Nuovo documento della Congregazione per il Clero: spazio ai fedeli ma coinvolgerli come «assistenti» e non «co-parroci». Il parroco sempre e solo un prete. In via eccezionale laici celebrano nozze e funerali.

Guai a mettere tariffari per le messe e gli altri sacramenti: le offerte non sono «tasse da esigere» ma un atto libero dei fedeli. E la gestione dei beni sia trasparente e commisurata sui bisogni dei poveri, non su quelli del parroco che, anzi, deve dare esempio di stile di vita sobrio. Poi il ruolo dei laici, in particolare i diaconi, che non vanno considerati «mezzi preti» o «co-parroci» ma sono da coinvolgere in attività parrocchiali (incluse nozze e funerali, laddove manchino sacerdoti) come «assistenti». Sono alcuni dei punti focali della nuova Istruzione dal titolo “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, pubblicata oggi dalla Congregazione per il Clero, promulgata il 29 giugno dopo l’approvazione del Papa.
Nessuna novità dal punto di vista legislativo è contenuta nei 124 punti della Istruzione che, ricalcando le leggi vigenti del 1997 e del 2002, vuole porre i giusti paletti a tutte quelle iniziative e scelte pastorali che, esulando dalle normative canoniche, diventano «un quid troppo soggettivo, un vero “secondo me”, a discrezione del singolo Vescovo o del singolo gruppo, con interpretazioni non di rado improprie della vita di una comunità e del ministero dei pastori».
Gli estremi di riferimento sono, da un lato, le parrocchie dove il parroco e altri sacerdoti si occupano di tutto e decidono da soli ogni cosa, relegando le altre componenti della comunità a un ruolo marginale, «al massimo da esecutori»; dall’altro, una sorta di visione «democratica» in cui la parrocchia «non ha più un pastore, ma solo funzionari che ne gestiscono i diversi ambiti», con modalità quasi «aziendali».
In quest’ottica nella nuova Istruzione vengono date indicazioni chiare sulla gestione dei beni di cui ogni parrocchia dispone. Tema sensibile e non di rado oggetto di scandali. In particolare sulle offerte per la celebrazione della Messa e degli altri sacramenti la Santa Sede chiarisce che: «Deve essere un atto libero da parte dell’offerente, lasciato alla sua coscienza e al suo senso di responsabilità ecclesiale, non un “prezzo da pagare” o una “tassa da esigere”, come se si trattasse di una sorta di “imposta sui sacramenti”».
«Non si può dare l’impressione che la celebrazione dei sacramenti, soprattutto la Santissima Eucaristia, e le altre azioni ministeriali possano essere soggette a tariffari», spiega l'Istruzione. Importante, in questo senso, che il parroco formi i fedeli, «affinché ogni membro della comunità si senta responsabilmente e direttamente coinvolto nel sovvenire ai bisogni della Chiesa, attraverso le diverse forme di aiuto e di solidarietà». Questo si rende urgente specialmente in quei Paesi dove l’offerta della Messa è l’unica fonte di sostentamento per i sacerdoti.
Tale opera di sensibilizzazione, spiega il documento, potrà procedere più efficacemente se i preti «offriranno esempi “virtuosi” nell’uso del denaro, sia con uno stile di vita sobrio e senza eccessi sul piano personale, che con una gestione dei beni parrocchiali trasparente e commisurata non su “progetti” del parroco o di un gruppo ristretto di persone, magari buoni, ma astratti, bensì sui reali bisogni dei fedeli, soprattutto i più poveri e bisognosi».
Per una corretta gestione dei beni il nuovo documento afferma che in ogni parrocchia deve necessariamente essere costituito il Consiglio per gli Affari Economici, «organismo consultivo, presieduto dal parroco e formato da almeno altri tre fedeli» (numero variabile), preferibilmente «esperti in questioni economiche e giuridiche». Compito principale di tale organismo è quello di «far crescere, all’interno delle comunità parrocchiali, la cultura della corresponsabilità» e «della trasparenza amministrativa».
Trasparenza da intendere non solo «come formale presentazione di dati, ma piuttosto come doverosa informazione della comunità, e proficua opportunità per un suo coinvolgimento formativo». Questo obiettivo si può conseguire «pubblicando il rendiconto annuale», di modo che «la comunità nel suo insieme potrà essere consapevole di come i beni sono stati amministrati, di quale sia la situazione economica della parrocchia e di quali risorse essa possa effettivamente disporre».
Nel documento si tiene conto anche delle riforme delle comunità parrocchiali e le ristrutturazioni diocesane, «già in atto o in via di programmazione». L’Istruzione si propone come «strumento per sostenere e accompagnare i diversi progetti», spiega il sottosegretario della Congregazione per il Clero, monsignor Andrea Ripa: «Non si tratta di “ingabbiarli” nella fredda schematicità di modelli precostituiti e identici per tutti, bensì di mantenerli all’interno dell’ampio alveo ecclesiale, per accompagnare un “andare insieme”».
Principio di base di questo nuovo studio, che tiene conto di esperienze e richieste pervenute alla Congregazione per il Clero dalle chiese particolari di Europa, Asia e Sud America, è che «nella Chiesa c’è posto per tutti e tutti possono trovare il loro posto». Sempre, però, nel rispetto della vocazione di ciascuno, cercando di valorizzare ogni carisma e di preservare la Chiesa da possibili derive. Una su tutte, quella di «clericalizzare» i laici o «laicizzare» i consacrati, o ancora fare dei diaconi permanenti «mezzi preti» o «super laici».
È per questo che l’Istruzione dedica ampio spazio al ruolo del parroco che - viene chiarito, o meglio, ribadito - è affidato sempre e solo a un prete. Il suo compito è la «piena cura delle anime», pertanto è «esclusa ogni possibilità» di conferire a chi fosse privo dell’Ordine del presbiterato tale ministero, «anche nei casi di carenza di sacerdoti». «Proprio per il rapporto di conoscenza e vicinanza che si richiede tra un pastore e la comunità, l’ufficio di parroco non può essere affidato a una persona giuridica», tantomeno, «a un gruppo di persone, composto da chierici e laici». «Di conseguenza, sono da evitare denominazioni come, “team guida”, “équipe guida”, o altre simili, che sembrino esprimere un governo collegiale della parrocchia».
Ciò non esclude la partecipazione attiva di diaconi, consacrati e laici nel servizio pastorale, naturalmente nel rispetto di determinati criteri. A cominciare dalla interpretazione del loro ruolo come di «assistenti» e non «co-parroci». Sulla questione del ministero dei diaconi, ad esempio, si ricordano le parole del Papa che metteva in guardia dal rischio di vederli «come mezzi preti e mezzi laici» o «come una specie di intermediario tra i fedeli e i pastori». Sono tanti invece gli incarichi ecclesiali che possono essere affidati ai diaconi, ovvero «tutti quelli che non comportano la piena cura delle anime», sottolinea l’Istruzione. Quindi il servizio della Parola, della carità (che comprende anche l’amministrazione dei beni) e della liturgia, dove il diacono è chiamato a proclamare il Vangelo e prestare servizio alla mensa eucaristica. Sui consacrati l’Istruzione chiarisce che il loro contributo alla missione della parrocchia è in primo luogo l’«essere», cioè la testimonianza evangelica, solo secondariamente il «fare», ovvero le opere compiute negli ambiti di catechesi, carità, formazione, pastorale giovanile, cura dei malati.
Per quanto riguarda i laici, la Congregazione per il Clero rimarca il loro diretto coinvolgimento nelle attività parrocchiali, in collaborazione col parroco. In via del tutto «eccezionale», nel caso di una carenza di sacerdoti, i laici potranno anche celebrare battesimi, funerali, matrimoni. «Il vescovo, a suo prudente giudizio, potrà affidare ufficialmente alcuni incarichi ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco», si legge. Potranno presiedere anche la liturgia della Parola, ma mai tenere l’omelia durante la celebrazione dell’Eucaristia.
SALVATORE CERNUZIO
FONTE: VATICAN INSIDER
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