Milioni di pellegrini arrivarono a Roma per
accompagnare l'agonia dell'"atleta di Dio" che morì la sera del 2
aprile 2005 ed è stato canonizzato a tempi di record.
Era il 2 aprile di diciannove anni fa. Migliaia di fedeli si radunarono spontaneamente sotto la sua finestra in piazza san Pietro a pregare. I giovani lo chiamano ancora: «Giovanni Paolo, Giovanni Paolo», guardano verso la finestra del secondo piano del Palazzo apostolico. Ma Karol Wojtyla, dopo anni di malattia e una vera e propria agonia che negli ultimi giorni gli aveva tolto la parola e il respiro, dice, come raccontato in seguito da chi era accanto a lui in quel momento: «Lasciatemi tornare alla casa del Padre».
Oggi sono passati diciotto anni dalla morte di Giovanni Paolo II. Un momento storico vissuto intensamente non solo dai cattolici ma dal mondo intero. A dare l'annuncio ai fedeli, che non si spostavano dalla piazza per stringersi attorno al Papa malato, il cardinale Leonardo Sandri, allora Sostituto alla Segreteria di Stato: «Carissimi fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre. Preghiamo per lui». Un silenzio irreale, molte lacrime, qualcuno invece applaude per salutare per l'ultima volta il Papa polacco. Tanti i giovani che si passano il messaggio e si riversano nelle vie adiacenti del Vaticano per pregare insieme. Ne arriveranno a milioni nei giorni seguenti per dare l'ultimo saluto al feretro.
E quello tra i giovani e Wojtyla è stato davvero un rapporto speciale. Lo ha ricordato anche Papa Francesco nella Messa della domenica Palme con una San Pietro gremita di ragazzi. Li ha invitati a fare bene il cammino verso la Gmg che si terrà a Cracovia, patria di san Giovanni Paolo II, iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù».
18 anni fa Roma fu invasa da un pellegrinaggio spontaneo per salutare quello che già tutti già acclamavano «santo subito». Anche dieci ore e più di fila per una preghiera di pochi secondi in Basilica. E poi il funerale con tutti i più importanti capi di Stato di quel momento. Dagli Stati Uniti tre presidenti della Repubblica: i George Bush, padre e figlio (quest'ultimo il Capo di Stato di quel momento), e Bill Clinton. Ma quella che si raccoglie sul sagrato per il Papa è una piccola Onu: il presidente iraniano Khatami che bacia il re Abdhallah di Giordania, il re Juan Carlos che saluta il premier Silvio Berlusconi. Arrivano anche Lula dal Brasile, Karzai dall'Afghanistan, i re di Giordania e Siria, per citarne alcuni.
Ma la gente lo vuole santo e la beatificazione arriva a tempo record: è il primo maggio 2011 quando viene proclamato beato dal suo successore Benedetto XVI. Nella storia della Chiesa non accadeva da circa un millennio che un Papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore.
Il resto è storia più recente: il 27 aprile 2014 è stato proclamato santo da Papa Francesco insieme a Giovanni XXIII. Sul sagrato anche Ratzinger per una cerimonia che passa alla storia come la canonizzazione dei «quattro papi». Il suo segretario storico, il cardinale Stanislaw Dziwisz, trentanove anni accanto a Karol Wojtyla prima in Polonia e dopo a Roma, in quell'occasione disse: «Ho vissuto con un santo, ho sempre avuto questa precisa impressione».
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