Il 10 settembre festeggia novant'anni una delle ultime testimoni italiane della Shoah, oggi senatrice a vita.

«Il mio numero 75190 non si cancella: è dentro di me. Sono io il 75190». «Nelle notti terse scelsi una stellina nel cielo, e mi identificai con lei. Io non ero ad Auschwitz: mi ero fusa con quella stellina e pensavo: Io sono quella stellina. Finché la stellina brillerà nel cielo io non morirò, e finché resterò viva io, lei continuerà a brillare». Si potrebbero riassumere con queste due frasi, tratte dal libro Sopravvissuta ad Auschwitz, il senso e la forza della testimonianza di Liliana Segre: una testimonianza fatta di consapevolezza e speranza.
Nata a Milano il 10 settembre 1930, a tredici anni la Segre venne deportata nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove perderà il padre e i nonni paterni. Dopo essere stata costretta, nel gennaio del 1945, alla cosiddetta marcia della morte, ritrovò la libertà il 1° maggio 1945, per poi tornare a Milano quattro mesi più tardi. Solo dopo diversi decenni Liliana Segre ha deciso di diventare testimone pubblica della Shoah. Il 19 gennaio 2018, nell'ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia, il presidente Mattarella l'ha nominata senatrice a vita per il suo inestimabile impegno sociale e di testimonianza.
Un impegno che non si è mai "ridotto" alla memoria di atrocità passate, da lei direttamente vissute e subìte, ma che si è allargato ad una costante attenzione affinché quelle atrocità non si ripetano, magari sotto le spoglie di parole come sicurezza e ordine: «La politica che investe nell'odio – ha affermato la senatrice in un suo intervento parlamentare dello scorso anno - è sempre una medaglia a due facce. Non danneggia solo coloro che vengono scelti come bersaglio, ma incendia anche gli animi di chi vive con rabbia e disperazione il disagio provocato dalla crisi che attraversa, ormai da un decennio, il continente. L'odio si diffonde e questo è tanto più pericoloso. A me hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero, per questo un mondo in cui chi salva vite, anziché premiato, viene punito mi pare proprio un mondo rovesciato».
Per tutto questo, oltre agli auguri per i suoi novant'anni, vogliamo anche dire un sincero "grazie!" a Liliana Segre.
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