Il 22 ottobre la Chiesa festeggerà il ricordo di Giovanni Paolo II, alla gloria degli altari come Santo.
Un uomo, soprattutto. Un uomo poi divenuto Papa. Immensa figura, poliedrica, e soprattutto grande profeta fin dalla sua elezione come Pontefice. Sempre forti rimangono quelle sue parole della Omelia di inizio pontificato: “Non abbiate paura!”. Forse, in quello che poi è divenuto – oseremo dire – il leitmotiv di tutto il suo Pontificato, è possibile intravedere il monito davanti ai rischi che i tempi stanno evidenziando, purtroppo, sempre più: la paura di amare, la paura di aprirsi all’altro, la paura di generare la Vita.
E questa apertura, questa stessa idea “dell’aprirsi”, o meglio, la stessa parola, diviene così interessante che è bene soffermarsi un attimo su questa. Etimologicamente abbiamo di fronte una “a”(alfa) privativa, e un verbo dopo “operire” (che in latino ha significato di “chiudere”): dunque, abbiamo “non-operire”, non chiudere…e, volendo fare, un gioco di parole perché non continuare con appunto il termine “non morire”?
Eccola la grande sfida dell’Oggi, il non morire davanti alle sfide che ci vengono date da una società che sempre più predilige la cultura della morte, a dispetto della Vita. E il messaggio di Giovanni Paolo II ci invita proprio a questo, ed ora che siamo prossimi alla sua festa, ribadirlo e ripercorrere – per un istante – la sua prolifica attività in merito a questo tema non è mai male, anche per poter avere spunti sull’Oggi. Per poterci confrontare con l’idea di un Papa-Uomo che, forse, ha ancora tanto, tanto da dirci.
Primo, fra i tanti documenti su cui “planeremo” sopra è l’omelia del 7 ottobre 1979, a Washington. Un piccolo passo di questo discorso vale per esortarci all’impegno non solo come cattolici, ma come persone appartenenti a una società: “La vita umana non è soltanto un’idea o un’astrazione; la vita umana è la realtà concreta di un essere che è capace di amore e di servizio all’umanità. (…)Se il diritto alla vita di una persona viene violato al momento in cui viene concepita nel seno materno, un colpo indiretto viene inflitto a tutto l’ordine morale, che ha per scopo i beni inviolabili dell’uomo. La Chiesa difende il diritto alla vita, non solo per rispetto alla maestà di Dio, primo Datore di questa vita, ma anche per rispetto al bene essenziale della persona umana”.
E’ straordinario come Giovanni Paolo II, in questo passo, fa sì riferimento (ovvio, da Capo della Chiesa, e potremmo dire ancor prima come sacerdote) a Dio, ma è importante sottolineare come la sua attenzione sia rivolta all’aspetto antropologico-sociale della difesa della Vita. Non ne fa un discorso di religione, di Fede e basta, cerca di andare nel profondo della questione. Con quei “beni inviolabili dell’uomo”, non parla solo di Dio, ma della stessa condizione esistenziale e civile dell’Uomo stesso.
Il discorso, qui, si fa – potremmo dire – “orizzontale”. La Vita diviene importante per il “servizio all’umanità”, la difesa è “della persona” che va salvaguardata per il bene della Società, per il Bene Comune.
Forse, potrebbe, essere questa la sfida dei nostri giorni: rifondare prima di tutto una Società (che vede molteplici valori dell’Uomo ormai dimenticati) e, di conseguenza, avere così l’opportunità di difendere la Vita.
Antonio Tarallo
Fonte: Notizieprovita.it
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