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Il segreto dell’educazione all’amore secondo Wojtyla? Stare con i giovani!

 Karol Woytila era graniticamente convinto che l’affettività costituisse un ambito essenziale della vita umana. Era consapevole del fatto che la felicità degli uomini dipendeva esclusivamente da quanto si sono sentiti amati e dalla loro capacità di amare. È una verità che si manifesta in una modalità peculiarmente evidente e dirompente nei cuori fragili dei giovani.



Incarnare e ricevere un’educazione affettiva efficace e feconda, appare come una delle principali e più urgenti priorità di questo nostro depauperato XXI secolo. Abbiamo bisogno di una metamorfosi, che non potrà verificarsi se prima, in modo particolare tutta la società adulta, non recupererà l’ardente umiltà di lasciarsi istruire non semplicemente da accurati professionisti, ma anche e soprattutto di autentici maestri.

Anziché ridurre mestamente l’ambito affettivo a mero oggetto di vuota retorica e sterili dettami palesemente poco proficui, potremmo rivolgere piuttosto lo sguardo ad un maestro di inestimabile sapienza che di giovani ed affettività se ne intendeva: Karol Wojtyla.

L’indimenticabile Papa polacco, dallo sguardo che profumava di cielo, infatti, sin dal principio del suo itinerario sacerdotale, ha scelto di dedicarsi con inedito fervore, paterna sapienza ed efficiente competenza ai giovani ed alla loro educazione sentimentale.

Contrariamente a quanto avviene sovente attualmente, infatti, egli era graniticamente convinto che questo costituisse un ambito essenziale della vita umana, consapevole del fatto che la felicità degli uomini dipende esclusivamente da quanto si siano sentiti amati ed alla loro capacità di amare, verità che si manifesta in una modalità peculiarmente evidente e dirompente nei fragili ed al contempo spavaldi cuori dei giovani. Eppure, i giovani si dischiudevano con brillante ed inusuale naturalezza, senza alcuna reticenza, imbarazzo o timore, dinnanzi a quell’entusiasta sacerdote dai fulgidi capelli dorati. Egli parlava loro con estrema semplicità e disarmante sincerità, persino degli argomenti più scottanti e complessi, quali ad esempio: il piacere erotico e l’eccitazione sessuale.

Non vi erano argomenti proibiti o taciuti, al contrario tutto ai suoi occhi, era inesauribilmente degno del suo caldo abbraccio e della sua strenua lotta accanto a quei volti, così potentemente rinfrancati dalla visione positiva e propositiva che egli forniva della sessualità, ma anche così affranti da latenti e silenti dolori e ferite che non venivano mai confidate ed affidate a nessuno a causa della paralizzante e nociva paura di incorrere nell’impietoso e ferente giudizio, in particolare tra le mura domestiche.

In questo contesto Karol ci rammenta ed insegna quindi, che per educare veramente i giovani all’amore è innanzitutto necessario donare un ascolto partecipe, sincero e disinteressato, nonché creare un clima di liberante intimità e confidenza, nel quale i giovani, così angustamente e tipicamente arroccati nei loro ostinati silenzi, il più eloquente sintomo della formazione della loro intimità, possano esperire il privilegio di essere pienamente loro stessi, senza alcuna esitazione o insostenibile maschera.

Don Karol non li faceva mai sentire feriti, errati o giudicati ma al contrario infinitamente accolti, compresi ed amati. Sovente si dice con malcelata superbia e sprezzante sufficienza che i giovani siano poco propensi a confidarsi, personalmente invece, ritengo che sia proprio il contrario, i giovani, più di ogni altro, sono disperatamente assettati di confidenza e guida, persino e forse soprattutto in tale ambito della vita, in cui gli adulti si illudono comodamente che non vi sia nulla da insegnare, ma sono disposti a consegnare loro cuori e le loro biografia, costellata di vittorie e sconfitte, solo a chi come Giovanni Paolo II, non alimenta il loro dolore e le loro ferite, non incrementa la loro insicurezza, non suscita sterili e letali sensi di colpa e non strumentalizza crudelmente e codardamente le loro debolezze.

In sintesi: i giovani si confidano solo con coloro che dimostrano di amarli veramente e di essere mirabilmente degni di reale fiducia e quindi di divenire affidabili custodi dei sogni, delle speranze, delle paure, delle fragilità, delle cadute e degli intimi segreti iscritti nel loro animo.

Qual era dunque il segreto pedagogico di Karol Wojtyla? Stare con i giovani! Atto estremamente semplice e visibilmente ordinario divenuto oggi più che mai dolorosamente sporadico ed irragionevolmente eroico.

Il suo stile educativo era estremamente fecondo proprio perché si nutriva voracemente dei quesiti, delle osservazioni, dei dubbi e delle intime insidie che i ragazzi esprimevano nella loro vita quotidiana. Egli rideva gratamente assieme a loro, asciugava prontamente le loro lacrime, li ascoltava con instancabile dedizione e pazienza, era sempre sollecitamente a loro disposizione, a qualsiasi ora del giorno e della sera, non si scandalizzava e non si impauriva delle fragilità che i giovani con coraggioso riserbo gli confidavano ma al contrario insegnava loro ad averne gentile cura e a non giudicarsi, accusarsi o castigarsi mai.

Karol non cessava di accompagnarli, sopportarli e guidarli, incoraggiandoli a rialzarsi caparbiamente dopo ogni caduta, tutte le volte necessarie, accogliendo e non minimizzando o ridicolizzando il loro dolore.

Egli era perfettamente cosciente, inoltre, del fatto che ciò che avviene a livello affettivo è indice del benessere integrale della persona, oppure al contrario della presenza di significative ferite mai rimarginate che potranno guarire e rimarginarsi solo con tempo, pazienza e tanto amore. Non smettendo mai di mostrare loro che Dio non li disprezza, neanche quando sbagliano; anzi, soprattutto quando questo si verifica, hanno maggior necessità di esperire il suo amore, la sua comprensione e la sua vicinanza.

Vorrei concludere dicendo che soltanto quando genitori e educatori avranno il reale ardire di seguire fedelmente le indimenticabili ed eterne orme di questo sublime maestro, potremo nuovamente avere un popolo di giovani gioiosi e felici, dunque, fecondi poiché eredi di un prospero e promettente avvenire.

CRISTIANA MALLOCCI

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