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Preghiamo con il Papa e per il Papa. Vivere da cristiani il tempo della prova

La situazione è piuttosto grave, inutile nasconderlo. Considerando le patologie e l’età del Pontefice, sarebbe strano che non lo fosse. In questi casi non ci perdiamo nei dettagli, si va subito all’essenziale. E invece, la cronaca dei media descrive un Papa nella sua vita ordinaria: “si è alzato, ha fatto colazione e ha letto i giornali”. Come se fosse una normale influenza. Una cronaca assai riduttiva.


Al mondo cattolico non interessa sapere che il Papa legge i quotidiani. È molto più importante sapere che, in questi giorni così decisivi, il Papa affida al Signore il suo ministero e la sua vita. È importante sapere che ha ricevuto l’Unzione degli infermi e che ogni giorno si nutre di Eucaristia, il Pane della vita. Questa è la cronaca adatta ad un credente che vive il tempo della malattia come un appello alla conversione e fa anche della sofferenza un ministero a vantaggio di tutta la Chiesa.

Una cronaca fuorviante che nasconde l’intimo dramma che ogni uomo vive quando si trova dinanzi all’eventualità della morte. La fede dona pace ma non può azzerare l’istintivo timore e l’inevitabile turbamento che si prova in queste circostanze. D’altra parte, gli evangelisti non hanno nascosto l’angoscia che Gesù ha provato nel Getsemani, ha pregato a lungo e ha sofferto in tutto il suo essere, fino a sudare sangue. “Tutto era pronto, lui solo, lui solo non lo era”, commenta Péguy.

Quando compì 80 anni, ai numerosi connazionali che vennero a Roma per festeggiarlo, parlando a braccio, san Giovanni Paolo II chiese preghiere perché si avvicinava anche per lui il giorno del giudizio: “Mi rendo conto sempre più pienamente che si avvicina sempre di più il giorno in cui dovrò presentarmi davanti a Dio con tutta questa vita, con il periodo passato a Wadowice, con il periodo vissuto a Cracovia e quello vissuto a Roma: rendi conto del tuo ministero” (19 maggio 2000). In queste parole c’è tutto il realismo della fede che si prepara con timore e trepidazione all’incontro con Dio.

È doveroso pregare per il Papa, “come cristiani questo possiamo fare, e questo siamo chiamati a fare”, ha detto ieri il cardinale Baldassare Reina. Ed è necessario chiedere al Signore di concedergli la salute perché, ha continuato il Vicario del Papa, “possa tornare in mezzo a noi e continuare a regalarci quel profumo di Vangelo che in tanti anni ci ha regalato”. Auguriamo lunga vita a Francesco ma è anche onesto riconoscere che oggi la sua vita è appesa a un filo. Non tutto dipende dai medici, come loro stessi riconoscono. Perché allora abbiamo tanto timore a parlare della morte? Non sarebbe meglio parlare di come un cristiano guarda alla morte e di come si prepara alla morte?

Nelle biografie dei santi la preparazione alla morte è un capitolo essenziale, un ulteriore segno di quella fede che ha illuminato tutta la vita. San Francesco attende con amore l’ultimo e decisivo incontro con Dio e rende lode al Signore “per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare”. Chiara Luce Badano, malgrado la sua giovane età, prepara minuziosamente il suo funerale e vuole che sia luminoso come una festa di nozze. Testimonianze commoventi di una fede che non teme la morte perché sa che, in Cristo, la vita risorge.

Al mondo cattolico non interessa sapere se il Papa si dimetterà o meno. Chiacchiere inutili in questo frangente. Interessa piuttosto sapere come il Papa vive il tempo della croce. Una testimonianza come questa darebbe conforto a tanti fedeli – e ai loro familiari – che si trovano a vivere un’esperienza simile. Preghiamo con il Papa e per il Papa e chiediamo che la sua vita sia un frammento di quella buona notizia che da duemila anni rischiara il cammino dell’umanità.

Silvio LONGOBARDI

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