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Don Tonino, La voce della povertà, il Racconto - 2. Prete a ventidue anni!


Era il 1957. Tonino a Bologna aveva terminato il quadriennio di Teologia. E dopo essere stato consacrato Diacono dallo stesso cardinale Lercaro, si accingeva a realizzare il suo più grande sogno. Ma per la giovanissima età, appena ventidue anni, gli si presentarono non poche difficoltà di natura burocratica. Era troppo giovane per diventare prete. Un caso strano e nello stesso tempo curioso che, probabilmente, non si era mai verificato nella storia della Chiesa in Italia. Però il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, monsignor Ruotolo, che conosceva Tonino e che era già stato informato della incredibile stima che il giovane contava, non ci pensò due volte e con una particolare dispensa autorizzava l’Ordinazione sacerdotale.

Fu lui stesso a presiedere il rito di consacrazione l’8 dicembre 1957, festa dell’Immacolata, nella chiesa di Alessano. Circondato dalla presenza e dall’affetto dei suoi familiari, il giovane don Tonino si apprestava a percorrere una nuova e lunghissima strada. La prima tappa del cammino sacerdotale fu caratterizzata dal conseguimento della Licenza alla Facoltà teologica di Milano. A dire il vero fu il sempre Lercaro a coinvolgere don Tonino in quella avventura, e lo stesso cardinale bolognese lavorava per poterlo tenere con sé.

Ma nel sud della Puglia c’era pure chi lavorava per garantire al giovane Bello un’altra sistemazione. Infatti, il vescovo Ruotolo aveva pensato di trasferire don Tonino (per lui sarebbe stato un gradito ritorno in un luogo già familiare) nel seminario di Ugento ad educare i ragazzi, e con toni scherzosi in una lettera indirizzata al card. Lercaro scriveva così: «Ti tieni don Tonino solo se me ne mandi due in cambio».

A soli ventidue anni, quindi, un giovane prete era già conteso da un cardinale ed un vescovo. Non furono però gli unici a volere don Tonino.

Monsignor Benelli, allora responsabile dei preti operai, lo considerava già un ottimo cappellano del lavoro nell’Emilia Romagna comunista ed anticlericale, o in altre zone industrializzate del nord. Anche i superiori del seminario Onarmo di Bologna lo volevano per fargli vivere esperienze pastorali di notevole considerazione. Ma alla fine prevalse la decisione di mons. Ruotolo. Don Tonino si trasferì ad Ugento nel 1958.

Appena giunto nel seminario di Ugento oltre ad essere incaricato della disciplina, don Tonino fu nominato professore di più materie scolastiche. Durante la sua permanenza, durata diciotto anni, fu prima prefetto, poi vice rettore e in ultimo dal 1974 al 1976 rettore del seminario.

Quegli anni risultano essere fondamentali perché mettono a nudo ulteriormente le capacità educative e pastorali di don Tonino, il suo impegno senza sosta, la sua cultura senza confronti. Ancora oggi quei ragazzi che sono stati educati da lui, alcuni poi diventati preti, lo ricordano con nostalgia ed immutato affetto. Ricordano il suo spirito vivace, pronto, sempre in trincea per sorprendere con le sue iniziative chi lo circondava. Nell’agosto del 1965, durante il Seminario estivo che ogni anno si svolgeva a Tricase Porto, don Tonino diede origine alla “Società dei rizzivendoli”.

Antonio Andrea Ciardo, che all’epoca frequentava la prima media nel seminario di Ugento, ricorda che don Tonino e i suoi ragazzi ogni giorno, invece di comprare i “rizzi” dai rizzivendoli, all’ora del bagno e al grido di “Regina ricciorum” si tuffavano nell’acqua muniti di maschere e pinne e facevano i “rizzi” vendendoli poi al misero prezzo di cinque lire l’uno.

A quella estate appartiene un componimento di don Tonino il quale, immedesimandosi nei panni di un riccio, così si esprimeva: «Ti ringrazio o Signore, per le profondità del mare, che mi hai dato come dimora. Per le valli sconfinate di alghe e di madrepore, che mi hai dato come compagne. Perla moltitudine dei pesci, che mi guizzano velocemente d’intorno. Per l’incanto del paesaggio, fatto miracolosamente sbocciare dai raggi del sole. Per il misterioso silenzio degli abissi, che Tu hai creato mentre ti libravi sulle acque. Grazie, Signore, per gli aculei pungenti che mi hai dato a difesa dagli attacchi di tutti gli abitatori del mare. Grazie, per l’onore che mi dai quando l’uomo, fatto a tua immagine, violando il segreto degli abissi, mi coglie per assaporare sulla sua mensa il mio profumato corallo».

Lo stesso Ciardo racconta che nel dicembre ’64 don Tonino decise di fare il presepio tutto di pietra. Una conseguenza di quella decisione fu che da quel giorno i muri delle campagne di Ugento si abbassarono, mentre nella Cappella del seminario cresceva il presepio. E quando il 27 gennaio 1965 “La Gazzetta del Mezzogiorno” pubblicò la notizia che «il nostro presepio era stato giudicato il migliore in assoluto in tutta la Provincia di Lecce, don Tonino trasudava felicità. Gridava la sua gioia. Ci contagiò. E la sera don Tonino rientrò nello studio del seminario con la coppa levata al cielo».

Era fatto così. Semplice, spontaneo, genuino, agiva sempre con naturalezza. Nei ricordi di monsignor Antonio De Vitis, rettore del seminario, don Tonino fu protagonista ed ispiratore anche di una improvvisata. Nel seminario di Ugento si aspettava la visita di un certo monsignor Panico, venuto a visitare il vescovo Ruotolo. Mentre accompagnavano l’ospite lungo i corridoi che accedono all’episcopio, don Tonino fermò la comitiva e pregò l’arcivescovo Panico di ascoltare una musica in suo onore. I ragazzi al cenno del loro educatore cacciarono dai loro nascondigli gli “strumenti musicali” e cominciarono ad esibirsi: pettini avvolti in plastica per clarinetti, pezzi di tubi di gomma per bassi, coperchi di pentole d’alluminio per “piatti”, altri strumenti a percussione ottenuti con posate, pezzi di ferro, cartoni... Il rettore, che oggi definisce quella esecuzione una fanteria originale, era pronto a ricorrere ai ripari e alle scuse nei confronti dell’ospite che, invece, volle riascoltare i “musicisti” e il loro don Tonino, nei panni di direttore di banda. «I complimenti andarono a me», racconterà poi il rettore, «perché come spesso accadeva quando don Tonino sentiva odor di lodi, spariva dalla circolazione o si disperdeva tra i suoi prodi».

Con i suoi ragazzi che lo chiamavano ABEL (Antonio Bello), don Tonino fondò l’Antenna, un giornale che lui stesso dirigeva e che preparava con tanta pazienza. Durante la permanenza nel seminario di Ugento, don Tonino riuscì a vivere anche una esperienza interessante ed importante. Nel 1962 il Concilio Vaticano II, voluto da papa Giovanni XXIII, stava per iniziare e monsignor Ruotolo che doveva seguirne i lavori a Roma decise di portare con sé don Tonino, ormai lo considerava suo personale teologo. Infatti, gli interventi che il vescovo di Ugento fece durante le sessioni conciliari furono preparati da don Tonino il quale trovò anche il tempo di scrivere un diario su quella esperienza. È inutile sottolineare che l’aria di rinnovamento lanciata dal Concilio Ecumenico gli condizionerà molto la già ricca cultura pastorale che, successivamente, evidenzierà durante il suo magistero episcopale.

Intanto, il contributo notevole che don Tonino offrì al suo vescovo nel soggiorno a Roma era servito a preparare una grande sorpresa. Ruotolo fece nominarlo “monsignore”. A ventotto anni don Tonino era già monsignore! Ancora una volta ci troviamo innanzi ad un caso forse unico nella storia della Chiesa contemporanea.

Naturalmente don Tonino accettò di buon grado quella sorpresa, ma continuò a farsi chiamare “don” Tonino, e lo farà pure dopo la sua nomina episcopale. Non dobbiamo dimenticare che mentre era a Roma, don Tonino si iscrisse all’università Lateranense, laureandosi, nel 1965, in teologia.

Ogni cosa nella vita terrena finisce, e quasi sempre ciò che più piace. Anche per don Tonino giunse il tempo di lasciare i suoi ragazzi e il seminario per adempiere ad un altro incarico. Questo avvenne nel 1978 quando il vescovo mons. Michele Mincuzzi, succeduto nel frattempo a Ruotolo, nominò don Tonino amministratore della parrocchia del sacro Cuore di Ugento. Amministratore parrocchiale vuol dire occupare provvisoriamente il ruolo del parroco ma assumerne tutte le responsabilità. Anche in questo ambiente don Tonino lavorò molto ed appassionatamente, conquistando subito la stima e l’affetto dei suoi parrocchiani a tal punto che nel 1979, quando fu eletto parroco a Tricase, la gente contestò vivamente il vescovo.

Vincenzo Marra, operatore parrocchiale, ricorda che: «Quando il vescovo don Michele Mincuzzi lo destinò a Tricase ci fu una “sommossa” dei parrocchiani. Ricordo che dopo la messa domenicale delle 9.00, contestammo mons. Mincuzzi con molto fragore sul sacrato della chiesa. Ma don Tonino accettò la nuova destinazione per obbedienza, perché, ci disse, “avrei preferito rimanere con voi”».

(continua)

La presente biografia è stata pubblicata a puntate sul periodico l'altra Molfetta, da dicembre 1995 a novembre 1996. Successivamente i testi, ampliati e approfonditi dallo stesso autore, sono stati pubblicati (con una ricca documentazione fotografica) in volume edito da Luce e Vita nella Collana Quaderni.

Sergio Magarelli

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