Alla veglia pasquale in una basilica di San Pietro vuota il Papa sottolinea che la speranza di Gesù non è «tutto andrà bene» ma «la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita»
Basilica di San Pietro, la Veglia pasquale celebrata da papa Francesco
In piena pandemia da coronavirus, Papa Francesco ha invitato i cristiani a specchiarsi nei sentimenti delle donne che il sabato santo, «il giorno del grande silenzio» quanto mai attuale in questo frangente, si accingono ad andare al sepolcro di Gesù, perché «per loro era l’ora più buia, come per noi», ma così come, «senza saperlo», queste donne preparano il giorno della risurrezione, «stanotte – ha rimarcato Francesco nella Veglia pasquale in mondovisione da una basilica di San Pietro vuota – conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza».
La luce che prorompe nella luce, come ogni anno, ha segnato la liturgia, sebbene in mondo semplificato. La cerimonia, alla presenza di una dozzina di fedeli seduti, distanziati, sulle panche presso l’altare della Cattedra, si è aperta, come ogni anno, con il rito della benedizione del fuoco: omessa la preparazione iniziale del cero pasquale, la processione, guidata dal Papa, è partita all’interno di San Pietro ed è proceduta lungo la navata centrale, al canto del Gloria, con l’accensione progressiva della basilica. Accanto all’altare, oggi come in tutte le celebrazioni del Triduo pasquale, il crocifisso di San Marcello al Corso e la icona bizantina della Madonna Salus populi romani di Santa Maria Maggiore. Nel corso della cerimonia non hanno avuto luogo i tradizionali battesimi.
Il Sabato santo, ha notato Jorge Mario Bergoglio nell’omelia, «è il giorno del Triduo pasquale che più trascuriamo, presi dalla fremente attesa di passare dalla croce del venerdì all’alleluia della domenica. Quest’anno, però, avvertiamo più che mai il sabato santo, il giorno del grande silenzio. Possiamo specchiarci nei sentimenti delle donne in quel giorno. Come noi, avevano negli occhi il dramma della sofferenza, di una tragedia inattesa accaduta troppo in fretta. Avevano visto la morte e avevano la morte nel cuore. Al dolore si accompagnava la paura: avrebbero fatto anche loro la stessa fine del Maestro? E poi i timori per il futuro, tutto da ricostruire. La memoria ferita, la speranza soffocata. Per loro – ha detto Francesco – era l’ora più buia, come per noi».
Ma in questa situazione, ha proseguito il Papa, «le donne non si lasciano paralizzare. Non cedono alle forze oscure del lamento e del rimpianto, non si rinchiudono nel pessimismo, non fuggono dalla realtà. Compiono qualcosa di semplice e straordinario: nelle loro case preparano i profumi per il corpo di Gesù. Non rinunciano all’amore: nel buio del cuore accendono la misericordia». Queste donne, «senza saperlo, preparavano nel buio di quel sabato “l’alba del primo giorno della settimana”, il giorno che avrebbe cambiato la storia», ha detto Francesco, «aiutavano la speranza a sbocciare»: «Quante persone, nei giorni tristi che viviamo, hanno fatto e fanno come quelle donne, seminando germogli di speranza! Con piccoli gesti di cura, di affetto, di preghiera».
All’alba le donne vanno al sepolcro e Gesù, risorto, dice loro: «Non abbiate paura, non temete: ecco l’annuncio di speranza», ha detto il Papa, che ha sottolineato: «È per noi, oggi: oggi. Sono le parole che Dio ci ripete nella notte che stiamo attraversando. Stanotte – ha scandito Francesco – conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza. È una speranza nuova, viva, che viene da Dio. Non è mero ottimismo, non è una pacca sulle spalle o un incoraggiamento di circostanza. È un dono del Cielo, che non potevamo procurarci da soli. Tutto andrà bene, diciamo con tenacia in queste settimane – ha notato Francesco – aggrappandoci alla bellezza della nostra umanità e facendo salire dal cuore parole di incoraggiamento. Ma, con l’andare dei giorni e il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita».
Francesco ha proseguito: «Non cediamo alla rassegnazione, non mettiamo una pietra sopra la speranza. Possiamo e dobbiamo sperare, perché Dio è fedele. Non ci ha lasciati soli, ci ha visitati: è venuto in ogni nostra situazione, nel dolore, nell’angoscia, nella morte. La sua luce ha illuminato l’oscurità del sepolcro: oggi vuole raggiungere gli angoli più bui della vita. Sorella, fratello, anche se nel cuore hai seppellito la speranza, non arrenderti: Dio è più grande. Il buio e la morte non hanno l’ultima parola. Coraggio, con Dio niente è perduto!». E se, ha detto il Papa rivolto a un immaginario fedele, «tu potresti dire, come don Abbondio: “Il coraggio, uno non se lo può dare”. Non te lo puoi dare – ha proseguito il Pontefice argentino – ma lo puoi ricevere, come un dono».
Non solo: Gesù precede i discepoli in Galilea, «la regione più lontana da dove si trovavano, da Gerusalemme. E non solo geograficamente: la Galilea era il luogo più distante dalla sacralità della Città santa. Era una zona popolata da genti diverse che praticavano vari culti». Un fatto che indica che «l’annuncio di speranza non va confinato nei nostri recinti sacri, ma va portato a tutti. Perché tutti hanno bisogno di essere rincuorati e, se non lo facciamo noi, che abbiamo toccato con mano “il Verbo della vita”, chi lo farà? Che bello – ha detto il Papa – essere cristiani che consolano, che portano i pesi degli altri, che incoraggiano: annunciatori di vita in tempo di morte! In ogni Galilea, in ogni regione di quell’umanità a cui apparteniamo e che ci appartiene, perché tutti siamo fratelli e sorelle, portiamo il canto della vita!».
«Mettiamo a tacere le grida di morte, basta guerre!», ha detto il Papa. «Si fermino la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti, che uccidono la vita innocente. Si aprano i cuori di chi ha, per riempire le mani vuote di chi è privo del necessario», ha concluso Francesco: «Noi, pellegrini in cerca di speranza, oggi ci stringiamo a Te, Gesù Risorto. Voltiamo le spalle alla morte e apriamo i cuori a Te, che sei la Vita».
Iacopo SCARAMUZZI
FONTE: VATICAN INSIDER
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