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Il Papa: nei deserti di povertà i volontari sono segni di speranza e umanità nuova

Il cardinale Czerny, delegato da Francesco, presiede la Messa per il Giubileo del mondo del volontariato e legge l'omelia del Pontefice: al fianco di sofferenti, carcerati, giovani e anziani, “la vostra dedizione infonde speranza a tutta la società”. E soffermandosi sul Vangelo domenicale il vescovo di Roma sottolinea: “Il mondo sta in mano a potenze malvagie, che schiacciano i popoli con l’arroganza dei loro calcoli e la violenza della guerra”, ma Dio ha redento l'umanità


Spiccano le divise fluorescenti di migliaia di volontari in piazza San Pietro, mentre il cielo grigio è squarciato dai raggi del sole e l'emiciclo del Bernini viene pian piano rischiarato totalmente. Sono in trentamila a partecipare alla Messa del Giubileo del mondo del volontariato, nella prima domenica di Quaresima, e i colori variopinti dei loro giubbini creano un colpo d'occhio cromatico, dove risaltano anche i paramenti viola del tempo liturgico che conduce alla Pasqua. Ci sono oltre un centinaio di concelebranti - fra cardinali, vescovi e sacerdoti - alla liturgia presieduta dal cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, delegato dal Papa dal 14 febbraio ricoverato al Policlinico Gemelli. Ma la sua presenza spirituale nella celebrazione è simboleggiata dal drappo pontificio con lo stemma papale sulla Loggia centrale della basilica vaticana.

Grazie ai volontari, germogli di umanità nuova
L’omelia preparata da Papa Francesco, e letta dal cardinale Czerny, è centrata sull’inizio del cammino quaresimale, ma con un pensiero particolare per i volontari di tutti i continenti giunti a Roma in pellegrinaggio. A loro il Pontefice, rivolge il suo affettuoso saluto affettuoso riportato dal porporato ed esplode un fragoroso applauso. Francesco ricorda il servizio e l'impegno di quell'esercito di volenterosi al fianco di molte persone, “tanti piccoli gesti di servizio gratuito” che “nei deserti della povertà e della solitudine” fanno sbocciare “germogli di umanità nuova: quel giardino che Dio ha sognato e continua a sognare per tutti noi”.

Vi ringrazio molto, carissimi, perché sull’esempio di Gesù voi servite il prossimo senza servirvi del prossimo. Per strada e tra le case, accanto ai malati, ai sofferenti, ai carcerati, coi giovani e con gli anziani, la vostra dedizione infonde speranza a tutta la società.


Gesù apre la via attraverso il deserto
Commentando il Vangelo domenicale, il Papa si sofferma sulle tentazioni che Gesù affronta nel deserto, dove è “condotto dallo Spirito”. Questo luogo in cui “l’uomo sperimenta la propria indigenza materiale e spirituale, il bisogno di pane e di parola”, è uno “spazio” che Cristo “attraversa e trasforma per noi”. Perché in quel “luogo del silenzio” che “diventa ambiente dell’ascolto”, l’ascolto è “messo alla prova” e allora “occorre scegliere a chi dare retta tra due voci del tutto contrarie”. Nel deserto Gesù sperimenta la fame ed è tentato dalla parola del diavolo, ma la respinge.

Pure noi siamo tentati, ma non siamo soli: con noi c’è Gesù, che ci apre la via attraverso il deserto. Il Figlio di Dio fatto uomo non si limita a darci un modello nel combattimento contro il male. Ben di più: ci dona la forza per resistere ai suoi assalti e perseverare nel cammino.

L’inizio della tentazione
Nel testo dell’omelia, Francesco spiega le “tre caratteristiche della tentazione di Gesù e anche della nostra: l’inizio, il modo, l’esito” ed invita ciascuno a confrontare “queste due esperienze” per trovare sostegno nel proprio “itinerario di conversione”. Specifica, poi, riguardo l’inizio della tentazione, che Cristo “va nel deserto non per spavalderia, per dimostrare quanto è forte, ma per la sua filiale disponibilità verso lo Spirito del Padre”, mentre “la nostra tentazione, invece, è subita: il male precede la nostra libertà, la corrompe intimamente come un’ombra interiore e un’insidia costante”.

Mentre chiediamo a Dio di non abbandonarci nella tentazione, ricordiamoci che Egli ha già esaudito questa preghiera mediante Gesù, il Verbo incarnato per restare con noi, sempre. Il Signore ci è vicino e si prende cura di noi soprattutto nel luogo della prova e del sospetto, cioè quando alza la voce il tentatore.

Quest’ultimo “è padre della menzogna, corrotto e corruttore”, chiarisce il Pontefice, “perché conosce la parola di Dio, ma non la capisce. Anzi, la distorce”. È ciò che ha fatto “dai tempi di Adamo, nel giardino dell’Eden” e che fa con “Gesù, nel deserto”.

Il demonio vorrebbe far credere che Dio è lontano da noi
Quanto al “modo col quale Cristo viene tentato” riguarda la “relazione con Dio, il Padre suo”. “Il diavolo è colui che separa, il divisore”, aggiunge il Papa, tenta Gesù provocandolo in quanto Figlio di Dio. Cristo, invece, “è colui che unisce Dio e uomo”, è “il mediatore”. E se “nella sua perversione, il demonio vuole distruggere questo legame”, Gesù ne fa “una relazione che coinvolge tutti, senza escludere nessuno” e che “condivide nel mondo per la nostra salvezza”. All’uomo, al contrario, il diavolo cerca di far credere “che Dio non è davvero nostro Padre; che in realtà ci ha abbandonati”.

Satana mira a convincerci che per gli affamati non c’è pane, tanto meno dalle pietre, né gli angeli ci soccorrono nelle disgrazie. Semmai, il mondo sta in mano a potenze malvagie, che schiacciano i popoli con l’arroganza dei loro calcoli e la violenza della guerra. Proprio mentre il demonio vorrebbe far credere che il Signore è lontano da noi, portandoci alla disperazione, Dio viene ancora più vicino a noi, dando la sua vita per la redenzione del mondo.


Gesù ha vinto il male e ci ha redenti
Gesù “vince il male”, questo è “l’esito delle tentazioni”, conclude Francesco, “respinge il diavolo, che tuttavia”, come si legge nel Vangelo, “tornerà a tentarlo ‘al momento fissato’”, ossia quello in cui “sul Golgota, ancora una volta sentiremo chiedere a Gesù: ‘Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce’”. Ma “nella sua Pasqua di morte e risurrezione” Cristo sconfigge definitivamente “il tentatore”. Noi, invece, non sempre siamo capaci di vincere le tentazioni.

Davanti alla tentazione, noi talvolta cadiamo: siamo tutti peccatori. La sconfitta, però, non è definitiva, perché Dio ci solleva da ogni caduta con il suo perdono, infinitamente grande nell’amore. La nostra prova non finisce dunque con un fallimento, perché in Cristo veniamo redenti dal male.

In pratica, Gesù “apre per noi questa strada nuova, di liberazione e di riscatto”, sintetizza il Papa, e, seguendolo “con fede”, “da vagabondi diventiamo pellegrini”.

Nelle preghiere dei fedeli, tra le invocazioni a Dio, quelle in hindi per le "comunità cristiane", perché "vivendo un generoso servizio all'umanità ferita, possano resistere sempre alle tentazioni del maligno"; in francese per i governanti, perché "cercando sempre il bene comune, vivano il loro mandato nella giustizia e nella verità"; e in tedesco per i volontari, perché "donandosi senza riserve al prossimo, sperimentino la forza dello Spirito e la gioia che viene dalla carità".

A chiusura della Messa, infine, il canto dell' Ave, Regina Caelorum e dell'Inno del Giubileo Pellegrini di speranza.

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

FONTE: VATICAN NEWS

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