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Don Tonino, La voce della povertà, il Racconto - 1. La Croce del sud


Succedeva che il mondo e l’Europa si preparavano alla grande guerra. Le crisi politiche, le diplomazie e le apparenti distensioni fecondavano l’orrore più inspiegabile che la storia ha poi partorito. E mentre questo accadeva, nel 1935 un’altra storia, una tutta d’amore, preparava Maria Imperato a partorire Tonino, la contropartita alla guerra, Lui che della pace farà l’anelito più grande della sua vita. Era il 18 marzo. Alessano, piccolo paese in provincia di Lecce, metteva alla luce l’ennesimo figlio, anche lui destinato a fare i conti con la povera condizione meridionale. Quella del sud è una realtà difficile da spiegare, è una “croce” ormai radicata da secoli in una avversa congiuntura storico-sociale che, accompagnata anche da pochi ed inefficaci interventi di natura politica, non ha permesso di allontanare il meridione dal suo antico stato di arretratezza. Anche Alessano è coperta dall’ombra di questa croce, ed è pur sempre l’agricoltura a prevalere sulla intera economia cittadina. Con otto mila abitanti, la citta è lontana cinquanta chilometri da Lecce e dodici da S. Maria di Leuca. Il suo centro storico custodisce ancora diverse costruzioni dell’epoca rinascimentale, tra le quali il Palazzo Romasi con il suo splendido stile ad archi ed il Palazzo Ducale, nei pressi di Piazza Castello, la cui parte più antica risale alla seconda metà del quattrocento.
L’abitazione della famiglia Bello era sistemata in via Scipione Sangiovanni, al numero civico 17. E fu proprio lì che il piccolo Tonino aprì gli occhi al sole consegnando all’anagrafe, e alla storia, il suo nome: Antonio Giuseppe Mario Bello.
Il papà, Tommaso, in passato era già stato sposato e da quel matrimonio erano nati due figli maschi: Giacinto Antonio Carmine e Vittorio Nunzio Emilio. Rimasto vedovo, sposò in seconde nozze Maria Imperato dalla quale ebbe altri tre bambini. Tonino fu il primo a nascere, e a lui seguirono in ordine Trifone Nazzareno e Marcello Fernando.
Tommaso, che era maresciallo dei carabinieri in congedo, fece appena in tempo a mettere al mondo i suoi cari pargoletti perché da essi, e dalla moglie Maria, dovette veramente congedarsi per sempre. La stessa sorte toccherà ai due fratellastri di Tonino. Carmine, che era radiotelegrafista sui MAS, morirà per infarto a Milano, nella casa della sua fidanzata. Vittorio, cannoniere in Marina, perderà la vita in seguito all’affondamento della corazzata “Roma”.
La croce del sud aveva così allungato la sua ombra, oscurando la casa e la famiglia Bello. Ma la signora Imperato con i suoi tre piccoli, messa a dura prova dal destino, non si lasciò cadere nella disperazione. Anzi! Lo stesso Tonino, quando sarà Vescovo, racconterà così: «Ho perduto mio padre a cinque anni. Ma mia madre non si è scoraggiata ed ha avuto molta fiducia nel Signore. Non era una bigotta ed ha condotto avanti tutta una famiglia».
Arrivarono per Tonino i tempi destinati a ricevere i primi sacramenti. Battesimo e Cresima gli furono amministrati nella chiesa di Alessano, a volte designata come la cattedrale del paese. Una chiesa di modeste dimensioni e di valore artistico. In essa si conserva una tela raffigurante Tobia e l’Angelo, un’opera di notevole considerazione attribuita a Carlo Sellito della scuola del Caravaggio. Fu in questo luogo che Tonino cominciò a muovere i primi passi di un lungo cammino, imparando forse qui il passo degli “ultimi” che lo porterà alla sequela di Cristo.
I primi passi nella vita sono sempre i più difficili e non raramente si è soli in questa circostanza; Tonino, invece, ebbe attorno a sé qualcuno che intuì in lui inclinazioni particolari. Don Carlo Palese, per esempio, che era il parroco del paese, aveva già capito che in quel ragazzo si sarebbe realizzato un grande progetto e lo seguiva con grande attenzione nella sua crescita spirituale. Anche la mamma, la signora Maria, vuole la sua parte nell’aver accreditato al proprio figliuolo una giusta strada. Anzi, fu proprio lei a confidare al parroco le sue intenzioni su quello che sarebbe stato di Tonino. Infatti, quando il ragazzo terminò le elementari, i parenti non avevano alcun minimo sospetto di ciò che sarebbe accaduto. Per loro era normale pensare che Tonino frequentasse la scuola media nel proprio paese. Rimasero invece stupefatti quando vennero a sapere che il ragazzo stava per essere avviato al seminario diocesano di Ugento, dove avrebbe dovuto compiere gli studi ginnasiali. Questo fu deciso dalla mamma, e Tonino consenziente rimase contento.
Giunse il giorno della partenza. Ugento non dista poi tanto da Alessano, ma se pensiamo al fatto che negli anni quaranta le strade erano ancora senza asfalto, anche le distanze più brevi diventavano irraggiungibili. Basti pensare che l’unico mezzo di trasporto disponibile a quei tempi era il cavallo, e fu proprio uno di questi a tirare il calesse su cui viaggiava Tonino accompagnato dalla mamma e dal parroco don Carlo.
Quel primo distacco fu veramente doloroso. Nonostante la sua giovane età, Tonino vide passare attorno al suo cuore una schiera di sentimenti che in lui diedero vita a qualche lacrima. Lasciava alle sue spalle Alessano, i fratellini, la mamma, i piccoli amici del paese, ma nel suo cuore se li portava tutti. Don Tito Oggioni Macagnino, che all’epoca nel Seminario di Ugento era vice prefetto di disciplina e incaricato dell’accoglienza dei novellini, racconta così il suo primo incontro con Tonino: «Ricordo le lacrime di quel ragazzino confuso e smarrito quando la mamma andò via e rimase solo con i seminaristi e i superiori. Aveva paura di non farcela e voleva ritornare a casa da mamma Maria. Non so cosa dissi e feci per distrarre e confortare il novellino, ma la serata andò per il meglio tra presentazioni, conoscenze e ricreazione improvvisata nei corridoi».
Nel seminario di Ugento iniziò una nuova vita. Gli anni di permanenza in questo ambiente di formazione culturale e spirituale furono cinque. Qui Tonino frequentò i tre anni delle medie e i due delle superiori. Il suo impegno nello studio e in tutte le attività comunitarie richiamarono l’attenzione dei superiori i quali, compiaciuti per le doti di quel ragazzo, non ebbero grandi difficoltà a prevedere per lui un futuro ricco di grandi soddisfazioni.
Erano quelli gli anni della adolescenza. Anni difficili per la crescita di ogni ragazzo; anche Tonino attraversò quei momenti importanti e da adulto li ricorderà con queste parole: «Ricordo i miei anni del ginnasio, un mare di dubbi. Dubitato perfino della mia capacità di affrontare la vita. Che età difficile! Hai paura di non essere accettato dagli altri, della tua capacità di impatto con gli altri e non ti fai avanti. E poi problemi di crescita, problemi di cuore».
E già, problemi di cuore! Anche se questi non mancarono, non furono poi tanto pericolosi da mettere a rischio la vocazione sacerdotale. Quest’ultima era ormai evidente, Tonino aveva maturato la sua scelta. Una scelta definitiva. Una volta, in una intervista, gli chiesero se aveva mai avuto la tentazione di tornare indietro. Quale fu la risposta? Eccola: «La tentazione del ritorno sui propri passi è una tentazione di tutti. Sarei stato un anormale se non avessi avuto la tentazione a tornare indietro. Però ho visto che era molto bello dare una mano al Signore per annunciare il Regno di Dio in questo modo».
Terminati gli studi ginnasiali, Tonino si trasferì al seminario regionale di Molfetta per compiere i tre anni di liceo. Qui conseguì la maturità a pieni voti ma con gli occhi di tutti gli insegnanti puntati su di lui. Persino il vescovo di Ugento, monsignor Ruotolo, constatò di persona l’intelligenza e la cultura di Tonino, e pensò di trasferirlo a Bologna, presso il seminario Onarmo, a studiare Teologia.
Il seminario Onarmo differisce dagli altri per il semplice motivo che prepara i futuri sacerdoti ad avere contatti con il mondo operaio, una realtà, questa, delicata ed importante. In quel periodo, inoltre, arcivescovo di Bologna era il cardinale Lercaro, un nome abbastanza conosciuto negli ambienti della Chiesa cattolica; addirittura era uno tra i più papabili alla morte di papa Giovanni XXIII. Era noto a tutti l’impegno del cardinale Lercaro per la riforma liturgica, e lo stesso Tonino, che era alla “corte” dell’arcivescovo di Bologna, di questa corrente condivideva i canoni.
L’esperienza vissuta nel capoluogo emiliano, durata cinque anni, fu decisiva e determinante per la formazione sacerdotale del giovane Bello, ormai pronto ad essere consacrato al Signore.
(continua)

Sommario
Introduzione: Un vescovo con le ali
Capitolo 1: La croce del sud
Capitolo 2: Prete a ventidue anni!
Capitolo 3: Il pane e la tenda
Capitolo 4: Una Chiesa povera
Capitolo 5: Il nome della Pace
Capitolo 6: Nella Città dell’Uomo
Capitolo 7: Una crisi di cuori
Capitolo 8: Anche gli Albanesi...
Capitolo 9: All’inferno e ritorno
Capitolo 10: «Suonate le campane!»
Conclusione: La Voce della Povertà

La presente biografia è stata pubblicata a puntate sul periodico l'altra Molfetta, da dicembre 1995 a novembre 1996. Successivamente i testi, ampliati e approfonditi dallo stesso autore, sono stati pubblicati (con una ricca documentazione fotografica) in volume edito da Luce e Vita nella Collana Quaderni.

Sergio Magarelli



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