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Il Papa: “Nella Chiesa no a destra e sinistra, conservatori e progressisti, serve unità”

Messa di Pentecoste: «Narcisismo, vittimismo, pessimismo» nemici della comunione. «Peggio della crisi c’è solo il dramma di sprecarla»

Il Papa: “Nella Chiesa no a destra e sinistra, conservatori e progressisti, serve unità”

Non c’è destra né sinistra nella Chiesa, né conservatori o progressisti, ma un popolo di «mendicanti di misericordia» a cui Dio fa dono dell’«unità». Papa Francesco celebra la messa di Pentecoste in una San Pietro semi deserta, con le panche occupate da una ventina di fedeli, distanziati l’uno dall’altro. Nell’omelia torna indietro alle origini della Chiesa, nata da un popolo con «provenienze e contesti sociali diversi, nomi ebraici e nomi greci, caratteri miti e altri focosi, visioni e sensibilità differenti», reso tuttavia un unico corpo dallo Spirito Santo. «Diversi, ma uniti», afferma il Pontefice: Gesù non ha «uniformato» i discepoli facendone «modellini in serie», ma ha «lasciato le loro diversità» e li ha uniti «ungendoli di Spirito Santo».

È un’immagine di Chiesa diversa da quella propinata dal «mondo» che sembra crogiolarsi nelle spaccature, nelle ferite e diversità di opinione che si riscontrano nel tessuto ecclesiale. Dal Papa arriva una parola chiara: «Il mondo ci vede di destra e di sinistra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù. II mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia».

Francesco mette quindi in guardia da ciò che divide la Chiesa e i suoi membri: «Il narcisismo, il vittimismo e il pessimismo». Tre «nemici» della comunione, «accovacciati alla porta del cuore». 

Il narcisismo, la «tentazione dello specchio», che «fa idolatrare sé stessi, fa compiacere solo dei propri tornaconti», che fa pensare: «La vita è bella se io ci guadagno». «In questa pandemia, quanto fa male il narcisismo, il ripiegarsi sui propri bisogni, indifferenti a quelli altrui, il non ammettere le proprie fragilità e i propri sbagli», osserva Bergoglio. Parimenti pericoloso, o forse ancora di più, è il vittimismo, il lamentarsi ogni giorno del prossimo: «Nessuno mi capisce, nessuno mi aiuta, nessuno mi vuol bene, ce l’hanno tutti con me!». «Nel dramma che viviamo, quant’è brutto il vittimismo!», esclama Francesco, «pensare che nessuno ci comprenda e provi quello che proviamo noi». È questo un atteggiamento che va di pari passo col pessimismo, ovvero «la litania quotidiana» del «non va bene nulla, la società, la politica, la Chiesa…». «Il pessimista se la prende col mondo, ma resta inerte e pensa: “Intanto a che serve donare? È inutile”. Ora, nel grande sforzo di ricominciare, quanto è dannoso il pessimismo, il vedere tutto nero, il ripetere che nulla tornerà più come prima!».

Lo Spirito Santo con la sua «potenza unificatrice» risana ogni ferita, «ci guarisce dallo specchio, dalle lamentele e dal buio. Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi», dice il Pontefice. «Lo Spirito Santo è quell’uno che mette insieme i diversi». 

Attenzione, pertanto, alla tentazione di «difendere a spada tratta le proprie idee, credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi». «Questa è una fede a nostra immagine, non è quello che vuole lo Spirito», ammonisce il Papa. «Allora si potrebbe pensare che a unirci siano le stesse cose che crediamo e gli stessi comportamenti che pratichiamo». Invece «lo Spirito viene a noi, con tutte le nostre diversità e miserie, per dirci che abbiamo un solo Signore, Gesù, e un solo Padre, e che per questo siamo fratelli e sorelle!». 

«Ripartiamo da qui», incoraggia Jorge Mario Bergoglio, «torniamo al giorno di Pentecoste e scopriamo la prima opera della Chiesa: l’annuncio. Eppure vediamo che gli Apostoli non preparano una strategia, non hanno un piano pastorale. Avrebbero potuto suddividere la gente in gruppi secondo i vari popoli, parlare prima ai vicini e poi ai lontani... Avrebbero anche potuto aspettare un po’ ad annunciare e intanto approfondire gli insegnamenti di Gesù, per evitare rischi... No. Lo Spirito non vuole che il ricordo del Maestro sia coltivato in gruppi chiusi, in cenacoli dove si prende gusto a “fare il nido”. Egli apre, rilancia, spinge al di là del già detto e del già fatto, oltre i recinti di una fede timida e guardinga. Nel mondo, senza un assetto compatto e una strategia calcolata si va a rotoli. Nella Chiesa, invece, lo Spirito garantisce l’unità a chi annuncia. E gli Apostoli vanno: impreparati, si mettono in gioco, escono. Un solo desiderio li anima: donare quello che hanno ricevuto».

Proprio il dono è «il segreto dell’unità». È importante perché, sottolinea Papa Francesco, «da come intendiamo Dio dipende il nostro modo di essere credenti»: «Se abbiamo in mente un Dio che prende e si impone, anche noi vorremo prendere e imporci: occupare spazi, reclamare rilevanza, cercare potere. Ma se abbiamo nel cuore Dio che è dono, tutto cambia». 

Parole che si aggiungono a quelle del videomessaggio inviato dal Papa al movimento “Thy Kingdom Come”, guidato dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. «Non possiamo chiedere all’umanità di stare unita se noi andiamo per strade diverse», ha detto Francesco nel filmato.

Alle 12, si è affacciato poi dalla finestra del Palazzo Apostolico per il Regina Coeli. In piazza San Pietro erano presenti diversi fedeli, tutti distanziati, esplosi in un applauso fragoroso. Erano circa ottanta giorni che la piazza era chiusa al pubblico e il Papa svolgeva l’appuntamento domenicale in streaming dalla Biblioteca. «Buongiorno, oggi che la piazza è aperta possiamo tornare», ha esordito a braccio. 

Nella sua catechesi Francesco ha chiesto ai fedeli «il coraggio di uscire fuori dalle mura protettive dei nostri “cenacoli”, senza adagiarci nel quieto vivere o rinchiuderci in abitudini sterili». Al momento dei saluti, ha rivolto invece un pensiero alla Chiesa e alla società in Amazzonia, duramente provate dalla pandemia: «Tanti sono i contagiati e i defunti, anche tra i popoli indigeni, particolarmente vulnerabili. Per intercessione di Maria, Madre dell’Amazzonia, prego per i più poveri e indifesi di quella cara Regione, ma anche per quelli di tutto il mondo, e faccio appello affinché non manchi a nessuno l’assistenza sanitaria. Non risparmiare per l’economia, curare le persone che sono più importanti dell’economia. Noi siamo tempio dello Spirito Santo, l’economia no».

Nella Giornata nazionale del Sollievo, il Papa ha poi chiesto di pregare in silenzio per «coloro che sostenendo i malati in questa pandemia, hanno dato la loro vita: medici, volontari, infermieri, operatori della salute». Infine ha augurato a tutti «una buona domenica di Pentecoste»: «Abbiamo tanto bisogno della luce e della forza dello Spirito Santo! Ne ha bisogno la Chiesa, per camminare concorde e coraggiosa testimoniando il Vangelo. E ne ha bisogno l’intera famiglia umana, per uscire da questa crisi più unita e non più divisa». Da una crisi come questa non si esce uguali, si esce o migliori o peggiori. Abbiamo il coraggio di cambiare, di essere migliori di prima e poter costruire positivamente la (fase) post crisi della pandemia».

SALVATORE CERNUZIO

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