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Svolta del Papa: stop ai tariffari per le messe. Anche i laici potranno celebrare le funzioni

Giro di vite sui «prezzi» di matrimoni, battesimi e funerali. «Basta con le parrocchie azienda»

Un matrimonio in chiesa

«La messa non si paga. Se vuoi fare un’offerta falla, ma non si paga». Bergoglio aveva già preso le distanze dai «tariffari» legati alle celebrazioni, compresi i sacramenti. Da ieri, con il convinto via libera papale, è anche scritto nero su bianco in un documento vaticano che ridefinisce ruolo e configurazione delle parrocchie: le offerte non sono «tasse da esigere» ma un atto libero dei fedeli. E alla luce della crescente carenza di preti la Santa Sede ha anche sdoganato la possibilità di far celebrare ai laici battesimi, funerali e matrimoni.

Sono prassi già avviate, non ci sono novità dal punto di vista legislativo, ma la certificazione rappresenta una svolta, sollecitata da diversi vescovi di tutti i continenti. L’Istruzione (intitolata «La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa») accelera la riforma per rendere le parrocchie più «missionarie» e meno aziendali, capaci di una maggiore attenzione alle nuove forme di povertà. Concetti-chiave del pontificato argentino, da applicare anche nell’ambito spirituale.

Così nessuna funzione religiosa, neanche la messa in suffragio dei propri cari defunti, può comportare «un prezzo da pagare, una tassa da esigere, come se si trattasse di una sorta di “imposta sui sacramenti”». Deve essere «un atto libero da parte dell’offerente, lasciato alla sua coscienza e al suo senso di responsabilità». Non si può dare l’impressione «che la celebrazione dei sacramenti», soprattutto la messa, «e le altre azioni ministeriali possano essere soggette a tariffari».

L’offerta per la messa è contemplata dal Codice di Diritto canonico, che al numero 945 recita: «È lecito ad ogni sacerdote ricevere l’offerta data affinché applichi la messa secondo una determinata intenzione». Ma subito dopo precisa: «È raccomandato di celebrare la messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei poveri, anche senza ricevere alcuna offerta». Non di «tariffa» o «pagamento» si tratta, dunque, bensì di offerta, da non richiedere a chi abbia difficoltà economiche. Ma nel corso del tempo in alcune diocesi del mondo sono state date «indicazioni di massima», «offerte suggerite» con cifre specificate, diciture poi facilmente trasformate da molti parroci in elenchi di «costi» da sostenere a seconda della cerimonia. Il nodo è stato più volte sollevato. Ora c’è un altolà ufficiale fissato Oltretevere.

Inoltre, il sacerdote è tenuto a dare l’esempio di sobrietà e di virtù «nell’uso del denaro». Per prevenire gli scandali capitati in troppe sacrestie. In altre parole, la gestione dei beni della parrocchia deve essere trasparente, e commisurata innanzitutto sulle necessità dei poveri.

Poi c’è la questione della scarsezza di preti. La situazione italiana è emblematica. In tre decenni il corpo sacerdotale si è ridotto del 16%. A maggio 2019 erano presenti 32.036 preti diocesani. Nel 1990 il clero diocesano era composto da oltre 38mila tonache. Sono i dati sugli ultimi trent’anni (1990-2019) dell’Istituto centrale per il Sostentamento del Clero, forniti a La Stampa da Franco Garelli, sociologo delle Religioni. Così in un terzo delle 25.610 parrocchie italiane in trent’anni si è passati da un unico pastore a una gestione collegiale di più preti occupati in più parrocchie, oppure a un unico parroco condiviso con altre parrocchie. Questo vuoto che allarma i Sacri Palazzi adesso può portare, in via «eccezionale», a far celebrare anche i laici. Se ne potranno vedere sempre di più sull’altare ai battesimi e funerali. Il vescovo «potrà affidare alcuni incarichi ai diaconi, alle persone consacrate e ai laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco», si legge nell’Istruzione. Potranno presiedere la Liturgia della Parola là dove non si può celebrare la messa per mancanza di preti; ma non potranno «tenere l'omelia durante l’Eucaristia». Inoltre, «il vescovo può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni». E anche delle suore, come è accaduto per esempio in Australia.

Domenico AGASSO JR

FONTE: VATICAN INSIDER 

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