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Il Papa: mi sento sostenuto da tutti. Prego per la pace, da qui la guerra è ancora più assurda

Per la terza domenica di fila, Francesco, ricoverato al Gemelli, non guida la preghiera dell’Angelus. Diffuso un testo scritto in cui ringrazia per le cure ricevute dai medici e per l’affetto dimostrato dai fedeli: “Avverto nel cuore la ‘benedizione’ che si nasconde dentro la fragilità”. Appello per la pace in Ucraina, Medio Oriente, Myanmar, Sudan, Kivu


Le finestre del decimo piano del Policlinico Gemelli rimangono chiuse, ma dietro ad esse il Papa continua ad osservare il mondo e le sue dinamiche, a constatare l’ondata di affetto nei suoi confronti in questi giorni di ricovero, a guardare con orrore e dolore alla guerra che prosegue imperterrita in Ucraina, Medio Oriente, Africa e Sud-Est asiatico. Una guerra che “da qui” appare “ancora più assurda”, scrive il Papa nel testo preparato per l’Angelus di questa domenica, la terza in cui, a motivo della degenza, non guida la preghiera mariana.


Il grazie ai medici e la malattia come "benedizione"
Il Papa manda i suoi “pensieri” dal Policlinico Gemelli “dove – scrive - come sapete mi trovo da diversi giorni”. Esattamente dal 14 febbraio, quando era stato ricoverato per quella che inizialmente si valutava come bronchite e che poi si è rivelata una polmonite bilaterale. Dopo tante notizie sulla salute del suo corpo e gli effetti della terapia, nel testo diffuso oggi Jorge Mario Bergoglio offre ‘notizie’ anche sulla sua anima, ovvero sui sentimenti e le sensazioni che lo accompagnano in questo tempo di malattia.

Anzitutto per il Papa è forte il senso di gratitudine, in primo luogo verso quanti lo assistono da ormai diciassette giorni: medici e operatori sanitari “che ringrazio per l’attenzione con cui si prendono cura di me”. Francesco afferma poi di vivere questo momento come “una benedizione” data dall’affidamento a Dio e dalla condivisione della sofferenza con tanta gente provata.

Avverto nel cuore la “benedizione” che si nasconde dentro la fragilità, perché proprio in questi momenti impariamo ancora di più a confidare nel Signore; allo stesso tempo, ringrazio Dio perché mi dà l’opportunità di condividere nel corpo e nello spirito la condizione di tanti ammalati e sofferenti

Sostenuto dal mondo
Uguale gratitudine Francesco la esprime “per le preghiere, che si elevano al Signore dal cuore di tanti fedeli da molte parti del mondo: sento tutto il vostro affetto e la vostra vicinanza e, in questo momento particolare, mi sento come ‘portato’ e sostenuto da tutto il Popolo di Dio”, afferma, come già aveva fatto nei giorni scorsi - tramite X o i bollettini medici - raggiunto dalle notizie di migliaia di messaggi, biglietti, fiori, lettere di auguri di pronta guarigione, provenienti da ogni parte del mondo. Molti vengono depositati ai piedi della grande statua di Giovanni Paolo II nel piazzale del Gemelli, dove in tutta questa mattinata ampi gruppi di fedeli si sono riuniti per pregare il Rosario per la salute del Pontefice.

In preghiera per la pace
“Grazie a tutti!”, scrive il Papa. “Anch’io prego per voi”, assicura ai fedeli, “e prego soprattutto per la pace”, in particolare in quelle zone tante volte definite martoriate.

Da qui la guerra appare ancora più assurda. Preghiamo per la martoriata Ucraina, per Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Kivu

Cura, non condanna
Il concetto di “cura”, non quella medica ma spirituale, torna anche nella parte della riflessione del Pontefice sul Vangelo di oggi. In esso Gesù spinge a riflettere su due dei cinque sensi: la vista e il gusto, scrive il Papa. La vista perché Gesù “chiede di allenare gli occhi a osservare bene il mondo e giudicare con carità il prossimo”. Uno sguardo di cura, appunto, e non di condanna: “La correzione fraterna può essere una virtù. Perché se non è fraterna, non è una correzione!”.

Frutti buoni e frutti cattivi
Riguardo al gusto, Gesù ci ricorda che “ogni albero si riconosce dal suo frutto”, sottolinea Papa Francesco, e i frutti dell’uomo sono ad esempio le sue parole. “Parole violente, false, volgari” sono i “frutti cattivi”; i frutti buoni sono “le parole giuste e oneste che danno sapore ai nostri dialoghi”.

E allora possiamo chiederci: io come guardo le altre persone, che sono miei fratelli e sorelle? E come mi sento guardato da loro? Le mie parole hanno un gusto buono, oppure sono intrise di amarezza e di vanità?

Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano

FONTE: VATICAN NEWS

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