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Perché i giovani adoravano San Giovanni Paolo II?

Perché i giovani amavano San Giovanni Paolo II, che sosteneva e difendeva principi in aperta e radicale antitesi alla mentalità del mondo? A questo interrogativo cerca di offrire una risposta una giovane di ventun anni, profondamente appassionata e grande conoscitrice del santo Papa polacco. “Divoro i suoi libri dalla prima liceo”, confida con la luce negli occhi. Dunque, a lei la parola…


“Perché i giovani adoravano Giovanni Paolo II?”, questo interessante interrogativo venne posto, in occasione della beatificazione di Karol Wojtyla, al noto ed accorto psichiatra e giornalista spagnolo Joaquín Navarro – Valls, il quale, per rispondere in una modalità viva ed esauriente, narrò anzitutto un eloquente ed icastico episodio.

Al termine di un gioioso ed arricchente incontro tra i giovani e il Papa, una ragazza tra i 18 e 19 anni irruppe improvvisamente in un pianto intenso, struggente e liberatorio, così evidente ed eclatante da indurre persino il discreto giornalista a domandare, con la sua consueta e proverbiale grazia, a cosa fossero dovute quelle lacrime. La pronta risposta a tale quesito fu: “perché lui è un santo, e io sono un disastro”.

Quel pianto e quelle lacrime, lungi dall’assumere una mesta e cupa connotazione negativa, rappresentavano la più credibile ed efficace testimonianza di come lo sguardo ed i vocaboli benevoli e benedicenti incarnati e proferiti dal Pontefice, nonché la tangibile narrazione profetica ottimistica e positiva che essi custodivano, avessero raggiunto e curato persino le ferite interiori più laceranti, profonde, dolorose e sanguinanti dell’adolescente, guarendo, trasformando e salvando così la sua esistenza.

Le parole del Papa, così positive e benedicenti, non avevano, infatti, provocato nel tenerissimo e fragilissimo cuore di quella giovane, impietosamente affranto, sentimenti respingenti, di autodifesa o sterili sensi di colpa, bensì la lieta e concreta speranza che poteva originarsi per lei una vita nuova.

Karol, con la potenza di autentiche parole di vita e la profonda intensità di sguardi che profumavano di Cielo, le aveva consegnato il dono più prezioso: una reale e metamorfica esperienza d’amore gratuito, in grado di risanare persino le ferite più occulte, recondite e profonde del suo animo ferito e ferente. Si era reso tangibile quello stupendo principio colmo di verità e bellezza che Papa Giovanni Paolo II stesso testimoniava ed amava ricordare: “il vero amore non apre ferite, le cura”.

La ragazza, proprio grazie a tale esperienza d’amore e di fiduciosa predilezione (che l’aveva resa maggiormente consapevole delle proprie fragilità, senza però farla assolutamente sentire in alcun modo giudicata, sbagliata, umiliata, sola e ferita, ma al contrario, compresa e sostenuta nonché infinitamente ed incondizionatamente amata), si rese conto di poter aspirare ad un’esistenza luminosa, nuova e felice, dunque prospera e feconda.

Quel pianto costituiva, dunque, il pragmatico riconoscimento e la decisiva scoperta di una nuova rotta, il cui principio si era prepotentemente manifestato mediante una modalità squisitamente esauriente ed umana: le lacrime.

La risposta è, dunque, straordinaria e semplice allo stesso tempo: i giovani lo amavano perché lo capivano. Il brillante ed appassionato psichiatra e giornalista cartagenero, in precedenza aveva rivolto il medesimo quesito ai giovani di tutto il mondo: a Toronto, Buenos Aires, Tor vergata, Manila, Santiago de Compostela… E le risposte, salvo leggere sfumature, erano sempre le medesime: “Nessuno, né nella mia famiglia, né a scuola, né nel mio ambiente, mi aveva detto ciò che dice lui. E ha ragione.”

Curiosamente, i principi che egli incarnava, sosteneva e difendeva si ponevano in aperta e radicale antitesi alla mentalità del mondo: perché allora, nonostante questo, i giovani potevano affermare con salda e motivata certezza che avesse ragione?

Perché, a differenza di “educatori” totalmente privi di valore ed entusiasmo, sterili ed aridi, in quanto portavoce di un’etica profondamente negativa ed infeconda (e per questo poco utili ed efficaci), Giovanni Paolo II era un audace, intrepido, convinto testimone e dispensatore di una concezione affermativa, benedicente e propositiva della vita.

Non lusingava i giovani, inebriandoli con superficiali e fugaci elogi. Era esigente, ma anche in grado di affrontare con immensa ed inedita delicatezza e competenza persino i temi più ardui e complessi, quali ad esempio: la contraccezione, l’aborto e l’intimità prematrimoniale, illustrandoli e proponendoli sempre in un’ottica intrinsecamente ed estremamente positiva e propositiva.

San Giovanni Paolo II, dunque, era amato dai giovani perché sapeva rendere affascinante, viva, vivificante ed appassionante la virtù.

CRISTIANA MALLOCCI

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