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Don Tonino, La voce della povertà, il Racconto 3. Il pane e la tenda

Tricase era in festa per l’arrivo del nuovo parroco. D’altronde don Tonino già conosceva molte persone di quel piccolo paese distante appena sette chilometri dalla sua Alessano. La gente lo accolse con tanto affetto, entusiasmo e mille attenzioni, considerandolo già un figlio della propria patria. Tre anni di parroco a Tricase, nella parrocchia della Natività di Maria, basteranno per fare capire a “qualcuno” che quel ministero era soltanto una prova generale.



Da quel gennaio del 1979 all’estate ’82, don Tonino rivoluzionò il paese con il suo impegno dinamico, con scelte nuove e rinnovatrici, sforzandosi di applicare nel suo popolo gli insegnamenti che il Concilio Vaticano II aveva lasciato. «È necessaria un po’ di follia nella Chiesa» diceva don Tonino, e di quella “follia” si servì per istituire il Consiglio pastorale parrocchiale, i corsi prematrimoniali; per creare la festa del fanciullo e una sezione dei volontari del sangue; per riordinare la questione delle confraternite e delle processioni. I parrocchiani, la gente del paese, tutti avevano inteso che quel prete era diverso dagli altri, e perciò don Tonino cominciò a vedere la sua chiesa riempirsi di tantissime persone affascinate e conquistate dalle sue prediche. Talvolta quelle prediche gli servivano per lanciare “sferzate” ai politici e agli amministratori i quali, pur non risparmiandosi, rispondevano con battute bagnate al veleno.
La parrocchia di cui don Tonino era il parroco diffondeva un foglietto settimanale, “Comunità”, un ciclostilato su due facciate di carta comune, ma ricco di spunti di riflessione oltre che di informazioni. Un piccolo spazio don Tonino lo riservava a loro, gli ultimi, alla loro condizione di vita, alla situazione sociale del paese. Una volta, racconta Ercole Morciano, «su un numero di Comunità don Tonino scrisse l’articolo “Gli ultimi e il piano regolatore”, pochissimi righi nel suo stile, facendo rilevare che il piano regolatore dovrebbe considerare i bisogni della popolazione e non gli interessi di pochi. Si seppe che i destinatari dell’invito snobbarono l’intervento e circolò qualche battuta su don Tonino esperto in urbanistica».
Intanto la popolarità di don Tonino cresceva. Anche i giovani del paese si lasciavano conquistare da lui, soprattutto i suoi alunni. Già, perché don Tonino insegnava e si incontrava tutti i giorni a scuola con i giovani, vivendo l’impegno scolastico non come un lavoro ma come una missione, come un momento di espansione e di verifica del suo ministero pastorale. Questo dimostra il fatto che spesso dimenticava di riscuotere il suo stipendio, e quando una volta, dirà Vito Cassiano, «il segretario gli fece rilevare che giaceva presso la segreteria il suo onorario, don Tonino lo prese e acquistò delle riviste o fece degli abbonamenti per i giovani».
Nel paese non si faceva altro che parlare di lui, di quel parroco moderno, umile, coraggioso e semplice. E forse quelle voci erano penetrate anche negli ambienti “romani”, tanto è vero che già nel 1980 don Tonino dovette recarsi a Roma perché convocato dalla Congregazione dei vescovi. Qui incontrò il Cardinale Sebastiano Baggio, Prefetto della Congregazione, il quale dopo un lungo colloquio gli propose la nomina a vescovo con destinazione Palmi, in Calabria. Quell’evento lo turbò, non poco, ma alla fine decise di declinare la nomina. Non passò molto tempo che una seconda convocazione gli procurò la nomina a vescovo nella diocesi di Tursi, in Basilicata. Ancora una volta don Tonino non accettò l’invito, lo tormentava la sola idea di lasciare Tricase, la sua parrocchia, la sua gente ma, soprattutto, la sua mamma ormai troppo anziana che, infatti, morirà nel novembre del 1981. L’anno successivo, a metà giugno, don Tonino ricevette la terza proposta. Era indeciso, ma propenso ad accettare la nomina, e così scrisse al papa, Giovanni Paolo II, questa bellissima lettera: «Beatissimo Padre, Le significo la mia gratitudine per la stima, la fiducia e l’onore di cui mi degna elevandomi al ministero episcopale. La mia accettazione, oltre che carica di incertezze, è anche permeata di molta tristezza: mi fa così soffrire il pensiero di dover lasciare questo popolo che ho amato e servito per tre anni, che riterrei una grazia straordinaria del Signore poter continuare a lavorare nella mia parrocchia ancora per qualche tempo. Se non insisto per essere liberato da questo onore e da questa responsabilità che mi spaventano, è perché temo di intralciare con i miei calcoli i disegni di Dio. Beatissimo Padre, mi rimetto alle sue decisioni quali che siano e chiedo sulla mia povera vita la sua paterna benedizione. Don Tonino Bello».
Non trascorsero che solo alcuni giorni, e il 10 agosto 1982 don Tonino Bello fu nominato vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi e, successivamente, anche di Ruvo di Puglia unita alle precedenti città “in nomine episcopi” ed entrata a far parte della nuova diocesi il 30 settembre 1986. A Molfetta, la notizia fu data al clero interdiocesano il sabato del 4 settembre alle ore 12 da mons. Aldo Garzia, che nel frattempo era stato trasferito nella diocesi di Gallipoli.
Due giorni dopo, il 6 settembre, don Tonino conobbe di persona, nell’aula magna del seminario Vescovile di Molfetta, il clero delle tre diocesi dicendo, con tono scherzoso, di aver voluto subito incontrare la «fidanzata che la Santa Sede gli aveva trovato per corrispondenza», e cioè la Chiesa di Molfetta.
Il 19 settembre, invece, in tutte le chiese della diocesi di Molfetta fu letto il primo messaggio del nuovo vescovo don Tonino. A seguire alcuni stralci della lettera: «Miei cari fratelli delle chiese di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, il Signore mi manda in mezzo a voi perché mi metta a camminare alla Sua sequela cadenzando il mio passo col vostro, che so agile e spedito. Sinora ho camminato con altri fratelli nella fede [...] Non è bello anche per voi vedersi raggiungere lungo la strada da un altro viandante che vi dice come mille altre carovane corrono dietro Gesù e Gli vogliono bene? Sulla via ci aiuteremo a vicenda. Spartiremo il pane e la tenda. Anzi, faremo in modo che la nostra tenda e il nostro pane siano disponibili per quanti, dispersi o sbandati, incontreremo nel viaggio [...] Ancora non conosco i vostri volti, però stringo egualmente la mano di tutti...».
Iniziarono così i preparativi per la celebrazione di consacrazione episcopale, che avvenne a Tricase il 30 ottobre nei pressi della chiesa di San Domenico. Una immensa folla era convenuta in piazza Pisanelli, il cui nome appartiene al famosissimo giurista dell’800, Giuseppe Cadacci Pisanelli, nato a Tricase e che fu ministro di Grazia e Giustizia nei primi anni dell’Unita d’Italia oltre ad essere stato l’estensore del primo Codice Civile italiano. Dopo alcuni giorni dalla consacrazione, don Tonino dovette recarsi a Roma per prestare giuramento davanti al Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Oggi questo rito non ha più luogo con l’entrata in vigore dell’Accordo di Villa Madama del 1984.
Pertini tenne un lungo colloquio con don Tonino, durante il quale rimase colpito dalla semplicità con cui il novello vescovo vestiva, e sbalordito nel vedere la croce pettorale fatta in legno, una cosa insolita per un vescovo, chiese spiegazioni in merito. Don Tonino, naturalmente, spiegando i motivi di quella sua scelta sollevò la croce dal petto e togliendola dal collo la pose nelle mani del Presidente facendone a lui dono.
Di ritorno da Roma, don Tonino rimase qualche settimana ancora a Tricase per sistemare alcune faccende utili al suo trasferimento a Molfetta. Intanto era stato deciso che l’ingresso nella sua nuova Chiesa avvenisse il 21 novembre.
Gli ultimi preparativi, però, lo angosciavano, gli dispiaceva molto lasciare Tricase, la gente che egli amava, ma dovendo giustificare a chi gli chiedeva il motivo di quella sua scelta usava queste parole: «Ho accettato, perché mi sono accorto che il prezzo di questa decisione per me sarebbe stato altissimo: se i Tricasini non mi avessero amato, forse sarei rimasto. A qualcuno può sembrare strano, ma è la stessa logica che ha indotto Abramo a lasciare la terra, la tenda e gli amici per andare nel paese indicatogli da Dio».
(continua)

La presente biografia è stata pubblicata a puntate sul periodico l'altra Molfetta, da dicembre 1995 a novembre 1996. Successivamente i testi, ampliati e approfonditi dallo stesso autore, sono stati pubblicati (con una ricca documentazione fotografica) in volume edito da Luce e Vita nella Collana Quaderni.

Sergio Magarelli

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