Coronavirus, il Papa all’Angelus “ingabbiato”: “Sono vicino a chi soffre e a chi cura. La Quaresima dia un senso a tutto questo”
Francesco recita la Preghiera solo in streaming: «Mi unisco ai Vescovi nell’incoraggiare a vivere il momento difficile con la forza della fede, la certezza della speranza e il fervore della carità». E poi non rinuncia a un affaccio su piazza san Pietro
CITTÀ DEL VATICANO. È una delle Preghiere mariane più attese della storia. Poche altre volte come oggi, questa domenica 8 marzo 2020 così surreale e sospesa per gran parte del pianeta, a cominciare proprio dall’Italia che contiene i 44 ettari del Vaticano, la gente aspettava l’Angelus per ascoltare parole di vicinanza e incoraggiamento del Papa. Francesco lo recita solo in diretta web, video e tv, nella Biblioteca del Palazzo apostolico. «Ingabbiato», si definisce lui stesso. L’emergenza Coronavirus ha oltrepassato anche il Tevere, dopo che il Covid-19 si è infilato nelle Sacre Stanze. Si devono evitare «assembramenti nel corso dei controlli di sicurezza per l'accesso alla piazza», hanno spiegato dalla Santa Sede. Comunque, il Pontefice anche in streaming compie la sua missione, tanto preziosa per milioni di persone. Si dice «vicino a chi soffre e a chi cura». E auspica che questo tempo di Quaresima «ci aiuti a dare un senso a tutto questo». Magari proprio in vista della Pasqua di Resurrezione. Bergoglio si unisce ai Vescovi nel trasmettere energia per «vivere il momento difficile con la forza della fede, la certezza della speranza e il fervore della carità». E poi, non rinuncia a un affaccio su piazza San Pietro, dove sono presenti piccoli capannelli di fedeli, pellegrini, turisti.
È un po' strana «la preghiera dell'Angelus di oggi con il Papa ingabbiato nella Biblioteca», premette il Vescovo di Roma, con tono partecipe delle preoccupazioni che incupiscono la gente. «Applichiamo disposizioni preventive per evitare la trasmissione del virus», conferma. «Ma io vi vedo – assicura - vi sono vicino».
Poi ricorda che il Vangelo «di questa domenica ci presenta il racconto della Trasfigurazione di Gesù. Egli prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e sale su un monte alto, simbolo della vicinanza con Dio, per aprirli ad una comprensione più piena del mistero della sua persona, che dovrà soffrire, morire e poi risorgere». Infatti, Gesù «aveva iniziato a parlare loro delle sofferenze, della morte e della risurrezione che lo attendevano, ma essi non potevano accettare quella prospettiva». Per questo, arrivati in cima al monte, «Gesù si immerge in preghiera e si trasfigura davanti ai tre discepoli: “il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”».
Attraverso l’evento «meraviglioso della Trasfigurazione, i tre discepoli sono chiamati a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio splendente di gloria. Essi avanzano così nella conoscenza del loro Maestro, rendendosi conto che l’aspetto umano non esprime tutta la sua realtà; ai loro occhi è rivelata la dimensione ultraterrena e divina di Gesù». E dall’alto risuona «una voce che dice: “Questi è il Figlio mio, l’amato [...]. Ascoltatelo”». È il «Padre celeste che conferma l’“investitura” di Gesù già fatta nel giorno del battesimo al Giordano e invita i discepoli ad ascoltarlo e seguirlo».
Sottolinea Francesco: «In mezzo al gruppo dei Dodici, Gesù sceglie di portare con sé sul monte Pietro, Giacomo e Giovanni. Riserva a loro il privilegio di assistere alla trasfigurazione». Eppure Pietro, «nell’ora della prova, lo rinnegherà; e i due fratelli Giacomo e Giovanni chiederanno di avere i primi posti nel suo regno. Gesù però non sceglie secondo i nostri criteri, ma secondo il suo disegno di amore», osserva Bergoglio. Si tratta di una scelta «gratuita, incondizionata, un’iniziativa libera, un’amicizia divina che non chiede nulla in cambio. E come chiamò quei tre discepoli, così anche oggi chiama alcuni a stargli vicino, per poter testimoniare». Essere testimoni è «un dono che non abbiamo meritato: ci sentiamo inadeguati, ma non possiamo tirarci indietro con la scusa della nostra incapacità». Aggiunge il Pontefice: «Noi non siamo stati sul monte Tabor, non abbiamo visto con i nostri occhi il volto di Gesù brillare come il sole. Tuttavia, a noi pure è stata consegnata la Parola di salvezza, è stata donata la fede e abbiamo sperimentato, in forme diverse, la gioia dell’incontro con Gesù. Anche a noi Gesù dice: “Alzatevi e non temete”».
In questo mondo, segnato «dall’egoismo e dall’avidità, la luce di Dio è offuscata dalle preoccupazioni del quotidiano». Si dice spesso: «Non ho tempo per pregare, non sono capace di svolgere un servizio in parrocchia, di rispondere alle richieste degli altri... Ma non dobbiamo dimenticare - esorta il Papa - che il Battesimo e la Cresima che abbiamo ricevuto ci hanno fatto testimoni, non per nostra capacità, ma per il dono dello Spirito».
Dopo l’Angelus, il Papa rivolge un pensiero accorato alle «Associazioni e ai gruppi che si impegnano in solidarietà con il popolo siriano e specialmente con gli abitanti del nord-ovest della Siria, costretti a fuggire dai recenti sviluppi della guerra». Francesco rinnova «la grande apprensione per la situazione disumana di queste persone inermi, tra cui tanti bambini, che stanno rischiando la vita». Non si deve «distogliere lo sguardo di fronte a questa crisi umanitaria - ammonisce - ma darle priorità rispetto ad ogni altro interesse».
Poi, esprime la sua vicinanza «con la preghiera alle persone che soffrono per l’attuale epidemia di coronavirus e a tutti coloro che se ne prendono cura. Li ho ricordati molto in questi giorni di ritiro». Francesco si unisce «ai miei fratelli Vescovi nell’incoraggiare i fedeli a vivere questo momento difficile con la forza della fede, la certezza della speranza e il fervore della carità». Il tempo di Quaresima «ci aiuti a dare un senso evangelico anche a questo momento di prova e dolore».
Infine, un fuori programma: «Adesso mi affaccerò per vedervi un po' in tempo reale». E dopo qualche istante di attesa, la finestra su piazza San Pietro si apre e il Pontefice saluta e benedice i presenti.
Una piazza San Pietro insolita e semi-deserta, ma con gruppetti di fedeli che si sono radunati per assistere all'Angelus dai maxi schermi. Tra loro anche un gruppo con uno striscione dedicato ai «dimenticati di Idlib», Siria, a cui il Papa ha rivolto un forte ringraziamento prima della Preghiera mariana.
DOMENICO AGASSO JR
FONTE: VATICAN INSIDER
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