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Non dividere la Chiesa”: la “risposta” di Papa Bergoglio al segretario di Ratzinger

Dopo le dichiarazioni-attacco di mons. Gaenswein, il Pontefice risponde chiedendo "condivisione" e non "divisione". E ammonisce: "Il chiacchiericcio è un’arma letale: uccide, uccide l’amore, uccide la società, uccide la fratellanza"


Attacchi, critiche e frecciatine. Ecco come la Santa Sede, già segnata dalla scomparsa del Papa emerito, inizia il nuovo anno. Ed è proprio la dipartita di Benedetto XVI ad accendere gli animi e a scuotere le Sacre Stanze. Il tutto nasce da quanto affermato da mons. Georg Gaenswein, il segretario di Papa Ratzinger. Tre i temi che hanno messo “in cattiva luce” l’operato di Bergoglio dividendo i fedeli: la stretta sulla messa in latino, la distruzione delle carte private di Benedetto XVI e il trattamento riservato allo stesso Gaenswein dal Pontefice argentino che lo ha “dimezzato” dal ruolo di Prefetto.

Ma andiamo con ordine: la salma di Benedetto XVI era ancora esposta alla venerazione dei fedeli quando scoppia la prima bomba: le decisioni prese da Papa Francesco sulla messa in latino “hanno spezzato il cuore” di Ratzinger. Mons. Gaenswein, in una intervista al Tagespost, parlando del motu proprio Traditionis custodes, con il quale Papa Francesco aveva rivisto, con una stretta, le disposizioni sulla messa in latino, commenta: “Quello è stato un punto di svolta. Credo che Papa Benedetto abbia letto questo motu proprio con il dolore nel cuore”. Il segretario del defunto Papa emerito spiega che il provvedimento di Ratzinger (il Summorum Pontificum del 2007, ndr) voleva “aiutare coloro che avevano semplicemente trovato una casa nella messa antica, a trovare una pace interiore. Togliere questo tesoro alla gente, perché? Non credo di poter dire di essere a mio agio con questo”.

Poi l’annuncio della pubblicazione del libro “Nient’altro che la verità” (Piemme), scritto a quattro mani con il giornalista Saverio Gaeta. Nel testo l”ex Prefetto della Casa Pontificia fa sapere che le “carte private Benedetto XVI devono essere distrutte”. Lo stesso Papa emerito avrebbe lasciato una disposizione nero su bianco in tal senso: “I fogli privati di ogni tipo devono essere distrutti. Questo vale senza eccezioni e senza scappatoie”. Secondo quanto dice Gaenswei, “ho ricevuto da lui precise istruzioni, con indicazioni di consegna che mi sento in coscienza obbligato a rispettare, relative alla sua biblioteca, ai manoscritti dei suoi libri, alla documentazione relativa al Concilio e alla corrispondenza”.

Gaenswein rivela anche che, oltre al testamento spirituale diffuso dalla Santa Sede (leggi qui), Ratzinger ha lasciato anche “annotazioni relative ad alcuni lasciti e doni personali, per il cui adempimento ho il compito di esecutore testamentario, sono state aggiornate via via nel corso degli anni, fino alla più recente aggiunta del 2021”.

Infine, mons. Gaenswein racconta il momento in cui nel 2020 è stato ‘congedato’ da Papa Francesco da capo della Prefettura della Casa Pontificia. Lui stesso di definisce “un prefetto dimezzato” nel libro. “Lei rimane prefetto ma da domani non torna al lavoro”, gli avrebbe detto Papa Bergoglio, secondo quanto riferisce Gaenswein. Benedetto XVI, secondo il suo segretario, commentò ironicamente: “Penso che Papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode…”.

Molto prima del 2013, quando prene la decisione di rinunciare al Pontificato, Benedetto XVI, come avevano già fatto i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, aveva già sottoscritto “una lettera di rinuncia” “nel caso non fosse stato più nelle condizioni fisiche o mentali per fare il Papa”. Lo riferisce il segretario mons. Georg Gaenswein nel libro “Nient’altro che la verità”.

E negli ultimi giorni, dopo le esequie di Benedetto XVI, è Papa Francesco a rispondere, indirettamente, alle parole del segretario del Papa emerito. La prima “frecciatina” è arrivata durante l’omelia del 6 gennaio (leggi qui): “Adoriamo Dio e non il nostro io; adoriamo Dio e non i falsi idoli che ci seducono col fascino del prestigio e del potere, con il fascino delle false notizie”, le parole di Bergoglio, che aggiunge: parlare di fede significa anche affrontare “sofferenze che scavano nella carne”.

Nella stessa omelia, Francesco ribadisce poi come non ci sia spazio per quella parte dei cattolici che guardano più alla forma che alla sostanza e che non si mettono in discussione: “La fede non cresce se rimane statica; non possiamo rinchiuderla in qualche devozione personale o confinarla nelle mura delle chiese, ma occorre portarla fuori, viverla in costante cammino verso Dio e verso i fratelli”. Quasi una risposta all’accusa di Gaenswein di avere “spezzato il cuore” a Benedetto XVI. All’Angelus del 6 gennaio ribadisce: “Il Signore s’incontra così: nell’umiltà e nel silenzio”.

L’ultima risposta arriva durante un altro Angelus, quello dell’8 gennaio, domenica del Battesimo del Signore,festa che chiude il tempo di Natale. Papa Francesco, parlando di di giustizia, afferma: “Noi pensiamo che fare giustiziai significa: chi sbaglia paga e soddisfa così il torto che ha compiuto. Ma la giustizia di Dio – ammonisce -, come la Scrittura insegna, è molto più grande: non ha come fine la condanna del colpevole, ma la sua salvezza, la sua rinascita, il renderlo giusto: da ingiusto a giusto. È una giustizia che viene dall’amore”.

Giustizia e amore: due parole sulle quali si sofferma: “Noi abbiamo paura a pensare a una giustizia così misericordiosa. Andiamo avanti: Dio è misericordia. La giustizia sua è misericordiosa”. Poi l’altra risposta implicita a mons. Gaenswein: “Noi pure, discepoli di Gesù, siamo chiamati a esercitare in questo modo la giustizia, nei rapporti con gli altri, nella Chiesa, nella società: non con la durezza di chi giudica e condanna dividendo le persone in buone e cattive, ma con la misericordia di chi accoglie condividendo le ferite e le fragilità delle sorelle e dei fratelli, per rialzarli”.

Poi, ammorbidendo i toni, aggiunge: “Vorrei dirlo così: non dividendo, ma condividendo. Non dividere, ma condividere. Facciamo come Gesù: condividiamo, portiamo i pesi gli uni degli altri invece di chiacchierare e distruggere, guardiamoci con compassione, aiutiamoci a vicenda”. “Chiediamoci: io sono una persona che divide o condivide? Pensiamo un po’: io sono discepolo dell’amore di Gesù o un discepolo del chiacchiericcio, che divide? Il chiacchiericcio è un’arma letale: uccide, uccide l’amore, uccide la società, uccide la fratellanza. Chiediamoci: io sono una persona che divide o una persona che condivide?”, gli interrogativi che pone il Santo Padre. E dopo le ultime vicende non si non pensare che siano rivolti anche al segretario del suo predecessore.

FABIO BERETTA

FONTE: IL FARO ONLINE

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