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Covid, transessuali chiedono aiuto al Papa. E Francesco manda in soccorso l’Elemosiniere

Succede a Torvaianica. Il parroco: «Sono persone che con il coronavirus hanno perso i clienti, hanno fede e umanità». Krajewski porta loro la carità del Pontefice.



Il Pontefice invia il cardinale Krajewski, suo «braccio caritativo», a sostenere di un gruppo di transessuali vittime dell’emergenza coronavirus. Succede a Torvaianica, litorale Romano, dopo che la comunità trans, sostenuta quotidianamente dal parroco, ha fatto arrivare al Papa una richiesta di aiuto. Una storia - raccontata da don Andrea Conocchia all’Adnkronos - di generosità e umanità, che arriva a confortare e incoraggiare le «periferie geografiche ed esistenziali» messe al centro dal pontificato di Francesco. 
L'elemosiniere Konrad Krajewski ha portato gli aiuti di cui c’era bisogno, dopo che già era stato il tramite attraverso cui queste persone transessuali hanno mandato a Bergoglio un audio nel quale, in spagnolo, ognuno ringrazia il Papa a modo suo. «Molte grazie a Francesco. Che Dio la benedica, grazie per tutto. Mille benedizioni. Che la Vergine ti protegga».

Racconta don Conocchia, parroco della Beata Vergine dell'Immacolata: «Nel colmo dell'emergenza coronavirus con stupore e meraviglia sono arrivati in chiesa un gruppo di transessuali, quasi tutti latinoamericani. Chiedevano aiuti perché con il Covid non avevano più clienti sulla strada». Don Andrea, superato lo stupore iniziale, è stato catturato dalla solidarietà di questa comunità trans che divide le spese di affitto e si aiuta come può. E li ha aiutati sostenendoli non solo economicamente ma anche spiritualmente.

In questa «comunità trans, la voce poi si è sparsa, ora ci sono circa una ventina di persone. Arrivano per lo più dall'America Latina, vogliono molto bene a Bergoglio. Hanno anche fede. Sono rimasto commosso per l'immagine di uno di loro che si è messo a pregare in ginocchio davanti alla Vergine. Qualcuno mi ha anche chiesto di benedire oggetti cari». 

Il parroco, giorno dopo giorno ha continuato a essere loro vicino: «Sono persone molto sole, le famiglie lontane. C'è una che ha iniziato a lavorare in strada a 14 anni. Da allora sono passati trent’anni».

Don Conocchia riflette anche sulla situazione generale di questo tempo di pandemia: «Come Chiesa abbiamo l'occasione con il coronavirus di tornare all’essenziale». Un concetto che allarga anche alla celebrazione delle messe ancora a porte chiuse: «Ogni mattina alle 7 abbiamo la messa del Papa. Io ai miei parrocchiani ho spiegato che è questione di vita o di morte. Che Dio e la scienza ci aiutino, quest'ultima dicendo una parola certa sul coronavirus. Poi facciamo quel che è possibile».

DOMENICO AGASSO JR

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