Migliaia di bambini con piccoli zaini sulle spalle, passi leggeri e cuori pieni di gioia cammineranno insieme verso il Giubileo dei Bambini (che si terrà il 24-25 maggio 2025). Sono pellegrini di speranza, testimoni della purezza e della fiducia che noi adulti rischiamo di dimenticare. Ma che cosa significa davvero questo viaggio per loro? E noi, che cosa possiamo imparare dai bambini?
Un anno di gioia e speranza
Quello che è appena iniziato è un anno all’insegna della gioia e della speranza e potremmo quasi dire che gioia e speranza sono i tratti caratteristici dei bambini. Papa Francesco ha pensato un Giubileo dedicato a loro, perché anche loro siano pellegrini di speranza.
Il Giubileo dei bambini è quindi l’occasione propizia per riscoprire l’importanza fondamentale dei bambini: «i bambini sono la nostra risorsa più importante e la nostra migliore speranza per il futuro» (John F. Kennedy) e per rintracciare dentro di noi quella forza inesauribile, quella luce che non smette di brillare: questo ci ricorda che anche noi siamo stati bambini e che dovremmo tornare a esserlo per saper assaporare la vita in pienezza.
Il futuro è dei bambini
Che il futuro sia iscritto nei bambini lo ha sottolineato anche papa Francesco, inaugurando, l’anno scorso, la Giornata mondiale dei bambini: «In voi, bambini, tutto parla di vita, di futuro. E la Chiesa, che è madre, vi accoglie, vi accompagna con tenerezza e con speranza. Lo scorso 6 novembre ho avuto la gioia di accogliere in Vaticano alcune migliaia di bambini di tante parti del mondo. Quel giorno avete portato un’ondata di gioia; e mi avete manifestato le vostre domande sul futuro. Quell’incontro ha lasciato un’impronta nel mio cuore e ho capito che quella conversazione con voi doveva continuare, doveva allargarsi a tanti altri bambini e ragazzi. Ed è per questo che oggi siamo qui: per continuare a dialogare, a porci domande e risposte».
Già con l’istituzione della Giornata mondiale, quindi, il Papa ha voluto mandare un messaggio chiaro: i bambini sono fonte di speranza, perché la loro sola presenza è presagio di futuro.
È come se i bambini – nella loro semplicità, immediatezza e spontaneità, nel loro attendere la realizzazione di un futuro, stando attenti però a non perdersi il presente – ci insegnino ogni giorno a farci pellegrini di speranza. E allora capiamo quanto sia profonda e quanto sia vera la frase de Il piccolo principe: «I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta».
Educare: aiutare a fiorire
Se, quindi, è certamente vero che i bambini sono dei saggi insegnanti, è altrettanto vero, tuttavia, che hanno tanto da imparare, perché sono come semi pronti a fiorire. Il compito più delicato e più prezioso che è affidato alla famiglia, alla società e alla Chiesa è proprio quello di accompagnarli a una buona fioritura: questa consapevolezza ci interpella fortemente e ci chiede l’impegno dell’educazione.
«Seminare è la mossa-base dell’arte di educare. Educare, infatti, è una lunga pazienza: oggi si getta un seme… domani si raccoglierà.
Hanno trovato in Egitto chicchi di grano risalenti ai tempi dei faraoni; qualcuno li ha seminati: dopo pochi mesi ondeggiavano spighe ripiene di ottimo frumento! Potenza del seme! Per questo l’educatore crede nel seme. Poco, tanto…, non importa: lui semina. Semina fin dai primi giorni della vita del figlio.
Semina l’amore perché senza amore non si vive.
Semina il coraggio perché la vita è sempre in salita.
Semina la speranza perché la speranza è la spinta per continuare.
Semina l’ottimismo perché l’ottimismo è il motorino d’avviamento di tutto.
Semina un buon ricordo perché un buon ricordo può diventare la maniglia a cui aggrapparsi nei momenti di sbandamento.
Semina Dio perché Dio è il basamento di ogni cosa.
L’educatore semina! Semina perché il seme è molto più di una speranza: è una garanzia» (Pino Pellegrino, Bollettino salesiano).
Da genitori, da catechisti e da educatori accompagniamo quindi i bambini in questo pellegrinaggio di speranza e soprattutto impariamo da loro a farci pellegrini di speranza nella vita di tutti i giorni.
Non dimentichiamo, infine, un “segreto” affidato dal Papa ai bambini, ma prezioso anche per gli adulti: «E adesso voglio confidarvi un segreto importante: per essere davvero felici bisogna pregare, pregare tanto, tutti i giorni, perché la preghiera ci collega direttamente a Dio, ci riempie il cuore di luce e di calore e ci aiuta a fare tutto con fiducia e serenità. Anche Gesù pregava sempre il Padre. E sapete come lo chiamava? Nella sua lingua lo chiamava semplicemente Abbà, che significa Papà (cfr. Mc 14,36). Facciamolo anche noi! Lo sentiremo sempre vicino» (Mt 18,20).
FONTE:SHALOM BLOG
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