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L'Anno di Giovanni Paolo II, l'importanza della confessione da Padre Pio

 La sua lettera sull'incontro con il grande confessore e il magistero sul sacramento della riconciliaizione.


Anch’io ho avuto il privilegio nei miei anni giovani di approfittare di questa sua disponibilità di penitenza”. Il penitente è Giovanni Paolo II e il confessore Padre Pio. Non è certo un segreto che Giovanni Paolo II avesse una ammirazione particolare per Padre Pio. Il loro era stata un primo incontro speciale dal quale il giovane sacerdote polacco, era il 1948. Era uscito pensando che il frate fosse certo un santo, ma un po’ fuori di testa perché gli aveva predetto in qualche modo che sarebbe diventato Papa.

Tra i testi autografi più interessanti del Pontificato c’è la lettera pubblicata nel libro “il Papa e il frate”, nella quale Giovanni Paolo II, tre anni prima della sua morte, il 5 aprile 2002, racconta l’incontro avvenuto con il giovane frate cappuccino. Una testimonianza autografa indirizzata ai frati cappuccini di San Giovanni Rotondo per il loro archivio, da non pubblicare prima della sua morte. Il giovane Karol Wojtyła, si confessò dal frate pugliese. Era arrivato Il a San Giovanni Rotondo “nella serata di un giorno di aprile” come ricorda quando ritorna nel 1974 come cardinale e scrive una frase nel registro dei visitatori illustri del convento. La messa nella chiesetta antica, le stimmate coperte da una fascia nera, una presenza che rimane nel cuore del giovane sacerdote.Poi la confessione con quel confessore che “che aveva un semplice e chiaro discernimento e che trattava il penitente con un grande amore”. Nel suo scritto Giovanni Paolo II conclude: “questo primo incontro con lui ancora vivente e stigmatizzato, a San Giovanni Rotondo, lo considero come il più importante e ringrazio, in modo particolare, la provvidenza per esso”.

Cosa pensasse poi Giovanni Paolo II di Padre Pio è proprio nella omelia della canonizzazione: “Padre Pio è stato generoso dispensatore della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l'accoglienza, la direzione spirituale, e specialmente l'amministrazione del sacramento della Penitenza. Il ministero del confessionale, che costituisce uno dei tratti distintivi del suo apostolato, attirava folle innumerevoli di fedeli al Convento di San Giovanni Rotondo. Anche quando quel singolare confessore trattava i pellegrini con apparente durezza, questi, presa coscienza della gravità del peccato e sinceramente pentiti, quasi sempre tornavano indietro per l'abbraccio pacificante del perdono sacramentale”.

Un dono conquistato con la intensa preghiera: “In effetti, la ragione ultima dell'efficacia apostolica di Padre Pio, la radice profonda di tanta fecondità spirituale si trova in quella intima e costante unione con Dio di cui erano eloquenti testimonianze le lunghe ore trascorse in preghiera. Amava ripetere: "Sono un povero frate che prega", convinto che "la preghiera è la migliore arma che abbiamo, una chiave che apre il Cuore di Dio". Questa fondamentale caratteristica della sua spiritualità continua nei «Gruppi di Preghiera» da lui fondati, che offrono alla Chiesa e alla società il formidabile contributo di una orazione incessante e fiduciosa”.

E del servizio per la riconciliazione Giovanni Paolo II aveva parlato a lungo nella lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo di quell’anno in cui metteva in evidenza la necessità di far riscoprire il valore di questo sacramento: “ Esso per diversi motivi soffre da alcuni decenni di una certa crisi, alla quale più di una volta mi sono riferito, volendo che su di essa riflettesse perfino un Sinodo di Vescovi, le cui indicazioni ho poi raccolto nell'Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia. D'altra parte, non posso non ricordare con intima gioia i segnali positivi che, specialmente nell'Anno giubilare, hanno mostrato come questo Sacramento, adeguatamente presentato e celebrato, possa essere riscoperto largamente anche dai giovani. Una tale riscoperta è sicuramente favorita dall'esigenza di comunicazione personale, oggi resa sempre più difficile dai ritmi frenetici della società tecnologica, ma proprio per questo sentita sempre di più come un bisogno vitale. Certo, a questo bisogno si può venire incontro in vari modi. Ma come non riconoscere che il sacramento della Riconciliazione, pur non confondendosi con le varie terapie di tipo psicologico, offre quasi per sovrabbondanza una risposta significativa anche a questa esigenza? Lo fa mettendo il penitente in rapporto con il cuore misericordioso di Dio attraverso il volto amico di un fratello”.

Sono passati quasi 20 anni e oggi Papa Francesco ripete con forza quelle necessità di amore e ascolto dei penitenti con l’esempio come confessore e come penitente.

Angela AMBROGETTI

FONTE: ACI STAMPA

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