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DA WOJTYLA A BERGOGLIO: LA STORIA DELLE GMG

 Quando sono nate, perché e cosa sono le Giornate mondiali della gioventù. L'intuizione di Giovanni Paolo II, le prime edizioni degli anni Ottanta, le tappe europee e quelle in America e Asia. Benedetto XVI. Infine Francesco: Rio de Janeiro (2013), Cracovia (2016) e Panama (2019). Nel 2023 l'incontro si svolgerà a Lisbona. Domenica 22 novembre il passaggio dei simboli dalla città centroamericana alla capitale portoghese.


Da Panama a Lisbona. Il Covid sgambetta le Giornate mondiali della gioventù (Gmg) ma non ha la meglio. Il passaggio delle consegne tra la città centroamericana (famosa per il Canale che unisce l'Oceano Atlantico con il Pacifico, sede della trentaquattresima Gmg, dal 22 al 27 gennaio 2019) e la capitale portoghese, era programmato nell'aprile scorso. La pandemia l'ha fatto slittare a domenica 22 novembre. In occasione della Solennità di Cristo Re dell’Universo, alle 10 il Santo Padre presiede la celebrazione eucaristica sull’altare della Cattedra della Basilica di San Pietro. Al termine, una delegazione di giovani panamensi consegna i simboli delle Gmg – la Croce e la copia dell’Icona Salus Populi Romani – a una selezionata rappresentanza di giovani portoghesi. Il grande incontro internazionale legato alla trentottesima Giornata mondiale della gioventù si svolgerà nell'agosto 2023. Scelto il tema (Maria si alzò e andò in fretta, Lc 1,39) rimangono da stabilire le date precise e i luoghi. Di certo si sa che l'evento avrebbe dovuto svolgersi nell'agosto 2022, ma la pandemia ha fatto sì che tutto venisse spostato più in là, esattamente un anno dopo.

L'INTUIZIONE DI GIOVANNI PAOLO II. E LE TANTE GENERAZIONI GMG


Tutto nasce da una grande intuizione di Karol Wojtyla che Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio hanno confermato. Interpretandola ciascuno a suo modo. Durante il Giubileo del 1983-1984 (chiamato Anno Santo della Redenzione, in memoria della morte di Gesù Cristo), la più importante celebrazione dedicata alla gioventù fu organizzata a Roma in occasione della Domenica delle Palme, il 15 aprile 1984. Più di 300.000 giovani provenienti da tutte le parti del mondo giunsero nella Città eterna per partecipare al Giubileo internazionale della gioventù. Papa Giovanni Paolo II regalò loro una croce di legno. L’anno seguente, il 1985, fu proclamato dall’Onu "Anno internazionale della Gioventù". La Chiesa cattolica organizzò un nuovo incontro internazionale per la Domenica delle Palme, il 31 marzo, che vide la partecipazione di altri 350.000 giovani che si riunirono in Piazza San Pietro. Dopo questo evento il Papa istituì la Giornata mondiale della gioventù, con cadenza annuale. Ogni due anni prima, ogni tre, da qualche tempo in qua, o anche di più, com'è accaduto causa Covid, vengono promossi incontri internazionali.

La prima Gmg si svolse nelle diocesi il 23 marzo 1986. Fu invece la capitale argentina, Buenos Aires, a ospitare il primo incontro internazionale, l'11 e il 12 aprile 1987 (900 mila partecipanti). Rileggere il calendario dei grandi raduni è come sfogliare a ritroso un libro a metà tra l'atlante geografico e un manuale di storia. Nel 1989, infatti, toccò alla Spagna che si affacciava con baldanza sullo scenario europeo. Santiago de Compostela accolse 400 mila pellegrini. Nel 1991, Czestochowa (1.200.000 giovani), in Polonia, vide arrivare, tra gli altri, 60-70 mila russi, liberi per la prima volta di uscire dai confini, ma con pochissimi spiccioli in tasca. Nell'agosto 1993, l'incontro internazionale sbarcò negli Usa di Bill Clinton (si svolse a Denver in Colorado, con 600 mila ragazzi). Nel 1995, Manila (Filippine) stabilì il record finora ineguagliato di partecipazione: tre o quattro milioni di persone, forse cinque; impossibile contare tutti con precisione certosina. Nel 1997 fu Parigi a rimanere senza fiato: un milione di presenze nella Francia culla della dea ragione, fece notizia eccome. Nel 2000 toccò a Roma, a Tor Vergata (due milioni di giovani e quelle parole diventate famose: «Cari amici vedo in voi le “sentinelle del mattino” in quest’alba del terzo millennio»); quindi nel 2002, dieci mesi dopo l’attacco alle Torre gemelle, appuntamento a Toronto in Canada (800 mila pellegrini).

«Ragionare in termini di "geopolitica" dello Spirito è corretto (Chiese locali e Stati hanno fatto a gara per ospitare le Gmg sostenendo spese non indifferenti), ma è riduttivo», osserva monsignor Renato Boccardo, 68 anni il 21 dicembre, oggi arcivescovo di Spoleto-Norcia, un prelato che le Gmg le conosce bene avendone organizzate tante quando - tra il 1992 e il 2000 - fu responsabile della sezione giovanile del Pontificio consiglio per i laici, prima di diventare organizzatore dei viaggi del Papa, nonché segretario generale del governatorato della Città del Vaticano. «Così come», prosegue, «è giusto, ma limitativo, soffermarsi su un'altra questione dibattuta, ovvero sul come questi eventi rischino di rimanere sterili fuochi di paglia se non sono preparati con cura né seguiti da incisive azioni quotidiane (e in ogni caso devo dire che, nel tempo, la pastorale giovanile ordinaria, un po' ovunque nel mondo, è migliorata molto curando di più il "prima" e il "dopo")».

DENVER, 1993: «MICHAEL JACKSON NON HA MAI PIANTO PER ME». WOJTYLA FACEVA BRECCIA NEL CUORE DI RAGAZZI 


Monsignor Boccardo suggerisce ulteriori chiavi di lettura. «L'armonico concatenarsi di celebrazioni diocesane e di incontri internazionali ha disegnato un vero e proprio catechismo dei giovani. Questo, non altro, stava davvero a cuore a Karol Wojtyla. Se si ha la pazienza di leggere i temi i messaggi papali, ci si rende conto che alcuni fili logici coerenti legano tra loro le Gmg». Quanti e quali? «Sono a parer mio almeno tre», risponde monsignor Boccardo. «Il primo è l'annuncio esplicito di Gesù Cristo, il secondo e la scoperta della dimensione ecclesiale, il terzo è l'impegno missionario. In altre parole: durante le Gmg i giovani sono invitati ad approfondire la conoscenza del Signore e del suo messaggio, sono stimolati a gustare la bellezza di fare Chiesa, diversi per provenienza lingua o cultura, ma uniti dalla comune professione di fede e, in ultimo, sono sollecitati a riflettere sul dovere di trasmettere ad altri quanto hanno appreso e vissuto».

«Proprio perché fedeli a queste caratteristiche iniziali», continua monsignor Boccardo, «le Gmg hanno affinato linguaggio e moduli organizzativi per perfezionare la loro efficacia comunicativa, mantenendo intatta la natura di festa con tanto di suoni colori e allegria. Dall’incontro internazionale svoltosi a Santiago de Compostela, per esempio, ogni programma prevede tre giorni di catechesi e un pellegrinaggio vero e proprio, a piedi. A partire dall'incontro di Denver c'è la Via Crucis, da quello di Parigi in poi l'evento è preceduto da tappe di avvicinamento nelle varie diocesi del Paese ospitante, da quello di Roma si sono moltiplicati laboratori in cui si mostra concretamente come possibile coniugare, oggi, in un’epoca postmoderna fede cristiana ed età giovanile. E sempre dal grande appuntamento nella capitale italiana si offre ai giovani la possibilità di momenti dedicati alla riconciliazione e al perdono: indimenticabile il Circo Massimo popolato di confessionali. Dall'incontro di Toronto, infine, sono previste anche attività concrete di volontariato».

Tra i tanti ricordi personali di organizzatore dietro le quinte monsignor Boccardo ne isola due, entrambi radicati negli States. «Nel 1993 a Denver, negli Usa, si è faticato molto a far capire l'importanza del camminare. Nella nazione più ricca di via di comunicazione si è dovuto definire - tramite sorteggio - chi poteva avvicinarsi a piedi al luogo della veglia di preghiera col Santo Padre: in America le strade sono la casa inviolabile delle automobili… Ma proprio l'appuntamento di Denver ha innovato il concetto stesso di pellegrinaggio: non più verso un luogo sacro carico di storia e di significati, ma verso la presenza di Dio nel volto dell'uomo contemporaneo che abita la città moderna, tutta rumore, traffico e grattacieli. Questo nuovo sentire appassionava molto Karol Wojtyla. Sempre a Denver, salendo la scalinata che l’avrebbe portato alla sua poltrona, sul palco, il Papa si fermò a guardare la marea umana di giovani che gioivano e cantavano per lui, lasciandosi sfuggire una lacrima di commozione colta immediatamente dalle telecamere di mezzo mondo. All’indomani, i giornali americani riportarono il commento di uno dei giovani presenti che disse testualmente: “Michael Jackson non ha mai pianto per me”. Wojtyla faceva breccia nel cuore dei giovani. E loro lo sentivano vicino».

«TUTTI PAZZI PER PAPA RATZI». TRA BENEDETTO XVI E I GIOVANI È SUBITO INTESA


Quando morì Giovanni Paolo II molti scommisero che Benedetto XVI avrebbe rinunciato alle Gmg e che comunque non sarebbe riuscito a intessere dialoghi fecondi con ragazze e ragazzi di fine secolo. Lui ha stupito tutti. Tutto fu chiaro a partire da Colonia, nell’agosto 2005. Papa e giovani si cercarono e si piacquero a vicenda, pur rimanendo ciascuno sé stesso. Il Pontefice s’era confermato pronto al sorriso, capace di un’autentica, commossa partecipazione, anche se poco incline a improvvisare. I ragazzi dimostrarono una volta di più d’essere animati da un entusiasmo dalle radici profonde, in grado di metabolizzare, vincendole, l’inevitabile fatica e le difficoltà (tante, troppe per essere in Germania: dai molti pasti non consegnati ai mezzi di trasporto spesso in tilt). Quando in Roncalliplatz, ai piedi della splendida cattedrale gotica di Colonia, il volto di Ratzinger comparve per la prima volta sul maxischermo montato di fronte a un’originale gigantografia di Giovanni Paolo II, realizzata – a mo’ di puzzle – con tante piccole fotografie di ragazzi, parve che i due Papi si guardassero dritto negli occhi. Il passaggio di consegne fu sottolineato da diversi striscioni, da quello più sobrio («Joseph come Karol, amico dei giovani»), a quello più simpaticamente esagerato: «Tutti pazzi per papa Ratzi». Tre Gmg (Colonia, 2005; Sydney, 2008; Madrid, 2011). Un grosso meeting, in Italia (Loreto, 2007). Incontri dedicati a loro nei sette viaggi intercontinentali e nelle decine di altri viaggi, in Italia e in Europa. Parlando con i giovani, Benedetto XVI ha sommato i tratti propri del confidente, del parroco e del professore. Attento. Paziente. Mai superficiale. Circa le Gmg, Ratzinger ha introdotto un'ulteriore novità: l'esposizione del Santissimo Sacramento e adorazione eucaristica.

Un'immagine su tutte ha sigillato quel rapporto speciale tra lui e le nuove generazioni. Sabato 20 agosto 2011, Joseph Ratzigner stava presiendendo la veglia di preghiera della ventiseiesima Giornata mondiale della gioventù, a Madrid, in un’area grande come 48 campi di calcio, l’aeroporto Cuatro Vientos, nome pericolosamente evocativo, col senno di poi. A un certo punto il cielo rovesciò di tutto. Circondato da tre ombrelli bianchi, ma nonostante ciò flagellato dall’acqua e dal vento, Benedetto XVi non si mosse di un millimetro, lo zuccotto bianco trascinato via dalle prime raffiche, il microfono fuori uso, i fogli della riflessione quasi ridotti a poltiglia, e tuttavia determinato a star lì, ad andare avanti, saldo, a tratti addirittura sorridente. Di fronte a lui, centinaia di migliaia di giovani (due milioni, diranno alla fine i bilanci ufficiali) inzuppati fino al midollo, sotto un cielo nero attraversato da lampi, fermi al loro posto, teneri e commoventi nel loro grido ritmato, più forte dei tuoni: «Beeeee-nedicto», «Beeeee-nedicto». Ecco: il rapporto tra l’anziano teologo tedesco diventato Papa e i giovani è tutto racchiuso in quel quarto d’ora di tormenta vissuto insieme. No, Pietro non fugge, non volta le spalle a chi ha macinato chilometri e disagi per vederlo, chiedendogli di essere confermato nella fede. Il Pontefice rifiutò con garbo gli inviti a mettersi al riparo da quell’inatteso nubifragio. E i ragazzi lo incoraggiarono con canti e applausi. Un’intesa inossidabile suggellata in mondovisione. Alla fine Joseph Ratzinger si sciolse in un’impeccabile spagnolo: «Cari amici, grazie per la vostra gioia e per la vostra resistenza! La vostra forza è più grande della pioggia. Grazie! Il Signore, con la pioggia, ci ha mandato molte benedizioni. Anche con questo siete un esempio».

PAPA FRANCESCO: LA STORIA CONTINUA. «LA FEDE È RIVOLUZIONARIA. METTI CRISTO NELLA TUA VITA» 


Jorge Mario Bergoglio, infine. Il suo primo viaggio internazionale fu la ventottesima Giornata mondiale della gioventù, organizzata a Rio de Janeiro, in Brasile dal 22 al 29 luglio 2013. Il tema della Gmg era stato pensato da Benedetto XVI: “Andate e fate discepoli tutti i popoli!”. Francesco integrò il programma già abbozzato con visite nelle favelas e in centri di recupero per ragazzi in difficoltà. Si stava delineando la "Chiesa in uscita". Nei fatti. Oltre che nelle parole.

Il sentiero, papa Bergoglio lo tracciò con le prime frasi pronunciate nella cerimonia di benvenuto nel Giardino del Palazzo Guanabara: «Io non ho né oro né argento, ma porto ciò che di più prezioso mi è stato dato: Gesù Cristo!». E nell primo incontro sulla spiaggia di Copacabana aggiunse: «La fede è rivoluzionaria» perché al centro non mette più l’io ma Cristo: «Noi tutti siamo tentati molte volte» di essere il centro dell’universo, «di credere che siamo solo noi a costruire la nostra vita o che essa sia resa felice dal possedere, dai soldi, dal potere. Ma tutti sappiamo che non è così! Certo l’avere, il denaro, il potere possono dare un momento di ebbrezza, l’illusione di essere felici, ma, alla fine, sono essi che ci possiedono e ci spingono ad avere sempre di più, a non essere mai sazi». E lanciò questa esortazione: «Metti Cristo» nella tua vita, «riponi in Lui la tua fiducia e non sarai mai deluso», nella tua vita «metti fede, metti speranza, metti amore!»

Papa Francesco scuote i giovani con un linguaggio diretto, con immagini che colpiscono. Alla Gmg di Cracovia, il 30 luglio 2016, li tira giù dal divano. «Credere che per essere felici abbiamo bisogno di un buon divano! Un divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben sicuri. Un divano, come quelli che ci sono adesso, moderni, con massaggi per dormire inclusi, che ci garantiscano ore di tranquillità per trasferirci nel mondo dei videogiochi e passare ore di fronte al computer. Un divano contro ogni tipo di dolore e timore. Un divano che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci. La “divano-felicità” è probabilmente la paralisi silenziosa che ci può rovinare di più, che può rovinare di più la gioventù». 

A Panama, il 27 gennaio 2019, scandisce forte e chiaro: «Essere giovani» non è «sinonimo di sala d'attesa per chi aspetta il turno della propria ora. E nel 'frattanto' di quell'ora, inventiamo per voi o voi stessi inventate un futuro igienicamente ben impacchettato e senza conseguenze, ben costruito e garantito con tutto ben assicurato», «un futuro da laboratorio», «è la finzione della gioia». «Cari giovani», affermò allora Bergoglio, «non siete il futuro, ma il presente, non siete il futuro di Dio ma l'adesso di Dio». Una promessa. Una consegna.

Alberto CHIARA


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