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«Chiunque mi invocherà lo libererò dal flagello»

La promessa fatta da Rocco di Montpellier, potente intercessore contro la peste


Non c’è pieve, cappella o chiesa rurale nella vecchia Europa che non abbia un altare dedicato a san Rocco. Il suo culto è così radicato nelle campagne che non mancano feste e fiere che si svolgono in suo onore e in prossimità della sua festa liturgica, il 16 agosto. Rocco è entrato nel cuore della gente per la sua carità sconfinata verso i malati e i bisognosi. È conosciuto, in particolare, per le sue doti taumaturgiche nel guarire dalla peste. Ciò lo ha reso caro a generazioni di fedeli che vedono in lui un protettore, un amico, un sostegno nel momento della prova e della sofferenza. Per questo, lungo il corso secoli, è stato invocato contro le epidemie di peste, colera, tifo, influenza spagnola, ma anche contro le patologie che colpiscono il regno animale e vegetale.


Non vi era malattia contagiosa che non trovasse in lui un valido aiuto per preservare intere città e comunità che gli si raccomandavano. Con l’avvento dell’età moderna il culto di san Rocco varcò i confini dell’Europa, fino a giungere nelle Americhe. È stato dichiarato patrono di una miriade di categorie di persone, a cominciare dai contagiati, emarginati, malati, viandanti e pellegrini, operatori sanitari, farmacisti, volontari. Perfino dei cani. Perché non proclamarlo anche patrono dei malati di covid-19? Certamente, il santo non sarebbe insensibile alla nostra richiesta di aiuto, visto che nella cella dove morì venne trovata una tavoletta dove aveva inciso il suo nome e le parole: «Chiunque mi invocherà contro la peste sarà liberato da questo flagello».

Il suo nome e la sua coraggiosa carità hanno trovato spazio anche nei romanzi. Basti ricordare Albert Camus, che nella sua opera La Peste narra della popolazione di Orano che organizza una processione in onore del santo, perché liberi la città dalla peste. Anche il grande Alessandro Manzoni si convertì interamente alla fede cattolica, il 2 agosto 1810, quando nella chiesa di San Rocco a Parigi, avvenne quel “miracolo” che cambiò per sempre la sua vita.

Ma chi era san Rocco? Nacque a Montpellier, tra il 1348 e il 1350, in piena guerra dei Cento anni e, soprattutto, durante la pandemia di peste nera che decimò la popolazione europea. Non fu certo un’epoca facile: la carestia e i massacri compiuti dalle truppe mercenarie erano all’ordine del giorno e nessuno sembrava poter arrestare quei flagelli. A quel tempo Montpellier, che venne incorporata nel regno di Francia nel 1349, era una grande città mercantile, cosmopolita, molta famosa a livello internazionale per la sua università. Oltretutto, non era molto lontana da Avignone, sede papale per lunghi decenni.

Rocco apparteneva a una famiglia di rilievo. Suo padre, Jean Roch de La Croix, era un dignitario della città e ne divenne primo console nel 1363. Sua madre, Liberia, era originaria della Lombardia. Il figlio primogenito trascorse l’infanzia in un ambiente profondamente cristiano. Fu battezzato nel santuario di Notre Dame des Tables, che era il centro della vita spirituale, intellettuale, amministrativa e sociale della città.

La tradizione vuole che abbia seguito i corsi di studi dai domenicani prima di dedicarsi alla medicina. Mentre era studente dovette fare i conti con almeno due epidemie di peste, nel 1358 e nel 1361. Si narra che l’ultima ondata del morbo fece ben 500 morti al giorno a Montpellier per tre mesi. Fu così che la peste si portò via i suoi genitori e Rocco si ritrovò orfano a 17 anni. Non gli mancava nulla, ma preferì distribuire ai poveri la sua ricchezza ed entrare nel Terz’ordine francescano. Ricevette la benedizione dal vescovo di Maguelone, si rivestì dell’abito di pellegrino e si mise in cammino. Destinazione: Roma. Arrivò ad Acquapendente nel luglio 1367. Dovette fermarsi tre mesi, poiché anche lì la peste stava imperversando. Fu in quell’occasione che si scoprirono le sue qualità di medico e di guaritore. Con la scienza, appresa alla scuola di medicina di Montpellier, unita alla fede, riuscì a compiere numerose guarigioni, tracciando semplicemente una croce. Riprese la strada per Roma, ma quando venne a sapere che la peste stava facendo una strage a Cesena, non esitò a dirigersi verso la Romagna.

Anche in quelle zone si ripeterono le scene di guarigioni. All’inizio del 1368 riuscì ad arrivare a Roma e, come ormai di consueto, si dedicò ai malati alloggiati nell’ospedale di Santo Spirito. Si narra che un cardinale sia stato testimone di una guarigione operata da Rocco. Il porporato lo condusse e lo presentò a Urbano v, il quale esclamò: «Mi sembra che tu venga dal Paradiso» e gli donò l’indulgenza plenaria.

Nel 1370, Rocco decise di rientrare a Montpellier e prese la strada del ritorno. Nel luglio 1371 giunse a Piacenza, dove si fermò all’ospedale di Nostra Signora di Betlemme per assistere e guarire i malati. Fu lì che un giorno si accorse di essersi ammalato di peste. Allora, per non contagiare gli altri, si diresse verso un bosco vicino al borgo di Sarmato, nei pressi del fiume Trebbia. Pensò che era giunta la sua ora e si raccomandò a Dio. Ma un cane, ogni giorno, venne a portargli un pezzo di pane, salvandolo da morte per fame. Si racconta che un giorno, il padrone dell’animale — pare un certo Gottardo Pallastrelli, che divenne poi suo discepolo e primo biografo e perfino l’autore dell’unico ritratto del santo, conservato nella chiesa di Sant’Anna a Piacenza — lo trovò e lo soccorse. Guarito dalla peste, tornò immediatamente a curare i malati. Ripreso il cammino verso il Midi della Francia, giunse nel ducato di Milano, in preda alla guerra tra il duca Bernabò Visconti e la lega promossa da Urbano v. Scambiato per una spia, Rocco venne arrestato a Broni e trasferito a Voghera dai militari dei Visconti. Avrebbe potuto salvarsi rivelando la sua identità, ma aveva fatto il voto di anonimato. Venne incarcerato e vi rimase per cinque anni. Non svelò la sua identità che in punto di morte, avvenuta il 16 agosto 1379.

L’indignazione della popolazione fu enorme, perché avevano fatto morire in carcere un innocente. Venne sepolto nella città che, ben presto, lo invocò come un santo. La più antica menzione del suo culto si trova nel 1382. Si tratta di un’autorizzazione degli assessori per permettere l’organizzazione di un mercato cittadino sotto la protezione del santo. Le sue spoglie, conservate in una chiesa a lui dedicata, vennero rubate e, nel febbraio 1485, oggetto di una transazione, furono trasferite a Venezia, dove tuttora riposano nella chiesa della Scuola Grande di San Rocco.

di Nicola Gori


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