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Il senso nascosto del dolore. Un viaggio tra fede e misericordia

Il 5 e 6 aprile celebriamo, insieme a tutta la Chiesa il Giubileo dei malati. Quale migliore occasione per una riflessione profonda che abbraccia una realtà che ogni essere umano conosce: Il dolore e la malattia. In essi è racchiusa una domanda universale che vive nell’animo umano da sempre.


 Quante volte, infatti, di fronte alla sofferenza nostra o altrui, ci siamo chiesti: «Perché?». Bruno Forte, in una sua intensa meditazione, ci accompagna in un percorso illuminante per cercare di comprendere il significato di malattia e dolore alla luce della fede in Gesù Cristo. Come vescovo, Forte ha incontrato innumerevoli persone provate dalla sofferenza, toccato con mano le loro ferite e ascoltato le loro domande. Domande che spesso si riducono a un unico, lancinante interrogativo: «Perché il dolore? Perché proprio a me? Se Dio è giusto, perché il male?».

La croce. Risposta d’amore al grido del dolore
Di fronte a questo mistero, la fede cristiana non offre facili risposte, ma indica una via: quella di Gesù Cristo. Mons. Forte sottolinea come per chi crede in Cristo, il significato del dolore e la liberazione dal male ci sono stati offerti da Lui sulla croce. In questo senso, non siamo soli nella sofferenza; il Figlio di Dio si è fatto vicino a noi, diventando «il grande compagno del nostro soffrire».
Gesù ha fatto suo il nostro dolore per aiutarci a portarne il peso, invitandoci: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Il grido di Gesù morente sulla croce, «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», diventa così la voce di tutto il dolore umano, ma la sua offerta d’amore dischiude un orizzonte di vita più forte della morte.


La Trinità nel cuore del dolore. Un amore che sceglie di soffrire
La prospettiva cristiana va oltre la semplice compassione. Mons. Bruno Forte ci invita a considerare la profondità dell’amore divino, rivelato nel mistero della Trinità. È il Padre che consegna il Figlio per amore nostro, manifestando un amore infinito per gli uomini. Alla sofferenza del Figlio corrisponde una sofferenza del Padre, parimenti scelta e vissuta per amore: Dio soffre sulla croce come Padre che offre il suo Unigenito, come Figlio che si consegna alla morte per noi, come Spirito che è l’amore in persona che li unisce.
La croce non è quindi un vessillo di morte, ma la buona novella della morte in Dio, perché l’uomo viva della vita del Dio immortale. Questa sofferenza divina è un dolore di amore, liberamente accettato per amore.

Dalla croce alla Pasqua. L’amore vince la morte
L’apparente trionfo del dolore si trasforma nella gioiosa notizia della Pasqua. L’amore che lega l’Abbandonante all’Abbandonato è più forte della morte. La risurrezione illumina la croce, trasformando la morte in vita nuova in Dio. All’abbandono della croce segue la comunione della risurrezione. La croce diventa così il luogo in cui Dio parla nel silenzio della finitudine umana, una finitudine assunta per amore. Come scrive Jacques Maritain: «Se gli uomini sapessero… che Dio “soffre” con noi e molto più di noi di tutto il male che devasta la terra, molte cose cambierebbero senza dubbio, e molte anime sarebbero liberate».


Il sacramento dell’Unzione. La prossimità divina nella malattia
Proprio in questo contesto di amore divino che si china sulla sofferenza umana si inserisce il sacramento dell’Unzione degli infermi. Mons. Forte sottolinea come il Dio vivente si sia fatto vicino alla debolezza e alla fragilità della creatura, specialmente quando provata dall’infermità. L’Unzione sacramentale ci rende partecipi della vittoria di Cristo sul peccato e le sue conseguenze. L’unzione, conferita dal sacerdote con l’imposizione delle mani e la preghiera, è il segno sacramentale del dono divino che soccorre l’infermo, sostenendo lui e chi gli è vicino. È un incontro della Trinità Santa con la malattia e il patire umano, manifestando la possibilità di un dolore salvifico. Mons. Forte esorta a far conoscere a tutti la grazia di questo sacramento, un grande dono del Signore che ci soccorre nella nostra debolezza quando più ne abbiamo bisogno. Non un rimedio estremo da rimandare, ma un segno di speranza e di vicinanza divina da accogliere con fede.

In definitiva, il percorso proposto da mons. Bruno Forte – che puoi leggere nella sua completezza in “Lettere al popolo di Dio” – ci invita a guardare al dolore non come a un’assurda fatalità, ma come a un mistero che si svela alla luce dell’amore di Dio, un amore che non ci abbandona, ma si fa compagno nel nostro soffrire, offrendoci nel sacramento dell’Unzione un segno tangibile della Sua presenza consolante e sanante.

FONTE: SHALOM BLOG

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