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La preghiera non va in quarantena

Come cambia il pellegrinaggio nei santuari durante la pandemia


Le immense carovane di persone in viaggio verso i luoghi santi del mondo con aerei, treni, pullman, diventeranno presto l’immagine sfocata di una vecchia cartolina ricordo. Gli effetti brutali della pandemia stanno modificando geneticamente i pellegrinaggi: il giusto distanziamento sociale imporrà di ridurre il numero dei partecipanti, di evitare il contatto tra gruppi, di accorciare i giorni di permanenza. Anche il modello di accoglienza subirà delle inevitabili rivoluzioni. C’è chi sta pensando di cambiare destinazione d’uso alle foresterie che ora ospitano i pellegrini, chi sta ideando di contingentare l’ingresso durante i periodi di maggior frequenza, chi sta ipotizzando di prolungare l’esperienza del “pellegrinaggio virtuale” messa in campo durante i giorni più duri del contagio.

Il santuario di Nostra Signora di Lourdes, in Francia, è il terzo luogo sacro cristiano più visitato in assoluto, dopo la basilica di San Pietro e quella di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico. «Non posso sapere quando la pandemia finirà ma sono sicuro che una volta terminata, molta gente avrà voglia di tornare a Lourdes per pregare la Madonna e noi dovremmo essere in grado di accoglierla di nuovo» spiega il rettore, monsignor Oliver Ribadeau Dumas. Quel giorno certamente non sarà tutto come prima, come lo abbiamo sempre conosciuto: «All’inizio, il santuario aprirà senza poter permettere l’arrivo di masse enormi di pellegrini: stiamo pensando a piccoli gruppi forse fino ad agosto quando si spera che possano essere aumentati. Comunque, noi siamo in grado di poter modulare le nostre possibilità di ricevimento come abbiamo fatto durante la prima fase di quarantena». Ora che Lourdes è chiuso, non cessa però di essere un «polmone orante per il mondo» come ama definirlo Ribadeau Dumas: «Nel momento della chiusura, insieme a tutti i cappellani, ho deciso di mantenere viva l’orazione all’interno della grotta, dalla mattina alla sera. La gente non può venire qui ma noi sacerdoti portiamo davanti alla Madonna le istanze di ciascuna persona. Ogni giorno riceviamo più di duemila intenzioni di preghiera che deponiamo ai piedi di Maria. Per noi è la missione fondamentale: condurre il mondo alla Vergine».

Chi nell’immediato immagina una necessaria riorganizzazione delle strutture per accogliere i nuovi flussi di pellegrini è il rettore del santuario di Fátima, in Portogallo. Padre Carlos Cabecinhas non ha una ricetta pronta ma è convinto che non si potranno riproporre gli stessi schemi del passato: «All’interno del santuario dovremmo creare le condizioni per far rispettare le corrette distanze tra pellegrini e quindi sarà impossibile far accedere la moltitudine di persone alla quale eravamo abituati. Penso a piccoli gruppi da gestire in modo totalmente diverso». E tutti quelli che non potranno recarsi a Fátima a causa delle restrizioni verranno aiutati dalla tecnologia virtuale. Si potrà vedere l’immenso piazzale o visitare la cappellina delle apparizioni con un click, stando comodamente seduti in salotto. È il pellegrinaggio digitale che affascina padre Cabecinhas: «Fisicamente non si arriverà al santuario ma si farà lo stesso l’esperienza intima, di fede, dei pellegrini. È’ certo, però, che gli strumenti tecnologici non potranno mai riprodurre le sensazioni profonde che si sperimentano andando personalmente in un luogo santo». Anche a Fátima la preghiera non è andata in quarantena, nonostante l’assenza dei pellegrini, cosa mai accaduta dal 1953, data della sua consacrazione: «L’orazione è rimasta costante, l’adorazione perpetua al Santissimo Sacramento non si è mai interrotta e poi ci sono le tante celebrazioni eucaristiche che diffondiamo tramite tv e internet. Sì, la preghiera è più viva che mai».

Il futuro dei pellegrinaggi lo stanno progettando anche al santuario di Loreto, che custodisce i resti della santa Casa di Nazareth dove Gesù visse con la sacra Famiglia. Il rettore, padre Franco Carollo, ha riposto nel cassetto della memoria le folle oceaniche che invadevano il piazzale e la basilica e ora prova ad anticipare i cambiamenti: «Si potrebbero realizzare dei momenti di preghiera con poche persone in punti diversi del santuario. Noi gli spazi li abbiamo: oltre alla basilica superiore c’è la sala del tesoro, c’è la basilica inferiore, ci sono delle cappelle annesse alla struttura che normalmente utilizziamo per la celebrazione delle messe in lingua straniera. Le soluzioni si troveranno strada facendo». È chiaro che andrà rimodulata anche l’organizzazione interna: dall’accoglienza alla libreria passando per il negozio di articoli religiosi. «Dovremo inventare nuovi modi per entrare in relazione con i pellegrini» assicura fiducioso padre Carollo. «Sono certo, però, che una cosa non cambierà: la spiritualità. Noi a Loreto abbiamo la santa Casa e trasmettendo le varie celebrazioni via tv e social mi sono accorto del valore simbolico: noi non trasmettiamo la messa da una basilica alle case ma dalla Casa di Maria alle case di ognuno di noi. Un valore profondo che non morirà». Nella storia più che centenaria dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali) non era mai capitato che tutti i pellegrinaggi fossero bloccati in un solo colpo. Il presidente, Antonio Diella, racconta di cifre ragguardevoli: «Ogni anno partiamo con quarantamila persone trasportate tramite venticinque treni ed oltre cento aerei. Questa volta abbiamo dovuto sospendere tutto, anche i viaggi verso la Terra Santa in programma per novembre prossimo, perché non c’è alcuna certezza sulla possibilità degli spostamenti. Il cammino annuale dell’associazione è stato compromesso». Ma Antonio Diella non si perde d’animo provando a disegnare l’identikit dei pellegrinaggi post-pandemia. «Già ci stiamo ragionando», dice. «Si svolgeranno rispettando il distanziamento sociale, praticando l’igienizzazione dei mezzi di trasporto e delle strutture alberghiere. Le celebrazioni non potranno più essere affollate e dovremo rivedere anche tutta la procedura per il trasporto degli alimenti durante i viaggi con gli ammalati». I numeri necessariamente scenderanno, dovranno essere ridimensionati. Ad esempio, ipotizza Diella, se «prima organizzavamo pellegrinaggi con cinquecento persone ora dovremo abbassare la soglia a cinquanta moltiplicando, però, il numero dei viaggi. Certamente il virus non ci fermerà perché la voglia di andare in pellegrinaggio è più forte di qualsiasi difficoltà».

di Federico Piana

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