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Veglia pasquale, il Papa: cammina, per tornare al primo incontro con Gesù

Nella celebrazione della Notte Santa, con l’annuncio della Risurrezione di Cristo, Francesco invita tutti a riscoprire “lo stupore e la gioia” della nostra Galilea, il momento nel quale è iniziata “la nostra storia d’amore con Gesù”, e “lo abbiamo proclamato Signore della nostra vita”. Per riprendere coraggio di fronte al male, “e ai venti gelidi di guerra”, guardiamo non ad un Risorto astratto, ideale, ma alla “memoria concreta” di quell’incontro. Battezzati e cresimati otto catecumeni


“Ricorda e cammina! Se recuperi il primo amore, lo stupore e la gioia dell’incontro con Dio, andrai avanti”. È l’invito che Papa Francesco fa a se’ stesso e a tutti i fedeli nell’omelia della Veglia di Pasqua, la Notte Santa, che presiede nella Basilica vaticana, accompagnato da quaranta cardinali, 25 vescovi e duecento sacerdoti. Perché, spiega, la Pasqua del Signore “invita a rotolare via i massi della delusione e della sfiducia” e “ci riporta al nostro passato di grazia, ci fa riandare in Galilea, là dov’è iniziata la nostra storia d’amore con Gesù”, quando “lo abbiamo proclamato Signore della nostra vita”. Infatti, per togliere la polvere depositata nei nostri cuori e “riprendere il cammino” non dobbiamo guardare “a un Gesù astratto, ideale, ma alla memoria viva, concreta e palpitante del primo incontro con Lui”. (Ascolta qui il podcast con la voce del Papa)

La "madre di tutte le vigilie"
La Basilica vaticana è immersa nel buio, quando alle 19.30, davanti al portone centrale, il Papa dà inizio alla “madre di tutte le vigilie” come l’ha definita sant’Agostino, guidando il rito del Lucernario, con la benedizione del fuoco nuovo e l’accensione del cero pasquale. Poi, con l’ingresso in Basilica della processione di tutti i concelebranti, alla terza intonazione del “Lumen Christi” del diacono, dopo le candele di Francesco e dei fedeli, vengono accese tutte le luci. Al canto dell'Exultet che annuncia la Risurrezione, segue la Liturgia della Parola con letture dell'Antico e del Nuovo Testamento, e la Liturgia battesimale. Otto i catecumeni di età adulta ai quali vengono amministrati prima il battesimo e poi la confermazione, sacramenti dell'iniziazione cristiana: tre vengono dall’Albania, due dagli Stati Uniti e gli altri da Italia, Nigeria e Venezuela. Il Pontefice presiede la Veglia rimanendo seduto a lato all'altare, e da lì pronuncia l'omelia, mentre successivamente raggiungerà il fonte battesimale per amministrare i sacramenti. A celebrare all'altare, il cardinale Artur Roche, prefetto del Dicastero del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti, con i cardinale Giovanni Battista Re e Leonardo Sandri, decano e vicedecano del Collegio cardinalizio.

Entrare nel cammino dei discepoli
Nella sua rilettura del Vangelo di Matteo sulla Resurrezione, offerta nell'omelia, Papa Francesco guarda al cammino delle donne, che alle prime luci dell’alba vanno verso la tomba di Gesù. “Avanzano incerte, smarrite – spiega - con il cuore lacerato dal dolore per quella morte che ha portato via l’Amato”. Ma, nel vedere la tomba vuota, “invertono la rotta, cambiano strada; abbandonano il sepolcro e corrono ad annunciare ai discepoli un percorso nuovo: Gesù è risorto e li attende in Galilea”. Così, chiarisce il Papa, “nella vita di queste donne è avvenuta la Pasqua, che significa passaggio”, e passano “dal mesto cammino verso il sepolcro alla gioiosa corsa verso i discepoli”, per dire che il Signore è risorto, ma anche che l’appuntamento col Risorto è in Galilea. “La rinascita dei discepoli, la risurrezione del loro cuore passa dalla Galilea”. Così Francesco invita tutti ad entrare “nel cammino dei discepoli che va dalla tomba alla Galilea”. Tutti, all’inizio, “pensano che Gesù si trovi nel luogo della morte e che tutto sia finito per sempre”.

A volte succede anche a noi di pensare che la gioia dell’incontro con Gesù appartenga al passato, mentre nel presente conosciamo soprattutto delle tombe sigillate: quelle delle nostre delusioni, delle nostre amarezze e della nostra sfiducia, quelle del “non c’è più niente da fare”, “le cose non cambieranno mai”, “meglio vivere alla giornata” perché “del domani non c’è certezza”.

Andare in Galilea vuol dire aprirsi alla missione
Quando il dolore ci ha attanagliato, spiega il Pontefice, o la tristezza, il peccato, il fallimento e la preoccupazione ci hanno assillato, anche noi “abbiamo sperimentato il gusto amaro della stanchezza e abbiamo visto spegnersi la gioia nel cuore”. Abbiamo avvertito “la fatica di portare avanti la quotidianità, stanchi di rischiare in prima persona davanti al muro di gomma di un mondo dove sembrano prevalere sempre le leggi del più furbo e del più forte”.

“Altre volte, ci siamo sentiti impotenti e scoraggiati dinanzi al potere del male, ai conflitti che lacerano le relazioni, alle logiche del calcolo e dell’indifferenza che sembrano governare la società, al cancro della corruzione - ce ne è tanta - al dilagare dell’ingiustizia, ai venti gelidi della guerra”

La notizia che cambia la storia: Cristo è risorto!
Oppure, “ci siamo forse trovati faccia a faccia con la morte”, dei nostri cari o la nostra, che ci ha sfiorato nella malattia o nelle calamità, e così “siamo rimasti preda della disillusione e si è disseccata la sorgente della speranza”. Sono tutte situazioni, chiarisce Papa Francesco, nelle quali “i nostri cammini si arrestano davanti a delle tombe e noi restiamo immobili a piangere e a rimpiangere”. Invece, le donne a Pasqua non restano paralizzate davanti a una tomba ma, come dice il Vangelo, “abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli”. Portano la notizia che cambierà per sempre la vita e la storia: Cristo è risorto! E con essa, l’invito del Signore ai discepoli: che vadano in Galilea, perché là lo vedranno. Andare in Galilea, sottolinea il Papa, significa due cose:

Da una parte uscire dalla chiusura del cenacolo per andare nella regione abitata dalle genti, uscire dal nascondimento per aprirsi alla missione, evadere dalla paura per camminare verso il futuro. Dall’altra parte, e questo è molto bello, significa ritornare alle origini, perché proprio in Galilea tutto era iniziato.

Tornare alla grazia originaria
Lì, infatti, ricorda Francesco, “il Signore aveva incontrato e chiamato per la prima volta i discepoli”. E andare in Galilea “è tornare alla grazia originaria, è riacquistare la memoria che rigenera la speranza, la ‘memoria del futuro’ con la quale siamo stati segnati dal Risorto”. Questo fa la Pasqua del Signore:

Ci spinge ad andare avanti, a uscire dal senso di sconfitta, a rotolare via la pietra dei sepolcri in cui spesso confiniamo la speranza, a guardare con fiducia al futuro, perché Cristo è risorto e ha cambiato la direzione della storia.

Non guardare ad un Gesù ideale, ma ad un incontro concreto
Ma, per farlo il Signore “ci riporta al nostro passato di grazia, ci fa riandare in Galilea, là dov’è iniziata la nostra storia d’amore con Gesù”. Ci chiede, cioè, spiega il Pontefice, di rivivere quel momento, quell’esperienza “in cui abbiamo incontrato il Signore, abbiamo sperimentato il suo amore e abbiamo ricevuto uno sguardo nuovo e luminoso su noi stessi, sulla realtà, sul mistero della vita”. Insomma, per ricominciare, per riprendere il cammino, abbiamo sempre bisogno…

Di riandare non a un Gesù astratto, ideale, ma alla memoria viva, concreta e palpitante del primo incontro con Lui. Sì, fratelli e sorelle, per camminare dobbiamo ricordare; per avere speranza dobbiamo nutrire la memoria. Questo è l’invito: ricorda e cammina! Se recuperi il primo amore, lo stupore e la gioia dell’incontro con Dio, andrai avanti.

Ricostruire il primo incontro con Cristo
“Ricorda la tua Galilea e cammina verso la tua Galilea”, ribadisce Papa Francesco, perchè è il “luogo” nel quale “hai conosciuto Gesù di persona, dove per te Egli non è rimasto un personaggio storico come altri, ma è divenuto la persona della vita”: il Dio vicino, “che ti conosce più di ogni altro e ti ama più di chiunque altro”. Quello del Papa è un invito a fare memoria “della tua chiamata, di quella Parola di Dio che in un preciso momento ha parlato proprio a te; di quell’esperienza forte nello Spirito”, della grande gioia del perdono “provata dopo quella Confessione”, di quel “momento indimenticabile di preghiera”, di quella luce che “ha trasformato la tua vita, di quell’incontro, di quel pellegrinaggio…”

“Ognuno sa dov'è la propria Galilea. Ciascuno di noi conosce il proprio luogo di risurrezione interiore, quello iniziale, quello fondante, quello che ha cambiato le cose. Non possiamo lasciarlo al passato, il Risorto ci invita ad andare lì per fare la Pasqua. Ricorda la tua Galilea, fanne memoria, ravvivala oggi”

Riprova quelle sensazioni, togli polvere dal cuore
Francesco chiede ad ognuno di noi di tornare “a quel primo incontro. Chiediti come è stato e quando è stato, ricostruiscine il contesto, il tempo e il luogo, riprovane l’emozione e le sensazioni”. Perché “è quando hai dimenticato quel primo amore”, che è cominciata “a depositarsi della polvere sul tuo cuore”. Così hai sperimentato la tristezza e, come per i discepoli, “tutto è sembrato senza prospettiva”, senza speranza. Ma oggi, conclude il Pontefice, “la forza di Pasqua invita a rotolare via i massi della sfiducia”. E il Signore, “esperto nel ribaltare le pietre tombali del peccato e della paura, vuole illuminare la tua memoria santa, il tuo ricordo più bello, rendere attuale il primo incontro con Lui”. Ricorda e cammina: ritrova la grazia della risurrezione di Dio in te! Torna in Galilea!

Fratelli, sorelle, seguiamo Gesù in Galilea, incontriamolo e adoriamolo lì dove Egli attende ognuno di noi. Ravviviamo la bellezza di quando, dopo averlo scoperto vivo, lo abbiamo proclamato Signore della nostra vita. Torniamo in Galilea, alla Galilea del primo amore, ognuno torni alla propria Galilea, quella del primo incontro, e risorgiamo a vita nuova!

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

FONTE: VATICAN NEWS

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