Il 4 luglio 1958, durante una gita in canoa, Karol Wojtyła ricevette la notizia che Papa Pio XII lo nominò vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi di Cracovia. A 38 anni, Karol Wojtyła divenne il più giovane vescovo polacco.
Era l’anno 1958. Con un gruppo di appassionati di canoa mi trovavo sul treno diretto a Olsztyn. Eravamo in procinto di iniziare le vacanze secondo il program¬ma praticato sin dal 1953: una parte delle ferie la passavamo in montagna, il più spesso sui Bieszczady, e una parte ai laghi di Masuria. Nostra meta era il fiume Lyna. Proprio per questo ci trovavamo sul treno diretto a Olsztyn; era il mese di luglio. Rivolgendomi a colui che fungeva da «ammiraglio» - per quel che ricordo era allora Zdzislaw Heydel - dissi: «Zdzislaw, tra poco dovrò lasciare la canoa, perché mi ha chiamato il primate [dopo la morte, nel 1948, del cardinale August Hlond, primate era il cardinale Stefan Wyszynski] e devo presentarmi da lui».
L’«ammiraglio» mi rispose: «D’accordo, ci penso io».
E così, quando giunse il giorno stabilito, lasciammo il gruppo per raggiungere la stazione ferroviaria più vicina, Olsztynek.
Sapendo di dovermi presentare al cardinale primate nel corso della traversata sul fiume Lyna, previdentemente avevo lasciato a Varsavia da certi conoscenti la veste talare festiva. Sarebbe stato infatti difficile andare dal primate con la talare che portavo con me durante le spedizioni in canoa (nelle gite avevo sempre con me una veste talare e i paramenti per la celebrazione della Santa Messa).
Così dunque mi avviai, prima sulle onde del fiu¬me con la canoa e poi su di un camion carico di sacchi di farina, verso Olsztynek. Il treno per Varsavia partiva a tarda notte. Avevo perciò preso con me il sacco a pelo, pensando di schiacciare un pisolino in stazione in attesa del treno: qualcuno, da me avvertito, mi avrebbe svegliato. Ma non ce ne fu bisogno, perché non dormii affatto.
A Varsavia mi presentai all’ora stabilita all’episcopio, in via Miodowa, dove constatai che, insieme con me, erano stati chiamati altri tre sacerdoti: don Wilhelm Pluta della Slesia, il parroco di Bochnia nella diocesi di Tarnòw, don Michal Blecharczyk, e don Jòzef Drzazga di Lublino. Sul momento non ci feci ca¬so. Solo più tardi capii che il motivo per cui eravamo stati convocati era lo stesso.
Entrato nello studio del primate, il cardinale Stefan Wyszynski, seppi da lui che il Santo Padre mi aveva nominato vescovo ausiliare dell’arcivescovo di Cracovia. Nel febbraio di quello stesso anno, infatti, era deceduto il vescovo Stanislaw Rospond, che era stato per molti anni ausiliare a Cracovia, al tempo in cui ordinario dell’arcidiocesi era il principe metropolita cardinale Adam Sapieha.
Udendo le parole del primate che mi annunziava la decisione della Sede Apostolica, esclamai: «Eminenza, io sono troppo giovane, ho appena 38 anni».
Ma lui replicò: «È una debolezza di cui si libererà presto. La prego di non opporsi alla volontà del Santo Padre».
Dissi allora soltanto una parola: «Accetto».
«Allora andiamo a pranzo» concluse il primate. Il cardinale Wyszynski ci aveva invitato a pranzo tutti e quattro. Venni così a sapere che don Wilhelm Pluta era stato nominato vescovo di Gorzòw Wielkopolski, che era allora la più grande amministrazione apostolica del paese. Comprendeva Szczecin e Kolobrzeg, una delle diocesi più antiche (era stata eretta nell’anno 1000, contemporaneamente alla metropoli di Gniezno, di cui facevano parte, oltre a Kolobrzeg, Cracovia e Wroclaw). Don Jòzef Drzazga era stato no¬minato vescovo ausiliare a Lublino (successivamente passò a Olsztyn) e don Michal Blecharczyk a Tarnòw, lui pure come vescovo ausiliare.
Dopo quell’udienza, così importante per la mia vita, mi resi conto che non potevo tornare subito dagli amici e dalla mia canoa: dovevo prima recarmi a Cracovia per informare l’arcivescovo Eugeniusz Baziak, mio ordinario. In attesa di prendere il treno notturno che mi avrebbe portato da lui, per molte ore pregai nella cappella delle suore orsoline a Varsavia, in via Wislana.
L’arcivescovo Baziak, metropolita di rito latino di Leopoli, aveva condiviso il destino di tutti i cosid¬detti sfollati: aveva dovuto allontanarsi da Leopoli e si era stabilito a Lubaczòw, quel lembo dell’arcidiocesi di Leopoli che, dopo la conferenza di Yalta, era venuto a trovarsi entro i confini della Repubblica po¬polare di Polonia. Il principe Adam Sapieha, arcivescovo di Cracovia, un anno prima di morire aveva chiesto che l’arcivescovo Baziak, costretto ad abban¬donare la propria arcidiocesi, divenisse suo coadiu¬tore. Così, dunque, il mio episcopato si collega cronologicamente con la persona di questo presule tanto provato.
Il giorno seguente, giunto a Cracovia, mi presentai in via Franciszkanska 3 dall’arcivescovo Baziak, al quale consegnai la lettera del cardinale primate. Ricordo come fosse oggi che l’arcivescovo mi prese sottobraccio e mi introdusse nella sala d’attesa, dove erano seduti alcuni sacerdoti, e disse: «Habemus papam». Alla luce dei successivi eventi, si potrebbe dire che quelle furono parole profetiche.
Quando infine comunicai all’arcivescovo il desiderio di tornare in Masuria dagli amici che avevo lasciato sul fiume Lyna, lui mi rispose: «Questo, forse, ormai non Le si addice!»
Piuttosto rattristato da quella risposta, andai nella chiesa dei francescani e feci la Via Crucis, contemplando le stazioni dipinte da Jòzef Mehoffer. Mi re¬cavo volentieri in quella chiesa per la Via Crucis, perché mi piacevano le sue stazioni originali, moder¬ne. Poi ritornai dall’arcivescovo Baziak e rinnovai la mia richiesta: «Capisco la sua preoccupazione, eccellenza. Chiedo tuttavia che mi conceda di poter andare in Masuria».
E lui, questa volta, rispose: «Sì, sì, vada pure. La prego però» soggiunse con un sorriso «di tornare in tempo per la consacrazione».
La sera stessa, quindi, salii sul treno diretto a Olsztyn. Avevo con me il libro di Hemingway Il vecchio e il mare. Passai quasi tutta la notte a leggerlo, riuscendo ad assopirmi solo di tanto in tanto. Mi sentivo piuttosto strano.
Quando giunsi a Olsztyn, vi trovai i miei amici che vi erano arrivati percorrendo in canoa il Lyna. Alla stazione mi venne incontro l’«ammiraglio», che mi disse: «Allora, zio, L’hanno fatta vescovo?». Gli risposi di sì. E lui: «Proprio così... nel mio cuore, proprio questo immaginavo e Le auguravo». In effetti, non molto tempo prima, in occasione della celebrazione del mio decennio di sacerdozio, era stato questo il suo augurio. Il giorno della mia nomina a vescovo avevo poco meno di dodici anni di sacerdozio.
Avevo dormito poco e perciò quando arrivai ero stanco. Tuttavia, prima di andare a riposare, mi recai in chiesa per celebrare la Santa Messa. La chiesa era retta dal cappellano universitario, e futuro vescovo, don Ignacy Tokarczuk. Solo dopo potei abbandonarmi al sonno.
Quando mi svegliai, mi resi conto che la notizia della mia nomina si era ormai diffusa, perché incontrandomi don Ignacy mi apostrofò con le parole: «Dunque, nuovo vescovo, congratulazioni!».
Sorrisi e mi allontanai, per raggiungere i miei amici e recuperare la canoa. Quando mi misi a remare, mi sentii ancora una volta un po’ strano. Mi aveva colpito la coincidenza delle date: la nomina mi era stata notificata il 4 luglio, e quello era il giorno della consacrazione della cattedrale del Wawel. Questo anniversario ha sempre avuto una grande risonanza nel mio animo. Mi pareva che quella coincidenza volesse dire qualcosa. Pensavo anche che quella era forse l’ultima volta che potevo andare in canoa. In realtà, devo in¬vece annotare che ci furono ancora molte altre occasioni in cui potei remare, ritemprando le forze, nelle acque dei fiumi e dei laghi della Masuria. Praticamente, fino al 1978
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