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Il crocifisso dei miracoli a San Pietro per la preghiera del Papa contro il coronavirus

All’Urbi et Orbi nella piazza deserta, anche la statua custodita a San Marcello al Corso che sconfisse la peste del ‘500. Nel 2000 Giovanni Paolo II lo volle in Basilica per la Giornata del Perdono, Francesco lo ha venerato il 15 marzo.

Dopo vent’anni dalla supplica di Giovanni Paolo II durante la Giornata del Perdono del 2000, torna a San Pietro il Crocifisso custodito nella chiesa di San Marcello al Corso. A Roma è conosciuto come il Crocifisso dei Miracoli perché è alla sua intercessione prodigiosa che si attribuisce la sconfitta della “Grande Peste” nel 1500 che mise in ginocchio la Capitale. 

La statua lignea risalente al XV secolo è divenuta oggi il simbolo della pandemia di coronavirus, dopo l’atto di venerazione compiuto da Papa Francesco, il 15 marzo scorso, che a piedi, da solo, si era recato nella chiesetta barocca della Capitale, in una traversa della centralissima via del Corso, per chiedere a Dio di porre fine all’ondata di morte, malattia, incertezza economica e desolazione sociale provocata dal virus in oltre cento Paesi.

Il Pontefice ha voluto che il crocifisso fosse presente all’appuntamento mondiale di preghiera che si terrà domani, venerdì 27 marzo, alle 18, sul sagrato di una Piazza San Pietro completamente deserta, durante la quale esporrà il Santissimo Sacramento ed impartirà l’Urbi et Orbi, la speciale benedizione tradizionalmente concessa a Natale e Pasqua, con la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria. Accanto a Francesco ci sarà anche l’icona originale della Salus Populi Romani, l’effigie mariana conservata nella Basilica di Santa Maria Maggiore che la tradizione vuole realizzata da san Luca. Una immagine tanto cara al popolo dell’Urbe che la venera come sua protettrice e anche al Pontefice argentino che la visita prima e dopo ogni suo viaggio internazionale. 

Le immagini di Cristo e della Madonna, collocate nel cancello della Basilica di San Pietro, accompagneranno dunque il Papa in questa supplica a Dio contro il coronavirus. Un nuovo momento forte di preghiera che cade nei giorni in cui si assiste al picco della diffusione del Covid-19 in Italia. 

Il crocifisso miracoloso è già arrivato nella Città del Vaticano ieri pomeriggio, sopra un camioncino. Doveva essere una “sorpresa” del Papa per tutti i fedeli, ma, nell’epoca dei social network, sono presto divenute virali le fotografie di tre operai in mascherina che calavano la statua dalla cappella in cui era posizionata. L’iniziativa ha suscitato finora grande entusiasmo tra gli utenti e nel pomeriggio di oggi la Sala Stampa vaticana ha dato conferma.

Il rettore padre Enrico Maria Casini, contattato da Vatican Insider, invece, non ha voluto confermare nulla fino all’ultimo minuto: «Mantengo il riserbo, come è stato chiesto dal Vaticano», dice. Il religioso, tuttavia, non trattiene l’emozione nel vedere «questa immagine, in cui tutti i romani hanno sempre riposto grande fiducia, che diventa ora simbolo mondiale della presenza del Signore in un momento di crisi dell’umanità». 

Era già avvenuto in passato, esattamente nel marzo di vent’anni fa, quando Roma celebrava il grande Giubileo: per la Giornata del Perdono del 12 marzo 2000, Giovanni Paolo II volle infatti che il Crocifisso dei Miracoli fosse trasportato nella basilica di San Pietro, sull’Altare della Cattedra, dove restò per tutto il tempo della Quaresima. Ai piedi del Cristo Wojtyla si inginocchiò per compiere il gesto storico di chiedere perdono per i peccati commessi dai cristiani nei secoli. «Una immagine che non si dimentica», commenta padre Casini. Una pagina di storia della Chiesa, come quella che è stata la visita di Bergoglio a San Marcello due domeniche fa: «È stato un momento forte. Per noi è stata una sorpresa, abbiamo avuto conferma della visita qualche ora prima, la mattina, giusto il tempo per sistemare», spiega il rettore. «Mi ha colpito vedere il Papa così coinvolto nella sofferenza del momento che stiamo vivendo, profondamente assorto nel suo silenzio e nella preghiera».

La prodigiosità di quest’antica opera lignea è stata riconosciuta da tutti i Pontefici del passato. La sua storia è affascinante: tutto risale alla notte del 23 maggio del 1519, quando un incendio distrusse completamente la chiesa di San Marcellino. Il mattino seguente agli occhi dei romani accorsi numerosi sul posto apparve una scena incredibile: l’edificio ridotto in macerie, ma, fra le rovine ancora fumanti, il crocifisso integro e ai piedi una piccola lampada ad olio ancora ardente. 

L’immagine colpì così tanto i fedeli da spingere alcuni di loro a riunirsi ogni venerdì sera per recitare preghiere ed accendere lampade. Col tempo le riunioni divennero sempre più organizzate e portarono alla creazione di una comitiva, la “Compagnia del SS. Crocifisso”. 

Tre anni dopo l’incendio, Roma venne poi investita da quella che passò alla storia come la “Grande Peste”, un flagello di morte per la città. Il popolo romano decise di rivolgersi al crocifisso di San Marcello e, superando i divieti delle autorità che temevano il contagio, lo portarono in processione per le vie della Capitale fino alla basilica di San Pietro. La processione durò sedici giorni, dal 4 al 20 Agosto del 1522. Man mano che si procedeva, riportano gli storici, la peste dava segni di netta regressione; ogni quartiere cercava di trattenere il crocifisso il più a lungo possibile. Al termine, quando rientrò in San Marcello, la peste era del tutto cessata e Roma era salva. 

Dal 1600 in poi, la processione dalla chiesa di San Marcello alla basilica Vaticana è diventata una tradizione durante l’Anno Santo. Sul retro della croce sono incisi i nomi dei vari Pontefici e gli anni di rispettiva indizione.

SALVATORE CERNUZIO

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