che ha impegnato tutta la sua vita per testimoniare l’amore ed è stata l’amore di Dio in azione. La Reliquia ex-capillis (capelli) è stata donata dalla postulazione di Madre Teresa all' associazione Giovanni Paolo II in occasione del decennale e alla parrocchia SS. Medici di Polignano a Mare. Lei sintetizzava così la sua vita e la sua opera: So che noi siamo una goccia nell’oceano della miseria e della sofferenza umana, ma se non ci fosse neanche questa goccia, la miseria e le sofferenze umane sarebbero ancora più grandi….

Papa Giovanni Paolo II: anniversario della morte di Karol Wojtyla

Oggi, 2 aprile 2012, ricorre l’ anniversario della morte di Karol Józef Wojtyla , ovvero Papa Giovanni Paolo II . Nato a Wadowice il 18 maggio 1920, morì il 2 aprile 2005 a Roma dopo quasi 30 anni di pontificato. Infatti,  Karol Wojtyla  fu eletto Papa il 16 ottobre 1978 e il suo fu il terzo pontificato più lungo della storia. In seguito alla sua morte, avvenuta ormai 7 anni fa,  Papa Giovanni Paolo II  fu proclamato  Beato  l’anno scorso (1° maggio), da  Papa Benedetto XVI  e, nel giorno del suo insediamento si festeggerà ogni anno il Papa, da molti considerato come il più grande di tutti i tempi.