All’udienza generale in piazza San Pietro, il Pontefice spiega che Cristo "testimonia la sconfitta della morte, afferma la vittoria della vita, nonostante le tenebre del Calvario”. L’esperienza dei discepoli di Emmaus insegna che quando “la desolazione” prende “possesso del cuore”, il Risorto ci fa cambiare “radicalmente la prospettiva, infondendo la speranza”. “La storia ha ancora molto da sperare in bene”
“È stata un’esplosione di vita e di gioia che ha cambiato il senso dell’intera realtà” la risurrezione di Gesù Cristo, avvenuta non in una maniera “eclatante”, violenta, ma mite, nascosta, umile. Ed “è un evento che non si finisce mai di contemplare e di meditare”, tanto che “più lo si approfondisce, più si resta pieni di meraviglia, si viene attratti”. Leone XIV apre con questa premessa, l’udienza generale di oggi, 22 ottobre, in una Piazza San Pietro dal cielo grigio. Raggiunge il sagrato della Basilica vaticana dopo aver salutato dalla sua jeep bianca i fedeli ed aver benedetto diversi bambini. "Buongiorno e benevenuti a tutti", dice ai pellegrini equipaggiati con impermeabili e mantelline per ripararsi dalla pioggia, che arriva poco dopo, rendendo l'emiciclo del Bernini una variopinta distesa di ombrelli, mentre il Pontefice pronuncia la sua catechesi su “La Risurrezione di Cristo, risposta alla tristezza dell’essere umano”, la seconda del capitolo dedicato a “La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale”.
Gesù può guarire la tristezza umana
La tristezza, malattia del nostro tempo, “invasiva e diffusa”, che “accompagna le giornate di tante persone”, “sentimento di precarietà, a volte di disperazione profonda”, che permea l’interiorità e “sembra prevalere su ogni slancio di gioia”, che “sottrae senso e vigore alla vita”, la quale “diventa come un viaggio senza direzione e senza significato”, Gesù può guarirla, assicura il Papa. Lo dimostra l’episodio dei due discepoli di Emmaus, che dopo la crocifissione e la sepoltura di Gesù, “delusi e scoraggiati” partono da Gerusalemme “lasciandosi alle spalle le speranze riposte” nel Maestro. In loro emerge proprio quella “tristezza” che scaturisce dalla “fine del traguardo su cui si sono investite tante energie” e dalla “distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita”, fa notare il Pontefice. La conseguenza è che “la speranza” svanisce e “la desolazione” prende “possesso del cuore”. È quanto accade ai discepoli di Emmaus, che paradossalmente compiono “questo triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario” nello “stesso giorno della vittoria della luce, della Pasqua”; “danno le spalle al Golgota, al terribile scenario della croce” cui hanno assistito e rimasto “impresso … nel loro cuore”, per loro tutto è “perduto. Occorre tornare alla vita di prima, col profilo basso”.
A un certo punto, si affianca ai due discepoli un viandante, forse uno dei tanti pellegrini che sono stati a Gerusalemme per la Pasqua. È Gesù risorto, ma loro non lo riconoscono. La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte: che sarebbe stato ucciso e che il terzo giorno sarebbe risuscitato.
Cristo illumina la vista annebbiata dalla disperazione
Il Vangelo di Luca racconta che Gesù “ascolta” i due, “lascia che sfoghino la loro delusione” ma poi, “con grande franchezza, li rimprovera di essere ‘stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!’”, dimostrando, “attraverso le Scritture”, “che il Cristo doveva soffrire, morire e risorgere”. Succede allora che nei loro cuori “si riaccende il calore della speranza”, spiega Leone, ricordando che, scesa la sera e arrivati alla meta, i due discepoli “invitano il misterioso compagno a restare con loro”.
Gesù accetta e siede a tavola con loro. Poi prende il pane, lo spezza e lo offre. In quel momento i due discepoli lo riconoscono… ma Lui subito sparisce dalla loro vista. Il gesto del pane spezzato riapre gli occhi del cuore, illumina di nuovo la vista annebbiata dalla disperazione. E allora tutto si chiarisce: il cammino condiviso, la parola tenera e forte, la luce della verità… Subito si riaccende la gioia, l’energia scorre di nuovo nelle membra stanche, la memoria torna a farsi grata. E i due tornano in fretta a Gerusalemme, per raccontare tutto agli altri.
La storia ha ancora molto da sperare in bene
I discepoli di Emmaus comprendono che “il Signore è veramente Risorto”, ed è ciò che i cristiani credono, certi che Gesù ha cambiato la storia.
Gesù non è risorto a parole, ma con i fatti, con il suo corpo che conserva i segni della passione, sigillo perenne del suo amore per noi. La vittoria della vita non è una parola vana, ma un fatto reale, concreto. La gioia inattesa dei discepoli di Emmaus ci sia di dolce monito quando il cammino si fa duro. È il Risorto che cambia radicalmente la prospettiva, infondendo la speranza che riempie il vuoto della tristezza. Nei sentieri del cuore, il Risorto cammina con noi e per noi.
Cristo, dunque, “testimonia la sconfitta della morte, afferma la vittoria della vita, nonostante le tenebre del Calvario”, sottolinea il Papa, per questo “la storia ha ancora molto da sperare in bene”. Dunque, “riconoscere la Risurrezione significa cambiare sguardo sul mondo”, da qui, in conclusione, l’invito del Pontefice a restare “vigili ogni giorno nello stupore della Pasqua di Gesù risorto” che “rende possibile l’impossibile”.
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
FONTE: VATICAN NEWS
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