Nel brano cantato ieri a Sanremo da Simone Cristicchi, dedicato alla madre malata, brilla la delicatezza di un amore che sostiene e accompagna, raccontando di una dignità condivisa nelle piccole cose
Nella Giornata mondiale del malato, in un tempo in cui tante domande aleggiano sulle fasi finali dell’esistenza, milioni di italiani ascoltano, commuovendosi, una canzone che parla dell’amorevole cura di un figlio per la madre la cui mente è tornata bambina.
«È ancora un altro giorno insieme a te, per restituirti tutta questa vita che mi hai dato e sorridere del tempo e di come ci ha cambiato. Quando sarai piccola ti stringerò talmente forte che non avrai paura nemmeno della morte. Tu mi darai la tua mano, io un bacio sulla fronte». Ogni parola cantata da Simone Cristicchi sul palco di Sanremo riverbera uno sguardo di gratitudine e di amore. Ci parla di vita, della dignità della vita. Ci parla di ciò che ognuno di noi desidera: essere amato, essere accompagnato, vivere legami intensi in modo particolare nei momenti di sofferenza e di malattia.
«Quando sarai piccola» ci suggerisce questa domanda: come garantire che tutti, davvero tutti, in ogni fase della vita, siano accompagnati e mai lasciati soli? Non abbiamo forse bisogno che qualcuno ci guardi come Simone guarda sua madre, amandola nonostante il declino provocato dalla malattia? Prendersi cura non significa guarire ogni patologia o sconfiggere ogni fragilità, ma saper guardare l’altro, accoglierlo ed amarlo, rendendo così ogni fase della vita degna di essere vissuta.
Andrea Tornielli
FONTE: VATICAN NEWS
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