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La Messa del Papa per i defunti: “Chiediamo a Dio il dono della speranza”

La Celebrazione nel Cimitero Teutonico: «Io non vedo l’aldilà, ma Dio ci attira verso la vita, verso la gioia eterna». Oggi «preghiamo specialmente per le vittime del coronavirus»

Al termine della Messa nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti papa Francesco va nelle Grotte della Basilica Vaticana per un momento di preghiera in privato, per i Pontefici defunti. Nella foto Bergoglio sosta davanti alla tomba di San Paolo VI


Ci sono tante «cose brutte che ci portano a disperare, a credere che tutto sarà una sconfitta finale, che dopo la morte non c'è nulla». Perciò bisogna chiedere a Dio «il dono della speranza. Io non vedo l’aldilà», ma il Signore «ci attira verso la vita, la gioia eterna». Papa Francesco lo afferma durante l’omelia nella «Commemorazione di tutti i fedeli defunti». Il Pontefice celebra la Messa nella chiesa del Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria in Camposanto, in Vaticano, senza la partecipazione dei fedeli (presenti nella cappella solo alcuni prelati e suore). Oggi «preghiamo per tutti i #FedeliDefunti e specialmente per le vittime del #coronavirus: per coloro che sono morti da soli, senza la carezza dei loro cari; e per tutte le persone che hanno donato la vita nel servizio agli ammalati», twitta in questo 2 novembre 2020 Jorge Mario Bergoglio.

Nel pensiero di «tanti fratelli e sorelle che se ne sono andati, ci farà bene guardare i cimiteri e guardare su. E ripetere, come Giobbe: “Io so che il mio Redentore è vivo, e io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. E questa è la forza che ci dà la speranza, questo dono gratuito che è la virtù della speranza. Che il Signore la dia a tutti noi», dice Francesco nella predica. Quando più «Giobbe è giù, giù, giù, c’è quell’abbraccio di luce e calore che lo assicura: Io vedrò il Redentore. Con questi occhi lo vedrò. “Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”». Questa certezza, nel momento «proprio quasi finale della vita, è la speranza cristiana. Una speranza che è un dono: noi non possiamo averla. È un dono che dobbiamo chiedere: “Signore, dammi la speranza”. Ci sono tante cose brutte che ci portano a disperare, a credere che tutto sarà una sconfitta finale, che dopo la morte non ci sia nulla... E la voce di Giobbe torna, torna: “Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Io lo vedrò, io stesso”, con questi occhi». La speranza «”non delude”, ci ha detto Paolo. Ci attira e dà un senso alla nostra vita. Io non vedo l’aldilà, ma la speranza è il dono di Dio che ci attira verso la vita, verso la gioia eterna. La speranza è un’ancora che noi abbiamo dall’altra parte, e noi, aggrappati alla corda, ci sosteniamo. “Io so che il mio Redentore è vivo e io lo vedrò”». E questo, bisogna «ripeterlo nei momenti di gioia e nei momenti brutti, nei momenti di morte, diciamo così». 

Ribadisce il Pontefice: «Questa certezza è un dono di Dio, perché noi non potremo mai avere la speranza con le nostre forze. Dobbiamo chiederla. La speranza è un dono gratuito che noi non meritiamo mai: è dato, è donato. È grazia». 

Terminata la Messa, papa Francesco esce nell'attiguo Camposanto, accompagnato dal rettore monsignor Hans-Peter Fischer, per visitare le sepolture e sostare brevemente in preghiera.

Poi, va nelle Grotte della Basilica di San Pietro per un momento di preghiera in privato, per i Pontefici defunti.

DOMENICO AGASSO JR


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