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Due grandi "Insegnamenti"

Speciale il rapporto fra don Tonino Bello e la figura mariana. Lo sintetizzo in due post a chiusura del mese di maggio.



Cosa insegna particolarmente la Madonna a don Tonino? Sintetizzo in due punti.


Il primo: Maria fa esperienza quotidiana di Cristo, e per don Tonino il quotidiano è il cantiere in cui si costruisce la storia della salvezza. Maria frequenta dunque la ferialità: è donna dei nostri giorni. «La vogliamo sentire così: di casa. Mentre parla il nostro dialetto. Immersa nella cronaca paesana. Con gli abiti del nostro tempo. Se per un attimo osiamo toglierle l’aureola, è perché vogliamo vedere quanto è bella a capo scoperto».

Persuasione che considera in linea con la dichiarazione conciliare secondo cui «Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro» (Apostolicam Actuositatem, 4). Che don Tonino commenta così: «Maria viveva sulla terra. Non sulle nuvole. I suoi pensieri non erano campati in aria. I suoi gesti avevano come soggiorno obbligato i perimetri delle cose terrene. Anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare con i piedi per terra».

La santità di Maria è, insomma, una santità feriale, esattamente come quella di don Tonino Bello.

Il secondo grande insegnamento deriva dal fatto che la Vergine fa esperienza totale di Cristo: accompagna Gesù lungo tutta la vita, anche nei momenti supremi: è nel Cenacolo, è sotto la Croce, è donna del terzo giorno. Al punto da teorizzare, don Tonino, la sua presenza alla Risurrezione. Lo scrive espressamente nell’aprile 1993, in “Maria donna dei nostri giorni”, a poche settimane dal ricongiungimento con il Risorto, quando la vista spirituale gli si fa più limpida e acuta: «Molti si chiedono, sorpresi, perché mai il Vangelo, mentre ci parla di Gesù apparso nel giorno di Pasqua a tantissime persone, come la Maddalena, le pie donne e i discepoli, non ci riporti alcuna apparizione alla Madre da parte del Figlio risorto. Io una risposta ce l’avrei: perché non c’era bisogno! Non c’era bisogno, cioè, che Gesù apparisse a Maria, perché lei, l’unica, fu presente alla Risurrezione. Come fu presente, l’unica, al momento dell’incarnazione del Verbo. Come fu presente, l’unica, all’uscita di lui dal suo grembo verginale di carne, e divenne la donna del primo sguardo su Dio fatto uomo. Così dovette essere presente, l’unica, all’uscita di lui dal grembo verginale di pietra: il sepolcro. E divenne la donna del primo sguardo dell’uomo fatto Dio. Gli altri furono testimoni del Risorto. Lei, della Risurrezione».
Qualcuno ha gridato al visionario. Ma, a meno di un anno di distanza, Papa Giovanni Paolo II, in un Angelus ha sostenuto una tesi analoga, ribadita durante il mese mariano 1997.
Don Tonino intende imitare il legame che salda Maria a suo Figlio. Quando, durante la malattia, non riesce più a muoversi dal proprio “altare scomodo” – il letto in cui si consuma la sua sofferenza – fa tappezzare le pareti della propria camera con le icone mariane delle protettrici delle città a cui è preposto, e muore contemplando l’icona della Madonna delle Grazie. Dopo aver avuto la Madonna come compagna di viaggio per tutta l’esistenza, si immerge, accompagnato da Maria, nella luce purissima del Risorto.



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