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San Giovanni Paolo II e la sua devozione alla Divina Misericordia

Oggi la Chiesa celebra la festa della Divina Misericordia, che è la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia.




Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a Płock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: ‘Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia’.

Negli anni successivi, secondo gli studi di don Rozycki, Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.

La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: ‘Ora vedo che l’opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore’. La festa della Divina Misericordia è stata istituita ufficialmente da papa Giovanni Paolo II nel 1992 che la fissò per tutta la Chiesa nella prima domenica dopo Pasqua, ‘Domenica in albis’.

Nell’udienza generale del 30 marzo 2016 papa Francesco ha svolto una catechesi sulla misericordia, meditando il salmo 51: “Chi prega con questo Salmo è invitato ad avere gli stessi sentimenti di pentimento e di fiducia in Dio che ha avuto Davide quando si è ravveduto e, pur essendo re, si è umiliato senza avere timore di confessare la colpa e mostrare la propria miseria al Signore, convinto però della certezza della sua misericordia. E non era un peccato da poco, una piccola bugia, quello che aveva fatto: aveva fatto un adulterio e un assassinio!”

Per il Papa “chi prega con questo Salmo ricerca il perdono, confessa la propria colpa, ma riconoscendola celebra la giustizia e la santità di Dio. E poi ancora chiede grazia e misericordia. Il salmista si affida alla bontà di Dio, sa che il perdono divino è sommamente efficace, perché crea ciò che dice.

Non nasconde il peccato, ma lo distrugge e lo cancella; ma lo cancella proprio dalla radice, non come fanno in tintoria quando portiamo un abito e cancellano la macchia. No! Dio cancella il nostro peccato proprio dalla radice, tutto! Perciò il penitente ridiventa puro, ogni macchia è eliminata ed egli ora è più bianco della neve incontaminata. Tutti noi siamo peccatori”.

In questo senso per il papa il perdono fa sperimentare una vita nuova: “Noi peccatori, con il perdono, diventiamo creature nuove, ricolmate dallo spirito e piene di gioia. Ora una nuova realtà comincia per noi: un nuovo cuore, un nuovo spirito, una nuova vita. Noi, peccatori perdonati, che abbiamo accolto la grazia divina, possiamo persino insegnare agli altri a non peccare più...

Quando un bambino cade, cosa fa? Solleva la mano alla mamma, al papà perché lo faccia alzare. Facciamo lo stesso! Se tu cadi per debolezza nel peccato, alza la tua mano: il Signore la prende e ti aiuterà ad alzarti. Questa è la dignità del perdono di Dio! La dignità che ci dà il perdono di Dio è quella di alzarci, metterci sempre in piedi, perché Lui ha creato l’uomo e la donna perché stiano in piedi”.

Ma colui che ha voluto con forza l’istituzione di questa festa è stato san Paolo Giovanni II, di cui è ricorso il 16° anno della sua ascesa al cielo, avvenuta il 2 aprile 2005, che ha voluto ricordare il messaggio della Divina Misericordia come luce della speranza per le nuove generazioni e nel 1980 ha pubblicato la lettera enciclica ‘Dives in misericordia’ rilevando l’amore paterno di Dio che si china su ogni debolezza umana, designando santa Faustina come l’ ‘apostolo della Divina Misericordia’.

E proprio nell’omelia della festa della Divina Misericordia del 30 aprile 2000, anno del Giubileo, disse: “Egli ci ha poi indicato le molteplici vie della misericordia, che non perdona soltanto i peccati, ma viene anche incontro a tutte le necessità degli uomini. Gesù si è chinato su ogni miseria umana, materiale e spirituale.

Il suo messaggio di misericordia continua a raggiungerci attraverso il gesto delle sue mani tese verso l'uomo che soffre. E' così che lo ha visto e lo ha annunciato agli uomini di tutti i continenti suor Faustina, che nascosta nel suo convento di Lagiewniki, in Cracovia, ha fatto della sua esistenza un canto alla misericordia: ‘Misericordias Domini in aeternum cantabo’.

Questo messaggio consolante si rivolge soprattutto a chi, afflitto da una prova particolarmente dura o schiacciato dal peso dei peccati commessi, ha smarrito ogni fiducia nella vita ed è tentato di cedere alla disperazione. A lui si presenta il volto dolce di Cristo, su di lui arrivano quei raggi che partono dal suo cuore e illuminano, riscaldano, indicano il cammino e infondono speranza”.

Ed il 30 novembre 1980, prima domenica di avvento, papa Giovanni Paolo II scrisse un’enciclica alla Divina Misericordia, intitolata ‘Dives in misericordia’, con l’invito ad aprirsi alla misericordia di Dio: “La mentalità contemporanea, forse più di quella dell'uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia.

La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra. Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superfìcialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia. A questo proposito possiamo, tuttavia, rifarci con profitto all’immagine ‘della condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo’ qual è delineata all’inizio della Costituzione Gaudium et spes”.

Ed ha invitato la Chiesa ad attuare la misericordia: “Nel continuare il grande compito di attuare il Concilio Vaticano II, in cui giustamente possiamo vedere una nuova fase dell'autorealizzazione della Chiesa, su misura dell’epoca in cui ci tocca di vivere, la Chiesa stessa deve essere costantemente guidata dalla piena coscienza che in quest'opera non le è lecito, a nessun patto, di ripiegarsi su se stessa.

La ragione del suo essere è infatti quella di rivelare Dio, cioè quel Padre che ci consente di essere ‘visto’ nel Cristo. Per quanto forte possa essere la resistenza della storia umana, per quanto marcata l'eterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano, tuttavia tanto più grande deve essere la vicinanza a quel mistero che, nascosto da secoli in Dio, è poi stato realmente partecipato nel tempo all'uomo mediante Gesù Cristo”.

Simone Baroncia

FONTE: ACI STAMPA

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