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Papa Francesco: “La gioia del dono gratuito è l’indicatore di salute del cristiano”

Messaggio del Pontefice in occasione della 27ma Giornata Mondiale del Malato: "L’unico criterio di azione dev’essere l’amore gratuito verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, etnia o religione".


E’ necessario “promuovere la cultura della gratuità e del dono, indispensabile per superare la cultura del profitto e dello scarto”. In particolar modo le “istituzioni sanitarie cattoliche non dovrebbero cadere nell’aziendalismo, ma salvaguardare la cura della persona più che il guadagno. Sappiamo che la salute è relazionale, dipende dall’interazione con gli altri e ha bisogno di fiducia, amicizia e solidarietà, è un bene che può essere goduto “in pieno” solo se condiviso. La gioia del dono gratuito è l’indicatore di salute del cristiano“.

Papa Francesco torna a ribadire il suo “no” all’aziendalismo nella sanità, soprattutto nelle strutture cattoliche, poiché il loro ruolo è quello di “salvaguardare la persona umana” e “non i profitti“. L’occasione è quella del tradizionale messaggio scritto in occasione dalla 27ma Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà in modo solenne a Calcutta, in India, l’11 febbraio 2019.
Il testo, che reca in calce accanto alla firma del Pontefice la data del 25 novembre – ma reso pubblico solo oggi 8 gennaio – si intitola “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date“: sono le parole pronunciate da Gesù quando inviò gli apostoli a diffondere il Vangelo, affinché il suo Regno si propagasse attraverso gesti di amore gratuito (cfr. Mt 10,8).
Ed è proprio il concetto di dono gratuito il filo conduttore del messaggio. Per il Pontefice, infatti, gesti d’amore “come quelli del Buon Samaritano, sono la via più credibile di evangelizzazione”.
La cura dei malati ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza, attraverso i quali si fa sentire all’altro che è “caro”.

Contro la cultura dello scarto.

Bergoglio, in linea con la dottrina della Chiesa e il pensiero dei suoi predecessori, ribadisce la sacralità della vita, che è “dono di Dio”. In quanto tale, ammonisce Francesco, “l’esistenza non può essere considerata un mero possesso o una proprietà privata, soprattutto di fronte alle conquiste della medicina e della biotecnologia che potrebbero indurre l’uomo acedere alla tentazione della manipolazione dell’ ‘albero della vita’“.

Di fronte alla cultura dello scarto e dell’indifferenza, mi preme affermare che il dono va posto come il paradigma in grado di sfidare l’individualismo e la frammentazione sociale contemporanea, per muovere nuovi legami e varie forme di cooperazione umana tra popoli e culture.

“Il dialogo – prosegue il Pontefice -, che si pone come presupposto del dono, apre spazi relazionali di crescita e sviluppo umano capaci di rompere i consolidati schemi di esercizio di potere della società”.
E precisa: “Il donare non si identifica con l’azione del regalare perché può dirsi tale solo se è dare sé stessi, non può ridursi a mero trasferimento di una proprietà o di qualche oggetto. Si differenzia dal regalare proprio perché contiene il dono di sé e suppone il desiderio di stabilire un legame“.

Il dono è, quindi, prima di tutto riconoscimento reciproco, che è il carattere indispensabile del legame sociale. Nel dono c’è il riflesso dell’amore di Dio, che culmina nell’incarnazione del Figlio Gesù e nella effusione dello Spirito Santo.

Bisognosi di cure e di affetto

Per il Papa, “ogni uomo è povero, bisognoso e indigente”. E spiega: “In ogni fase e tappa della vita ciascuno di noi non riuscirà mai a liberarsi totalmente dal bisogno e dall’aiuto altrui, non riuscirà mai a strappare da sé il limite dell’impotenza davanti a qualcuno o qualcosa”.

Il leale riconoscimento di questa verità ci invita a rimanere umili e a praticare con coraggio la solidarietà, come virtù indispensabile all’esistenza.

“Questa consapevolezza – prosegue il Santo Padre – ci spinge a una prassi responsabile e responsabilizzante, in vista di un bene che è inscindibilmente personale e comune”.
E ammonisce: “Solo quando l’uomo si concepisce non come un mondo a sé stante, ma come uno che per sua natura è legato a tutti gli altri, originariamente sentiti come ‘fratelli’, è possibile una prassi sociale solidale improntata al bene comune”.

Non dobbiamo temere di riconoscerci bisognosi e incapaci di darci tutto ciò di cui avremmo bisogno, perché da soli e con le nostre sole forze non riusciamo a vincere ogni limite. Non temiamo questo riconoscimento, perché Dio stesso, in Gesù, si è chinato e si china su di noi e sulle nostre povertà per aiutarci e donarci quei beni che da soli non potremmo mai avere.

Il ricordo di Madre Teresa di Calcutta

Il pensiero di Papa Francesco va poi all’India, dove quest’anno si celebrerà in modo solenne la Giornata Mondiale del Malato, e a Santa Madre Teresa di Calcutta, “un modello di carità che ha reso visibile l’amore di Dio per i poveri e i malati”.

Madre Teresa, in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della povertà creata da loro stessi. La misericordia è stata per lei il “sale” che dava sapore a ogni sua opera, e la “luce” che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza. La sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri.

In altre parole, Madre Teresa “ci aiuta a capire che l’unico criterio di azione dev’essere l’amore gratuito verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, etnia o religione”.
E aggiunge: “Il suo esempio continua a guidarci nell’aprire orizzonti di gioia e di speranza per l’umanità bisognosa di comprensione e di tenerezza, soprattutto per quanti soffrono”.

L’elogio del volontariato

Nella parte finale del suo messaggio, il Papa elogia il volontariato, quale modello di gratuità umana:

La gratuità umana è il lievito dell’azione dei volontari che tanta importanza hanno nel settore socio-sanitario e che vivono in modo eloquente la spiritualità del Buon Samaritano. Ringrazio e incoraggio tutte le associazioni di volontariato che si occupano di trasporto e soccorso dei pazienti, quelle che provvedono alle donazioni di sangue, di tessuti e organi.

Il Pontefice poi poi l’accento sulla tutela dei diritti dei malati, ambito speciale in cui la presenza del volontariato “esprime l’attenzione della Chiesa” soprattutto verso “quanti sono affetti da patologie che richiedono cure speciali, senza dimenticare il campo della sensibilizzazione e della prevenzione”.

Sono di fondamentale importanza i vostri servizi di volontariato nelle strutture sanitarie e a domicilio, che vanno dall’assistenza sanitaria al sostegno spirituale. Ne beneficiano tante persone malate, sole, anziane, con fragilità psichiche e motorie. Vi esorto a continuare ad essere segno della presenza della Chiesa nel mondo secolarizzato. Il volontario è un amico disinteressato a cui si possono confidare pensieri ed emozioni; attraverso l’ascolto egli crea le condizioni per cui il malato, da passivo oggetto di cure, diventa soggetto attivo e protagonista di un rapporto di reciprocità, capace di recuperare la speranza, meglio disposto ad accettare le terapie.

Secondo Bergolio, “il volontariato comunica valori, comportamenti e stili di vita che hanno al centro il fermento del donare. È anche così che si realizza l’umanizzazione delle cure”. Poi, un monito agli ospedali e alle cliniche cattoliche:

La dimensione della gratuità dovrebbe animare soprattutto le strutture sanitarie cattoliche, perché è la logica evangelica a qualificare il loro operare, sia nelle zone più avanzate che in quelle più disagiate del mondo. Le strutture cattoliche sono chiamate ad esprimere il senso del dono, della gratuità e della solidarietà, in risposta alla logica del profitto ad ogni costo, del dare per ottenere, dello sfruttamento che non guarda alle persone.

La gioia della gratuità

Infine, Papa Francesco esorta ogni credente “a promuovere la cultura della gratuità e del dono, indispensabile per superare la cultura del profitto e dello scarto”. Quindi, rivolgendosi ancora una volte alle cliniche cattoliche, aggiunge: “Le istituzioni sanitarie cattoliche non dovrebbero cadere nell’aziendalismo, ma salvaguardare la cura della persona più che il guadagno“.

Sappiamo che la salute è relazionale, dipende dall’interazione con gli altri e ha bisogno di fiducia, amicizia e solidarietà, è un bene che può essere goduto “in pieno” solo se condiviso. La gioia del dono gratuito è l’indicatore di salute del cristiano.

E conclude: “Vi affido tutti a Maria, Salus infirmorum. Lei ci aiuti a condividere i doni ricevuti nello spirito del dialogo e dell’accoglienza reciproca, a vivere come fratelli e sorelle attenti ai bisogni gli uni degli altri, a saper donare con cuore generoso, a imparare la gioia del servizio disinteressato”.

Fonte: Il Faro Online


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