Passa ai contenuti principali

Pasqua: dalla croce e dalla sofferenza agli auguri.

 Questa volta il significato degli Auguri Eugenio SCAGLIUSI lo spiega in anticipo.

Forse... Però almeno impegniamoci nella lettura della spiegazione.




So bene che Facebook non è il luogo adatto per testi lunghi ed impegnativi. Ma ciò che ho voglia di comunicare richiede spazio ed attenzione. Un tempo esistevano le “note”; ma Facebook le ha eliminate. Così devo utilizzare il mio sito per poi pubblicare il link.

Lo faccio pensando a come veicolare al meglio i miei auguri di Pasqua, auguri che chi mi conosce sa non essere mai convenzionali o casuali, ma sempre studiati e riflessivi. Una volta dovetti scrivere addirittura una "nota" successiva perché gli auguri venissero meglio compresi. Questa volta farò di meglio. O di peggio… a seconda dei punti di vista. Mi va di comunicare quel che mi passa per la testa in anticipo, prima ancora del messaggio, che sarà estremamente sintetico e proprio per questo bisognevole - lo so bene - di una traccia interpretativa.

Tutto nasce da una lettura occasionale. Qualche settimana fa ho riletto una parte di un testo di un autore a me molto caro, il filosofo del diritto Giuseppe Capograssi, un brano del suo “Introduzione alla vita etica”. Una parte di quel testo, partendo dall’osservazione che molti si fermano alla morte di Cristo e non alla sua resurrezione, coglie in questo un elemento di positività, costituito dal senso apparentemente insuperabile della fatica della vita e dell’individuo e, soprattutto, nella filosofia di Capograssi, nella naturale tendenza, propria della vita, pur tra sofferenze e difficoltà, a provare a continuare a vivere, al “vivere mentre si sta vivendo”, ad agire, a sperare. In una parola, a costruire la storia.

Questo il testo: “… (i“ moderni ”) molti hanno a modo loro riflettuto e riflettono a lungo su Cristo; e qualcuno, impotente come gli altri a credere in Cristo… ha visto in lui veramente il rappresentante dell'umanità: in questo straordinario senso, che ama, si sacrifica per tutti, sale sulla Croce e sulla croce deve riconoscere e riconosce, con la più amara delle sue parole di agonia, che Dio lo ha abbandonato. Questa sarebbe l'ultima e finale parola dell'umanità. Ora, chi non riconosce in questo Cristo l'individuo contemporaneo? Ecce homo, veramente! La legge della vita è veramente la croce, ma tutto il destino della vita finisce veramente con la croce. Non c'è resurrezione. Croce e tomba. E la tomba non si riapre. Evacuata est crux Christi. San Paolo non aveva pensato che potesse venire un tempo, in cui di Cristo non restasse che la crocifissione, e questa fosse la legge il fine e la fine della vita, senz'altro seguito, come la conclusione di un tutto senza conclusione. Questo immaginario Cristo crocifisso, che scopre sulla croce che si è ingannato e muore, vero eroe della disperazione umana, è l'immagine dell'ovvio quotidiano destino di questi individui che noi siamo… ”

In effetti la vita ci mette un po' in croce. Accade per tutti e proprio nel tempo presente, smarrito e minacciato dalla pandemia, tra malattie e morte. Nel 1920, mentre la febbre spagnola attraversava l'Europa con milioni di morti, Giuseppe Capograssi scriveva: “Ogni uomo che soffre ingiustamente diventa un poco come Dio in croce” (“Lettere a Giulia”, 6 giugno 1920).

Vivere e smarrirsi nel cercare di comprendere la storia è l'eterno destino dell'individuo. A Capograssi va riconosciuto il merito di aver appreso e chiarito la lezione di Vico - cui attribuiva l'appellativo di “poeta dell'alba” - di rivendicare, nel dinamismo e nel farsi della storia, l'autonomia e la centralità dell'uomo. Anzi, dell'individuo: il povero, ultimo, sperduto individuo che realizza se stesso nel vivo dell'esperienza, spinto quotidianamente da una tensione ad agire da cui “sorge il mondo umano”.

Questa impostazione umanistica, pur mantenendo la creaturalità dell’uomo, non ne sminuisce il ruolo nel farsi del mondo umano. Sia Vico che Capograssi, insistendo sul ruolo dell’individuo nella costruzione della storia, superano la visione antindividualistica e antiumanocentrica della storia stessa, peraltro appartenente anche ad una certa cultura cristiana. In Vico, come in Capograssi, l’individuo va inteso e compreso «nel suo momento sorgivo, quale è prima di ogni sistemazione teorica, quale è nel suo darsi nell’esperienza, nel suo farsi nell’esperienza»

Per Vico l'uomo “messo in croce”, decaduto, sottoposto alla sofferenza, alla pena, alla fatica, al lavoro, al travaglio quotidiano, è l'individuo concreto, quello della vita pratica, che nella situazione di massimo disagio scopre la produttività dell'agire, attiva i semina veri presenti nella mente, trova il filo che l'aiuta ad uscire dalle tenebre dell'esistenza ferina. “Se la storia è una serie di catastrofi - scrive Capograssi in L'attualità di Vico -, la storia è dominata dal mistero della croce: gli uomini debbono essere messi in croce per capire: se no, il pensare umano non nasce: ed è un conforto per l'individuo sapere che la sua sofferenza è un'espiazione."

E se i critici cattolici avvertivano Vico come estraneo e avversario, per aver considerato l'uomo, l'individuo storico, concreto, e non Dio, vero motore attivo e centro della storia, dell'esperienza comunitaria dell'uomo, Capograssi lo avverte proprio per questo come guida e maestro. Laddove quelli, nel sistema di Vico, vedono l'errore e la debolezza, questo individua la verità e la forza. Nella interpretazione di Capograssi, Vico ha legato la mente all'esperienza concreta, "seguendo e indicando essa nel mondo dell'azione" (in Analisi dell'esperienza comune ). Avvertono entrambi, Vico e Capograssi, la esigenza di "scoprire l'idea nascosta nel reale, il secretissimo nesso tra idea e vita dentro lo stesso rapporto di vita e, quindi, il legame tra diritto e azione."

Vico non parla mai del cristianesimo. Proprio perché cristiano, egli guarda all'uomo prima del Cristianesimo; cerca, e trova, nella drammaticità della vita all' “alba” della storia un intrinseco elemento razionale. E lo individua proprio nell'atto in cui, nei primordi, l'uomo "bestione" avverte nella minaccia del fulmine una prima e confusa prefigurazione della terrificante idea della morte. Avverte la paura. Vico è il filosofo che cerca di cogliere la nascita della “città sociale… in quel primo filo d'alba in cui l'individuo, il bestione, comincia a pensare umanamente: questa è la nascita dell'uomo nell'individuo”.

La storia ha la sua origine in questo "primo filo di pensiero", in questo "primo filo di luce", quando l'uomo "bestione, il Polifemo, l'individuo iniziale, nel suo terrore comincia a vedere un motivo vero, che non è questo terrore”. Quando, cioè, può intuire l'idea di qualcosa di superiore a cui chiedere aiuto nell'esperienza terribile della paura della morte. Da quel momento all'agire puramente naturale dell'uomo subentra, illuminato da un'idea, la quale immediatamente si articola e si condensa in tre principi: la Provvidenza, a cui rivolgersi "nel terribile frangente della morte", il pudore, in quanto distacco dell'individuo dalla sua animalità, l'immortalità, come consapevolezza che il cadavere "è stato sede di qualcosa che al cadavere è superiore."

Secondo Capograssi queste idee non sono parte di un processo di conoscenza. Nascono e operano all'interno dell'azione: “Nella sua azione l'individuo agisce in modo, ch'egli organizza un'esperienza alle cui radici stanno queste idee umane. Sono esse che creano, e poi consolidano, il mondo umano." Mondo che segue lo sviluppo del “fare” umano, anche se fuori dall'intenzione umana. L'uomo, infatti, crea gli istituti civili, gli ordini pratici, mentre pensa di soddisfare i suoi bisogni o le sue inclinazioni naturali: “… crede di soddisfare la libidine, e crea il matrimonio; crede di secondare la sua avarizia, e crea gli ordini commerciali… ”. Pur in questa continua azione con la storia, è degli individui concreti a creare la storia.

Capograssi insiste in maniera rigorosa e continua su quest'interpretazione non idealistica di Vico. L'individuo è il protagonista e fa la storia. L'individuo storicamente ed esistenzialmente determinato. In questo Capograssi individua la modernità di Vico: averci spiegato la genesi della storia umana e la legge che presiede al suo sviluppo.

In queste analisi la creatività e la finezza dell'interprete Capograssi s'impenna. L'affermazione ripetuta di Vico, secondo cui “la storia la fanno gli uomini”, per Capograssi, va presa alla lettera: “la storia la fa l'uomo, perché, quello che l'uomo ci mette, quello ci trova”. In questa prospettiva, la lettura della "dottrina dell'eterno ritorno" e quella della Provvidenza vanno decisamente cambiate di segno: nella visione della storia di Vico, il ritmo dei corsi e dei ricorsi è, sì, "… un ritorno; ma non il ricorso degli eventi storici, come nella dottrina dell'eterno ritorno. È ritorno di quell'esperienza di morte da cui nascerà lo slancio, da cui sorge il mondo umano ". E sono l'indicazione delle difficoltà, delle pene, della sensazione di fine della storia, dell' "esperienza di morte", in cui, di tempo in tempo, gli uomini si sentono precipitati. Ciò che torna, perciò, è la condizione di barbarie, la sola favorente il risveglio dell'uomo e l'attivazione dei semina veri presenti nella mente. Solo se "messi in croce per conseguenza dei propri errori gli uomini riattivano la capacità di capire, se no, il pensare umano non nasce". Ecco perché - ammonisce Capograssi - per capire la storia bisogna capire l'individuo, bisogna “essere questo individuo che soffre, più che nella vita, la vita”.

Per Capograssi, Vico è un “singolarissimo pensatore, egli fa la storia di quelli che non hanno storia”, “vede nella massa l'individuo, non vede altro” ed “è pessimista; ma è anche ottimista, perché crede che sempre si ripresenti nella storia quell'esperienza da cui il mondo umano rinasce. La Provvidenza significa certezza di ricomparire di quella esperienza di morte da cui nasce lo slancio onde rinasce il mondo storico”. L'individuo deve arrivare all'estremo della sua esperienza; fino alla catastrofe; finanche alla morte. Quando si è scesi per tutto il piano delle cadute, fino a Nerone, a quell'ultimo punto si ricrea l'esperienza di morte da cui nasce il pensare umano, il mondo umano. Attraverso la catastrofe si ricreano le condizioni di morte, che consentono di riattingere le tre idee centrali di Vico, cioè il pensare umanamente."

Quel testo di Capograssi sulla croce, metafora di una vita di sofferenza, rappresentazione del tragico della condizione umana finanche di Cristo, così precisa: "La vita con le sue contraddizioni e le sue vocazioni chimeriche, prende un significato: le promesse nascoste nella vita e così crudelmente negate, gli appelli segreti alla gioia, che la vita contiene e così crudelmente soffocati, appariscono alla fine come i germi, gli incerti annunci, gli incerti inizi di una vita e di un mondo, che la speranza vede di là delle cose presenti, in cui la morte, lo scandalo della morte e di tutti i distacchi di cui la morte non è che il terribile epilogo, sarà vinto, e la carità sarà tutto in tutti. " E poi conclude: “Quanto più sarà messo in croce, tanto più l'individuo tornerà a credere in Dio e nella sua giustizia. In questo senso, poiché è certo l'aumentare del dolore nel mondo, l'avvenire dell'individuo è sicuro."

La mia frase di auguri per Pasqua? Completerò questo testo domani ...

(Nella foto, "Crocifissione", di Matthias Grunewald, 1512 - 1516, Museo Unterlìnden, Colmar)

EUGENIO SCAGLIUSI

Commenti

Post popolari in questo blog

La nostra reliquia "ex sanguine" di San Giovanni Paolo II in pellegrinaggio a Turi

In pellegrinaggio a Turi la reliquia di San Giovanni Paolo II „ La reliquia 'Ex Sanguine' donata dall'Arcivescovo Metropolita di Cracovia all’Associazione Giovanni Paolo II e Parrocchia Santi Medici di Polignano sarà portata a Turi il prossimo 18 settembre. Turi si prepara ad accogliere la reliquia di San Giovanni Paolo II, che arriverà nella cittadina, presso la parrocchia di Maria SS. Ausiliatrice, il prossimo 18 settembre. Giovanni Paolo II ha lasciato un segno indelebile in ciascuno di noi e la presenza delle sue reliquie “è motivo di grande gioia e di rendimento di grazie; la sua santità dona speranza e ci spinge a rispondere con sempre maggiore fedeltà alla nostra vocazione cristiana”. Tale presenza offrirà l’occasione per riflettere sul ruolo che ogni cristiano deve avere per essere autentico testimone di fede con coerenza e senza paura, così come lo fu Giovanni Paolo II. Si tratta di una reliquia “Ex Sanguine“ (di sangue) del Santo Giovanni Paol

Le Reliquia "Ex-Capillis" di Madre Teresa in pellegrinaggio a Turi

La comunità parrocchiale di  Maria SS. Ausiliatrice annuncia con gioia la visita delle Reliquie (ex Capillis) di S. Teresa di Calcutta DOMENICA 11 MARZO 2018 . Abbiamo voluto richiamare l’attenzione sulla figura di  Madre Teresa , canonizzata da Papa Francesco il 4 settembre 2016, poiché è stata una donna che ha impegnato tutta la sua vita per testimoniare l’amore ed è stata l’amore di Dio in azione. La Reliquia ex-capillis (capelli) è stata donata dalla postulazione di Madre Teresa all' associazione Giovanni Paolo II in occasione del decennale e alla parrocchia SS. Medici di Polignano a Mare. Lei sintetizzava così la sua vita e la sua opera: So che noi siamo una goccia nell’oceano della miseria e della sofferenza umana, ma se non ci fosse neanche questa goccia, la miseria e le sofferenze umane sarebbero ancora più grandi….

Papa Giovanni Paolo II: anniversario della morte di Karol Wojtyla

Oggi, 2 aprile 2012, ricorre l’ anniversario della morte di Karol Józef Wojtyla , ovvero Papa Giovanni Paolo II . Nato a Wadowice il 18 maggio 1920, morì il 2 aprile 2005 a Roma dopo quasi 30 anni di pontificato. Infatti,  Karol Wojtyla  fu eletto Papa il 16 ottobre 1978 e il suo fu il terzo pontificato più lungo della storia. In seguito alla sua morte, avvenuta ormai 7 anni fa,  Papa Giovanni Paolo II  fu proclamato  Beato  l’anno scorso (1° maggio), da  Papa Benedetto XVI  e, nel giorno del suo insediamento si festeggerà ogni anno il Papa, da molti considerato come il più grande di tutti i tempi.