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Karol Wojtyla, il Pontefice dello sport

San Giovanni Paolo II deve essere ricordato come il “Papa dello sport” non tanto per aver praticato l’attività sportiva, quanto per i memorabili discorsi pronunciati in materia di sport. Non c’è, o quasi, un aspetto problematico del fenomeno sportivo su cui Giovanni Paolo II non si sia soffermato con parole di grande modernità.


Non c’è dubbio che papa Wojtyla debba essere ricordato anche come il “papa dello sport” per eccellenza. Quando il cardinale Karol Wojtyla salì al soglio di Pietro, le prime improvvisate biografie non fecero mistero delle sue consuetudini di sportivo praticante. Negli anni successivi fecero il giro del mondo le fotografie “rubate” al papa che sciava, nuotava in piscina o si inerpicava per un sentiero di montagna. Per non contare le foto d’annata, quelle, rispolverate da chissà dove, del giovane sacerdote polacco che pagaia in kayak o che gioca a pallone. Ma il Giovanni Paolo II “papa dello sport” ha ben altre fondamenta che quelle foto, perché questo pontefice così abituato a dire cose importanti e scomode in materia di morale, di politica internazionale, di diritti umani ha detto non poche cose importanti e scomode anche sullo sport. La dignità del corpo, la difesa dei valori educativi, l’importanza dello sport per i disabili, la necessità di una pratica capace di rispettare le caratteristiche psicofisiche delle diverse età: non c’è, o quasi, un aspetto problematico dello sport su cui Giovanni Paolo II non si sia soffermato con parole di grande modernità.
Ricorrente è la preoccupazione per il rischio di derive disumanizzanti nello sport contemporaneo, il richiamo all’obbligo di una eticità fondante lo sport.

Alcune di quelle frasi dovrebbero essere tenute a mente da qualsiasi sportivo:

“Lo sport è anzitutto valorizzazione del corpo, sforzo per raggiungere le condizioni somatiche ottimali…Lo sport è agonismo, gara per aggiudicarsi una corona, una coppa, un titolo, un primato…Lo sport è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale va valorizzato e forse riscattato, oggi, dagli eccessi del tecnicismo e del professionismo mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l’apertura degli uni verso gli altri, come espressione della ricchezza dell’essere, ben più valida ed apprezzabile dell’avere, e quindi ben al di sopra delle dure leggi della produzione e del consumo e di ogni altra considerazione puramente utilitaristica ed edonistica della vita…“ (Primo Giubileo Internazionale degli Sportivi, Stadio Olimpico, 12 aprile 1984).

“…Lo sport oggi è caratterizzato da una domanda di qualità e di senso. Si avverte la necessità di ridare allo sport non solo una rinnovata e continua dignità, ma soprattutto la capacità di suscitare e sostenere alcune esigenze umane più profonde, come sono quelle del rispetto reciproco, di una libertà non vuota ma finalizzata, della rinuncia in funzione di uno scopo…Lo sport va visto nella dinamica del servizio, e non in quella del profitto…“. (Convegno della CEI su “Sport, etica e fede per lo sviluppo della società italiana”, 25 novembre 1989).

E ancora: “Occorre individuare e superare i pericoli che minacciano lo sport moderno: dalla ricerca ossessiva del guadagno alla commercializzazione di quasi ogni suo aspetto, dalla spettacolarizzazione eccessiva all’esasperazione agonistica e tecnicistica, dal ricorso al doping e ad altre forme di frode, alla violenza. Solo recuperando efficacemente il suo compito e le sue potenzialità di educazione e di socializzazione, lo sport può svolgere un ruolo di significativo rilievo e concorrere, per la sua parte, a sostenere le speranze che muovono i cuori degli uomini, specialmente dei giovani…“ (Inaugurazione dello Stadio Olimpico, 31 maggio 1990).

“… grande è la responsabilità degli sportivi nel mondo. Essi sono chiamati a fare dello sport un’occasione di incontro e di dialogo, al di là di ogni barriera di lingua, di razza, di cultura. Lo sport può, infatti, recare un valido apporto alla pacifica intesa fra i popoli e contribuire all’affermarsi nel mondo della nuova civiltà dell’amore” (Giubileo degli Sportivi, Stadio Olimpico, 29 ottobre 2000).

“Possa questa verifica [del Giubileo] offrire a tutti – dirigenti, tecnici ed atleti – l’occasione per ritrovare un nuovo slancio creativo e propulsivo, così che lo sport risponda, senza snaturarsi, alle esigenze dei nostri tempi: uno sport che tuteli i deboli e non escluda nessuno, che liberi i giovani dalle insidie dell’apatia e dell’indifferenza, e susciti in loro un sano agonismo; uno sport che sia fattore di emancipazione dei Paesi più poveri ed aiuto a cancellare l’intolleranza e a costruire un mondo più fraterno e solidale; uno sport che contribuisca a far amare la vita, educhi al sacrificio, al rispetto ed alla responsabilità, portando alla piena valorizzazione di ogni persona umana” (Giubileo degli Sportivi, Stadio Olimpico, 29 ottobre 2000)

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