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Il silenzio del Papa nella Via Crucis in piazza San Pietro, medici ed ex detenuti portano la Croce

Dopo quasi sessant’anni, a causa della pandemia, il rito del Venerdì Santo non si svolge al Colosseo. Rappresentanti del carcere “Due Palazzi” di Padova e personale sanitario del Vaticano accompagnano la preghiera del Pontefice.



Non proferisce parola, Jorge Mario Bergoglio, durante tutta la Via Crucis del Venerdì Santo. Come nella storica preghiera del 27 marzo in piazza San Pietro, come ad Auschwitz durante il viaggio in Polonia, Francesco fa prevalere la forza dei gesti e delle immagini a quella delle parole, spese abbondantemente in questo tempo sospeso in cui l’umanità è piagata dalla pandemia di coronavirus.

Nella piazza del Bernini, intanto, cala il buio quando si conclude questa Via Crucis destinata a rimanere nella storia. Era dal 1964, per decisione di Paolo VI, che il «pio esercizio» della Chiesa antica si svolgeva ininterrottamente al Colosseo, in un itinerario che dai Fori Imperiali proseguiva fino all’Arco di Costantino, coinvolgendo oltre ventimila persone di ogni età e provenienza.

In questo 2020 drammaticamente ferito dalle morti e dai contagi, il percorso che fa memoria del cammino di Cristo verso il Golgota si snoda invece nel crepuscolo di una piazza desolata ravvivata solo dal baluginare delle fiaccole. A terra, il fuoco tenue riempie il vuoto dell’assenza di popolo e disegna il percorso della Via della Croce, che dopo otto stazioni intorno all’obelisco si muove verso il “ventaglio” di San Pietro, l’enorme padiglione formato da sedici gradini in granito e travertino. Lì campeggia il Crocifisso in legno - recentemente restaurato - custodito nella chiesa di San Marcellino al Corso, al quale Francesco ha chiesto di compiere il miracolo di liberare il mondo dal Covid-19, come fece nel ‘500 con la “Grande Peste” di Roma.


Le immagini, trasmesse in diretta mondiale su web e televisioni, sono potenti e mostrano un Papa immerso in una intensa orazione. Intensa come la preghiera di qualche ora prima per la Liturgia della Passione all’interno della Basilica, con l’immagine sempre suggestiva del Vescovo di Roma completamente prostrato a terra, il capo poggiato su un cuscino, rivolto al crocifisso coperto da un drappo rosso. 

A fianco al Papa nella Via Crucis ci sono, oltre ai membri della Casa Pontificia e i liturgisti guidati dal cerimoniere Guido Marini, anche la «gente che abita» il carcere “Due Palazzi” di Padova, che ha prestato la propria «voce rauca» per redigere le meditazioni delle 14 stazioni. Tra questi, un condannato all’ergastolo per omicidio, i genitori di una ragazza assassinata, un ragazzo arrestato per spaccio, un sacerdote finito ingiustamente sotto processo. «Grazie per aver condiviso con me un pezzo della vostra storia», ha detto loro Francesco in un messaggio audio inviato questa mattina, «ho preso dimora nelle pieghe delle vostre parole e mi sono sentito accolto, a casa».

Cinque rappresentanti del “Due Palazzi” fanno da “cruciferi”, portatori della croce in legno: un ex detenuto, Michele, divenuto imprenditore una volta fuori le sbarre, il direttore della Casa circondariale Claudio Mazzeo, il vice commissario della Polizia Penitenziaria Maria Grazia Grassi, un poliziotto, don Marco Pozza e Tatiana Mario, rispettivamente cappellano e volontaria della parrocchia del penitenziario, che hanno raccolto e scritto le meditazioni.

A portare la croce ci sono inoltre due medici con il camice e una infermiera in divisa rossa della Direzione Sanità e Igiene del Vaticano, in rappresentanza di tutti gli operatori sanitari impegnati in prima linea negli ospedali in questi giorni di emergenza. «Santi della porta accanto», li ha definiti ieri il Papa nella messa in Coena Domini; uomini e donne «crocifissi da questa pandemia», ha detto sempre Francesco in una telefonata a sorpresa, oggi pomeriggio, al programma di Rai Uno “A Sua Immagine”, «morti al fronte come soldati».

SALVATORE CERNUZIO



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