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Il Papa all'Angelus: la Chiesa non sia un recinto ma si spenda per i poveri e i piccoli

Di fronte alla violenza, all’ingiustizia e all’oppressione, la Chiesa non può chiudersi in sé stessa ma deve essere una comunità al servizio degli ultimi. L’esortazione di Francesco che descrive il compito del cristiano: resistere al peccato e al degrado morale, disperdere le tenebre facendo risplendere la luce di Cristo


Il sale e la luce. Due immagini simboliche, due criteri, due atteggiamenti corretti che Gesù consegna ai discepoli e a quanti intendono seguirlo, per essere veri testimoni e annunciatori del Vangelo e che il Papa oggi rilancia all’Angelus, prima di pronunciare i forti appelli per la Siria e contro la Tratta di esseri umani. (Ascolta il servizio con la voce del Papa).

Resistere al peccato e al degrado
Il sale, spiega subito Francesco, esalta e dà sapore ma non solo, esso conserva e preserva gli alimenti dalla corruzione.

Il discepolo è dunque chiamato a tenere lontani dalla società i pericoli, i germi corrosivi che inquinano la vita delle persone. Si tratta di resistere al degrado morale, al peccato, testimoniando i valori dell’onestà e della fraternità, senza cedere alle lusinghe mondane dell’arrivismo, del potere, della ricchezza.

E’ sale, prosegue il Papa, quel discepolo che “nonostante i fallimenti quotidiani” si rialza, ricomincia ogni volta con pazienza, cercando il dialogo e l’incontro. E’ sale, ancora, chi non desidera consenso e plauso ma, fedele agli insegnamenti di Cristo che non è venuto per essere servito ma per servire, si sforza di essere “una presenza umile e costruttiva”.

Portare la luce nella menzogna
Proprio del cristiano è poi essere luce, sull’esempio di Gesù, per disperdere le tenebre che ancora avvolgono il mondo e i cuori di tante persone. Una irradiazione – sostiene Francesco – che deve scaturire dalle opere più che dalle parole e che sappia innanzitutto indirizzare l’altro a fare esperienza della bontà e della misericordia di Cristo.

Il discepolo di Gesù è luce quando sa vivere la propria fede al di fuori di spazi ristretti, quando contribuisce a eliminare i pregiudizi, le calunnie, e a far entrare la luce della verità nelle situazioni viziate dall’ipocrisia e dalla menzogna.

Essere Chiesa che ascolta il grido degli ultimi
L’appello universale è perciò a non avere paura di vivere nel mondo, anche se in esso a volte si riscontrano condizioni di conflitto e di peccato ma ad essere strumenti di Gesù perché la luce arrivi a tutti.

Di fronte alla violenza, all’ingiustizia, e all’oppressione, il cristiano non può chiudersi in sé stesso o nascondersi nella sicurezza del proprio recinto; anche la Chiesa non può chiudersi in sé stessa, non può abbandonare la sua missione di evangelizzazione e di servizio. Gesù, nell’Ultima Cena, chiese al Padre di non togliere i discepoli dal mondo, di lasciarceli, lì, nel mondo, ma di custodirli dallo spirito del mondo. La Chiesa si spende con generosità e tenerezza per i piccoli e i poveri: questo non è lo spirito del mondo, questo è la sua luce e il sale; la Chiesa ascolta il grido degli ultimi e degli esclusi, perché è consapevole di essere una comunità pellegrina chiamata a prolungare nella storia la presenza salvifica di Gesù Cristo.

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

FONTE: VATICAN NEWS

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