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La profezia del viaggio di Giovanni Paolo II in Ucraina (nel 2001)

«Nessuno ha mai parlato tanto dell’Ucraina, nella storia», si ricorda lo storico Bernard Lecomte, che ha seguito la maggior parte dei viaggi di Giovanni Paolo II, fra cui la sua visita in Ucraina nel giugno 2001. Nel corso di questo storico viaggio, il papa polacco non ha cessato di richiamare agli Ucraini la loro identità nazionale ed europea. Frasi che assumono un senso particolarissimo a partire dall’offensiva russa il 24 febbraio.

Giovanni Paolo II benedice i pellegrini durante la messa all’ippodromo di Leopoli, il 26 giugno 2001
AFP

«Ma che fa Giovanni Paolo II a Kiev?»: la domanda l’hanno posta numerosi abitanti della capitale ucraina, vedendo la papamobile risalire le strade della loro città fra sabato 23 e domenica 24 giugno 2001.

Prevista da lunga data e attesa «da molto nella preghiera», la sua visita a Kiev, culla del cristianesimo russo, era sempre stata il suo sogno.

Certamente Giovanni Paolo II sapeva di assumersi grandi rischi andandoci, tanto più in quanto il contesto politico dell’epoca era particolarmente agitato. Poche settimane prima, il primo ministro riformatore Victor Iuchtshenko era stato defenestrato, dopo un anno di crisi identitaria e politica al contempo. Quanto al presidente, Leonid Kutchma, sembrava definitivamente screditato nel Paese.

La visita di Giovanni Paolo II assunse allora un senso radicalmente nuovo, quale «solo un Polacco vissuto sotto il regime comunista poteva avvertire, al di là di ogni attesa», come nota la saggista Anne Daubenton nel suo libro Ukraine, l’indépendance à tout prix (Buchet-Chastel).

Nel momento in cui, infragilita da questa crisi, una parte degli Ucraini rimette in questione l’indipendenza del loro Paese, acquisita appena dieci anni prima, Giovanni Paolo II non esitò a ricordare che cos’è l’Ucraina. In un impeccabile ucraino, egli evocò il passato e le tradizioni del Paese vicino della Polonia. Citò alcuni dei più grandi poeti e scrittori, perfino intonando alcune canzoni popolari che fra gli stessi Ucraini molti avevano dimenticato. Imperturbabile, distillò così il suo messaggio sottolineando l’evidente vocazione europea dell’Ucraina:


Nella parola “Ucraina” si trova ricordata la grandezza della vostra Patria, che con la sua storia testimonia la sua singolare vocazione di frontiera e di porta tra l’Oriente e l’Occidente. Nel corso dei secoli, questo Paese è stato il crocevia privilegiato di differenti culture, punto d’incontro fra le ricchezze spirituali dell’Oriente e dell’Occidente. Esiste in Ucraina una evidente vocazione europea, sottolineata anche dalle radici cristiane della vostra cultura. […] Possa questa terra continuare a svolgere la propria nobile missione, con la fierezza espressa dal poeta che ho citato [Taras Schevchenko, N.d.R.] quando scriveva: «Non c’è al mondo un’altra Ucraina, non esiste un altro Dniepr». Popolo che abiti questa terra, non lo dimenticare!

Un viaggio profetico
Convinto del ruolo politico e religioso dell’Ucraina come “ponte” fra i “due polmoni” del vecchio continente (l’occidentale con l’Europa dell’Ovest e l’orientale con la Russia), Giovanni Paolo II avvertì immediatamente una prossimità spirituale con essa.

Un milione di Ucraini si raccolse all’ippodromo di Leopoli per assistere alla beatificazione di 28 martiri il 27 giugno 2001
AFP

Per Bernard Lecomte, autore di una biografia di Giovanni Paolo II tradotta anche in italiano, la missione del papa polacco non viene fuori come un fungo: Karol Wojtyła ha passato numerosi anni a Lublino, a due passi dalla frontiera ucraina, come professore di teologia. Per lui l’Ucraina era «il giardino accanto: era quasi casa sua, conosceva l’Ucraina meglio degli Ucraini». Lecomte prosegue illustrando a noi di Aleteia che il primo evento del suo viaggio nel 2001 ebbe luogo alla vigilia del suo arrivo: manifestazioni contro la sua venuta dirette… dal Patriarcato di Mosca.

Del resto la parola che ha focalizzato tutte le critiche degli avversari di Giovanni Paolo II, all’epoca, fu “proselitismo”. Un’assonanza notevole: nell’impiego di questa parola si trova il nerbo della guerra attuale, poiché questo è quanto Vladimir Putin rimprovera agli Europei. Per questo egli è sostenuto dal Patriarcato, lo stesso che accusava Giovanni Paolo II di proselitismo.

Non è dunque senza contesto che Giovanni Paolo II ha impartito agli Ucraini un grande corso di storia. Prima di lasciare Kiev, il 27 giugno 2001, ha detto agli Ucraini questa frase sibillina:

Grazie a te, Ucraina, che hai difeso l’Europa nella tua lotta indefessa ed eroica contro gli invasori!

Oggi la dimensione profetica di questa frase di Giovanni Paolo II assume una dimensione tanto inattesa quanto impressionante.

AFP
Giovanni Paolo II in occasione della sua storica visita in Ucraina, dal 23 al 27 giugno 2001.

Marzena Wilkanowicz-Devoud

FONTE: ALETEIA

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