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Il Papa celebra la Giornata dei Poveri: “Il cristiano che non rischia si mummifica”

E ricorda l’esempio di don Roberto Malgesini. Messa a San Pietro con un centinaio di indigenti e volontari. All’Angelus preghiera per la pace in Costa d’Avorio e per le vittime dell’incendio in un ospedale Covid in Romania.



L’esempio universale è don Roberto Malgesini, il sacerdote accoltellato a Como due mesi fa, che non perdeva tempo a fare «teorie» ma trascorreva le giornate a «tendere la mano ai tanti poveri che quotidianamente incontrava, perché in ognuno di loro vedeva Gesù». Nell’odierna Giornata Mondiale dei Poveri, parlando dei cristiani che possono definirsi realmente tali solo quando «rischiano» e non quando si attaccano a regole e comandamenti finendo per «mummificarsi», Papa Francesco ricorda la testimonianza del giovane prete assassinato da un senzatetto con problemi psichici. Uno dei tanti indigenti a cui prestava aiuto. 

Francesco celebra la ricorrenza, istituita nel 2016 a conclusione del Giubileo della Misericordia, nella Basilica di San Pietro con una messa asciutta - trasmessa in streaming - alla presenza di un centinaio tra poveri, volontari e benefattori, tutti distanziati e in mascherina. Numeri minimi rispetto alle 20mila persone che ogni anno affollavano la funzione, 1500 delle quali si spostavano subito dopo in Aula Paolo VI trasformata per l’occasione in un enorme refettorio in cui consumare il pranzo fianco a fianco con il Pontefice. La pandemia di coronavirus ha costretto a sospendere questi segni caratteristici, sostituiti però con una serie di tamponi e vaccini anti-influenzali effettuati a centinaia di clochard, rifugiati, disoccupati, nell’Ambulatorio medico sotto il Colonnato di San Pietro.

Gesti concreti che rendono effettivo quello spirito di «servizio» che è essenza della vita, come dice Francesco nell’omelia. «Alla fine della vita, tramonterà la finzione del mondo, secondo cui il successo, il potere e il denaro danno senso all’esistenza, mentre l’amore, quello che abbiamo donato, emergerà come la vera ricchezza».

«Non serve per vivere chi non vive per servire», ripete il Papa più volte. E annovera i «tanti servi fedeli di Dio, che non fanno parlare di sé» ma che questo concetto l’hanno interiorizzato e messo in pratica. Il primo è don Malgesini: «Questo prete non faceva teorie; semplicemente, vedeva Gesù nel povero e il senso della vita nel servire. Asciugava lacrime con mitezza, in nome di Dio che consola. L’inizio della sua giornata era la preghiera, per accogliere il dono di Dio; il centro della giornata la carità, per far fruttare l’amore ricevuto; il finale, una limpida testimonianza del Vangelo. Aveva compreso che doveva tendere la sua mano ai tanti poveri che quotidianamente incontrava, perché in ognuno di loro vedeva Gesù».

È questo un esempio dello «stile del servizio» spiegato dal Vangelo di oggi con la parabola dei talenti: «I servi bravi sono quelli che rischiano. Non sono cauti e guardinghi, non conservano quel che hanno ricevuto, ma lo impiegano», sottolinea il Papa. «Perché il bene, se non si investe, si perde; perché la grandezza della nostra vita non dipende da quanto mettiamo da parte, ma da quanto frutto portiamo. Quanta gente passa la vita solo ad accumulare, pensando a stare bene più che a fare del bene. Ma com’è vuota una vita che insegue i bisogni, senza guardare a chi ha bisogno! Se abbiamo dei doni, è per essere doni».

«È triste - osserva Francesco - quando un cristiano gioca sulla difensiva, attaccandosi solo all’osservanza delle regole e al rispetto dei comandamenti. Cristiani misurati che mai danno un passo fuori le regole…. Questi che si prendono cura di se stessi da non rischiare mai, cominciano un processo di mummificazione dell’anima e finiscono come mummie», aggiunge a braccio. «La fedeltà a Gesù non è solo non commettere errori. È negativo questo».

Papa Francesco mette in guardia anche da un’altra «tentazione» che è quella del «magari»: «Troppe volte, guardando alla nostra vita, vediamo solo quello che ci manca. Allora cediamo alla tentazione del “magari!”: magari avessi quel lavoro, magari avessi quella casa, magari avessi soldi e successo, magari non avessi quel problema, magari avessi persone migliori attorno a me!… L’illusione del “magari” ci impedisce di vedere il bene e ci fa dimenticare i talenti che abbiamo. Sì, tu non hai quello, ma hai questo. Ma Dio ce li ha affidati perché conosce ognuno di noi e sa di cosa siamo capaci; si fida di noi, nonostante le nostre fragilità». 

L’omelia del Papa si conclude con un appello per i poveri: sono loro i «banchieri» in cui investire i beni ricevuti, «essi ci garantiscono una rendita eterna e già ora ci permettono di arricchirci nell’amore. Perché la più grande povertà da combattere è la nostra povertà d’amore». In vista del Natale, Papa Bergoglio esorta dunque ad una seria riflessione: «Si avvicina il tempo del Natale, il tempo delle feste. Quante volte, la domanda che si fa la gente è: “Cosa posso comprare? Cosa posso avere di più? Devo andare nei negozi a comprare”. Diciamo l’altra parola: “Cosa posso dare agli altri?”. Per essere come Gesù, che ha dato sé stesso e nacque proprio in quel presepio». 

Un invito che il Papa rilancia nell’Angelus dalla finestra del Palazzo Apostolico. Da Dio abbiamo ricevuto un «patrimonio»: come esseri umani, «la vita stessa e le diverse facoltà fisiche e spirituali»; come discepoli di Cristo «la fede, il Vangelo, lo Spirito Santo, i Sacramenti». Sono doni che dobbiamo utilizzare «per operare il bene in questa vita, come servizio a Dio e ai fratelli», perché «al termine della nostra esistenza, nel giudizio personale, Dio premierà col Paradiso, con la vita eterna, coloro che avranno utilizzato i suoi doni nel fare il bene. Se invece io cerco di “fare il furbo”, tenendo i talenti chiusi in cassaforte, mi escludo da solo dalla festa di Dio, che è la festa dell’Amore». Ciò non significa che dobbiamo giudicare gli altri: «esaminiamo noi stessi», ammonisce Bergoglio, e «non dimentichiamo che Dio può salvare il peggiore dei peccatori». 

Papa Francesco rimarca poi l’imperativo che è il tema della Giornata dei Poveri di quest’anno: «Tendi la mani al povero»: «Tendi la tua mano… C’è gente che ha bisogno di te, non essere egoista! Tante volte pensiamo che essere cristiani è non fare del male. Non fare del male è buono, ma non fare del bene non è buono. C’è tanta fame, anche nel cuore delle nostre città, e tante volte noi entriamo in quella logica dell’indifferenza: il povero è lì ma guardiamo dall’altra parte». 

«“Sì, ma questi preti, vescovi, che parlano dei poveri, noi vogliamo che ci parlino della vita eterna”», prosegue il Papa inscenando un dialogo immaginario con un fedele. «Guarda, i poveri sono al centro del Vangelo, è Gesù ci ha insegnato a parlare dei poveri. Hai ricevuto tante cose e tu lasci che il tuo fratello o sorella muoia di fame?».

Al termine dell’Angelus, il Papa esprime la sua solidarietà alle popolazioni delle Filippine che soffrono a causa delle distruzioni e inondazioni provocate da un forte tifone. Subito dopo rivolge un pensiero alla Costa d’Avorio che oggi celebra la Giornata nazionale della Pace «in un contesto di tensioni sociali e politiche che hanno provocato purtroppo numerose vittime». Invoca quindi «il dono della concordia nazionale» ed esorta «a collaborare responsabilmente per la riconciliazione ed una convivenza serena», in primis gli attori politici chiamati «a ristabilire un clima di dialogo nella ricerca di soluzioni giuste che tutelino il bene comune». Dal Papa, infine, una preghiera commossa per le vittime dell’incendio scoppiato in una struttura ospedaliera in Romania dove erano ricoverati pazienti Covid. «Preghiamo per loro», dice ai fedeli in piazza San Pietro, fermandosi per qualche istante in silenzio.

Salvatore CERNUZIO



https://youtu.be/VQ3gr5FkmZ8

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