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Il dubbio e la fede

II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia - Anno B

Diventare segni dei chiodi e ferita del fianco per vincere i dubbi.


Questa domenica, ottava di Pasqua, anticamente era molto importante, perché coloro che avevano ricevuto il Battesimo nella veglia del sabato santo deponevano le vesti bianche del rito, per vivere la fede con gli abiti della quotidianità. Nel 1992, è diventata Domenica della Divina Misericordia, per volontà di Giovanni Paolo II, su ispirazione della mistica polacca Santa Faustina Kowalska. Per il popolo cristiano rimane la domenica del “se non vedo, io non credo” dell’apostolo Tommaso. L’attrattiva del personaggio deriva dal fatto che egli è l’immagine di ogni credente, combattuto tra dubbi, certezze e misericordia del Signore.

Il vestito della fede
Deporre la veste bianca per riprendere gli abiti della quotidianità, significava che l’immersione nel Cristo Risorto, compiuta nella celebrazione, diventava portare la fede in Cristo Risorto nella vita di ogni giorno. Noi quel rito non lo celebriamo più materialmente, ma avendo rinnovato nella veglia pasquale la memoria del Battesimo e la professione di fede, essendoci perciò in qualche modo “ribattezzati”, siamo invitati anche noi a riprendere gli abiti della quotidianità, per aprire alla fede con più incisività e consapevolezza la vita di ogni giorno. L’apostolo Tommaso, nostro modello e nostro fratello, ci insegna e ci incoraggia a uscire dal dubbio sulla risurrezione di Cristo e sulla nostra con il suo: «Mio Signore e mio Dio», quando la pesantezza del vivere quotidiano, le guerre, il terrorismo, la violenza, le ingiustizie del mondo, potrebbero insidiare la nostra fede.

Credere senza vedere
Tommaso ha potuto mettere il dito nel segno dei chiodi e della lancia, invece noi… Anche a noi Gesù Risorto dà la possibilità di toccarlo. I Sacramenti non sono cerimonie più o meno coinvolgenti, ma un reale e concreto incontro con il Risorto, un vero mettere il dito e la mano nella sua “carne” liberata dalla morte. È nella fede nel Risorto, vivente accanto a noi, che siamo chiamati ad accogliere il messaggio della prima lettura: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune». Questo testo non è il racconto di come era la Chiesa “in quel tempo”, ma un messaggio: “La Chiesa è così, e non può essere che così”. L’evangelista Luca, consapevole che la sua descrizione non era una cronaca ma un traguardo da raggiungere, in quel tempo come adesso, non nasconde che in quella comunità “un cuore solo e un’anima sola” c’erano i Barnaba che vendevano il campo e deponevano il ricavato ai piedi degli apostoli, ma anche gli Anania e Zaffira che offrivano una parte del ricavato, fingendo che fosse tutto.

Diventare segni
Nei commenti e riflessioni a volte si tende a considerare l’affermazione di Tommaso: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» poco rispettosa, quasi una pretesa indebita nei confronti del Signore. Non è così. Gesù, pur rimproverandolo benevolmente: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!», gli usa misericordia, ritornando per portarlo alla fede, offrendogli le prove richieste. Quando non siamo in grado di essere tra i beati che credono in lui senza averlo visto, confessiamo umilmente la nostra poca fede, senza la paura di chiedergli i segni, di saperli riconoscere, per poi diventare “segno dei chiodi e ferita nel fianco” per chi ha bisogno di superare il dubbio.
«La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola», questo è il segno da chiedere, da riconoscere, da offrire come Chiesa. Rischiamo di rassegnarci a un’idea di Chiesa come di una realtà che si sta sfaldando per mancanza di gente. Niente di più sbagliato! La Chiesa, anche se fosse di due o tre persone, è e deve essere sempre la moltitudine dei credenti «un cuore solo e un’anima sola», per essere segno dei chiodi e ferita del petto del Risorto.

FONTE: PAOLINE


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