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Urbi et Orbi, il Papa: no alla guerra, follia senza scuse. La gente non vuole armi ma pane

Dalla Loggia delle Benedizioni Francesco pronuncia il tradizionale messaggio per la benedizione di Natale e rivolge un pensiero alla Terra Santa dilaniata dalle violenze: "Cessino le operazioni militari e si apra agli aiuti". Preghiere per Ucraina, Siria, Libano, Yemen, Corea, Africa. Il Pontefice denuncia le tante stragi di innocenti nel mondo e stigmatizza il commercio delle armi che "muovono i fili delle guerre": "Quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti"


No alla guerra, “viaggio senza meta”. No alla guerra, “sconfitta senza vincitori”. No alla guerra, “follia senza scuse”. No alle "tante stragi di innocenti nel mondo". No e ancora no agli armamenti, la cui produzione e commercio muovono i fili di ogni guerra a vantaggio di pochi e scapito di molti che non vogliono armi ma solo “pane”. In una sola sillaba – “no” - il Papa racchiude la volontà di frenare ogni violenza e volontà di distruzione che stanno dilaniando il pianeta, anche in questo tempo di Natale. Come ogni 25 dicembre, Francesco si affaccia dalla Loggia delle Benedizioni e prega insieme a circa 70 mila fedeli riuniti in una uggiosa Piazza San Pietro per la tradizionale benedizione Urbi et Orbi. Al suo fianco ci sono il cardinale James Harvey, arciprete della basilica di San Paolo fuori le Mura, e il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione.

Cari fratelli e sorelle, buon Natale!

Supplica di pace
Dagli altoparlanti che poco prima hanno trasmesso la fanfara con l’inno dello Stato della Città del Vaticano, seguito da un cenno dell'inno nazionale italiano, risuona alle 12 in punto la supplica universale che il Papa, seduto ma idealmente in ginocchio, eleva al cielo per la città di cui è vescovo e per il mondo di cui è pastore. Una supplica di pace, quella del Successore di Pietro, per la martoriata Siria, per lo Yemen sofferente, per l’Ucraina devastata, per l’Armenia e l’Azerbaigian in lotta, per il Sahel e il Corno d’Africa teatri di tensioni e conflitti, per la Corea ancora divisa, per tutti i coloro che sono “obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli”.

Cessino le operazioni militari in Terra Santa
Pace, soprattutto, per la Terra Santa, la terra di Gesù Cristo bagnata dal sangue di migliaia di vittime, per la quale, ancora una volta come dall’inizio della “esecrabile” brutalità del 7 ottobre, il Vescovo di Roma implora il cessate il fuoco e aiuti umanitari urgenti.

Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale.

La notizia che cambia la storia
“Lo sguardo e il cuore dei cristiani di tutto il mondo sono rivolti a Betlemme”, esordisce il Papa all’inizio del suo messaggio, dopo gli onori militari e il picchetto della Guardia Svizzera. A Betlemme in questi giorni “regnano dolore e silenzio”, ma è risuonato ugualmente “l’annuncio atteso da secoli”:

È nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.

"Oggi a Betlemme tra le tenebre della terra si è accesa questa fiamma inestinguibile, oggi sulle oscurità del mondo prevale la luce di Dio, che illumina ogni uomo", scandisce il Papa. "La Scrittura rivela che la sua pace, il suo regno".

La strage degli innocenti oggi nel mondo
Proprio nella Scrittura, ricorda Francesco, al Principe della pace, Gesù, si oppone “il principe di questo mondo” che “seminando morte, agisce contro il Signore”. Lo vediamo in azione a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti ordinata da Erode. Lo vediamo in azione oggi con le tante “stragi di innocenti nel mondo”, afferma il Papa: “Nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi, questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra, dalle guerre".

Allora dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra. E questo con coraggio: dire "no" alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse

La gente non vuole armi ma pane
Ma per dire “no” alla guerra, sottolinea Francesco, bisogna dire “no” alle armi: “Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?”.

Oggi, come al tempo di Erode, “le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento”: “Quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti!”, esclama il Pontefice.

La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre

Liberazione degli ostaggi a Gaza
Il messaggio natalizio del Papa si intreccia con la profezia di Isaia, quella che predice il giorno in cui “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione” e in cui gli uomini “non impareranno più l’arte della guerra”. “Diamoci da fare perché quel giorno si avvicini!”, esorta il Pontefice. Chiede che si avvicini soprattutto in Israele e Palestina, “dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni”.

Il Successore di Pietro invia il suo “abbraccio” a quelle terre, in particolare le comunità cristiane di Gaza, la parrocchia della Sacra Famiglia, e dell’intera Terra Santa. “Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio”.

Fratelli e sorelle, preghiamo per la pace in Palestina e in Israele

Preghiere per Siria, Yemen, Libano e Ucraina
Il pensiero di Papa Francesco va alla “popolazione della martoriata Siria”, come pure a quella dello Yemen “ancora in sofferenza” e al "caro" popolo libanese perché possa ritrovare presto “stabilità politica e sociale”. Con gli occhi fissi sul Bambino Gesù, Francesco implora poi “pace per l’Ucraina”.

Rinnoviamo la nostra vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo, perché attraverso il sostegno di ciascuno di noi senta la concretezza dell’amore di Dio.

Pace tra Armenia e Azerbaigian
Ancora, il Vescovo di Roma prega perché si “avvicini il giorno della pace definitiva” tra Armenia e Azerbaigian: “La favoriscano la prosecuzione delle iniziative umanitarie, il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza, e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità”.

Il pensiero all'Africa e alla Corea
Non dimentica, il Papa, “tensioni” e “conflitti” che sconvolgono la regione del Sahel, il Corno d’Africa, il Sudan, come anche il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. E non dimentica neppure le divisioni in Corea: sua speranza è che “si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura”.

Lottare contro la povertà e appello per i migranti
Si rivolge al Figlio di Dio, “fattosi umile Bambino”, infine il Papa pregandolo perché “ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano, affinché si trovino soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni”.

Dal presepe, il Bambino ci chiede di essere voce di chi non ha voce: voce degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; voce di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; voce di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli

Sguardo al Giubileo
In conclusione, Jorge Mario Bergoglio guarda al futuro, cioè al Giubileo, “tempo di grazia e di speranza” che inizierà tra un anno. Auspica che questo “periodo di preparazione sia occasione per convertire il cuore”, “per dire ‘no’ alla guerra e ‘sì’ alla pace; per rispondere con gioia all’invito del Signore che ci chiama”.

Indulgenza plenaria
Segue la preghiera mariana dell'Angelus e poi l'annuncio da parte di Harvey, secondo cardinale protodiacono, dell'indulgenza plenaria per tutti i fedeli: "Preghiamo Dio Onnipotente perché conservi a lungo il Papa a guida della Chiesa e conceda pace e unità alla Chiesa in tutto il mondo".

Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano

FONTE: VATICAN NEWS


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