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Azione politica e servizio al bene comune

Papa Francesco consegnerà il Premio internazionale Paolo VI al presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella


È stato conferito al presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella il Premio internazionale Paolo vi, dedicato all’«eredità storica» e all’«attualità» del rapporto tra Papa Montini e l’Italia. E sarà Papa Francesco a consegnarglielo personalmente il prossimo 29 maggio — giorno dedicato alla memoria liturgica del santo Pontefice e poco prima della ricorrenza del sessantesimo anniversario della sua elezione al pontificato (21 giugno 1963) — durante una cerimonia che si svolgerà nella Sala Clementina del Palazzo apostolico. Lo ha annunciato don Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo vi di Brescia, presentando stamane l’iniziativa nell’attuale sede della Sala stampa della Santa Sede, in via dell’Ospedale, a Roma.

Profonda gratitudine a Papa Bergoglio, che, «come in passato hanno fatto i suoi immediati predecessori, ha accettato di consegnare personalmente il premio», è stata espressa da don Maffeis: è un gesto, ha detto, che testimonia «la venerazione di Papa Francesco per Paolo vi, la stima nei confronti del presidente Sergio Mattarella» e l’apprezzamento per il lavoro che ormai da 44 anni l’Istituto svolge «per tener viva la memoria del Papa bresciano e studiarne l’insegnamento e l’opera».

Il premio «intende in particolare riconoscere la fecondità culturale del messaggio cristiano, capace di promuovere un autentico umanesimo». E l’attribuzione del premio a Mattarella, ha affermato don Maffeis, vuole sottolineare come «l’azione politica e il servizio al bene comune nell’esercizio delle diverse funzioni istituzionali siano uno degli ambiti significativi in cui ciò può avvenire».

Quello svolto da Paolo vi, ha aggiunto, è stato senza dubbio «un ministero ecclesiale al quale sarebbe sbagliato attribuire un’immediata valenza politica». Ma è fuori dubbio che Papa Montini abbia «attraversato il Novecento con grande partecipazione alle vicende italiane e internazionali». Come assistente ecclesiastico della Fuci, in un contesto «dominato dal regime fascista, ha contribuito a formare alla libertà i giovani studenti incontrati nelle sedi universitarie sparse in Italia». Da sostituto della Segreteria di Stato, nel secondo dopoguerra, «ha accompagnato la crescita della giovane democrazia italiana». Durante l’episcopato milanese si è poi misurato «con le profonde trasformazioni in atto in campo culturale e sociale». Infine, da Papa, ha continuato «a seguire le vicende italiane, con assoluto rispetto per l’autonomia della sfera civile e, insieme, con intima partecipazione personale, tanto nel fervido clima conciliare quanto negli anni drammatici insanguinati dal terrorismo».

Successivamente il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, professore emerito di storia contemporanea e membro del comitato scientifico dell’Istituto Paolo vi, ha osservato che la decisione di riprendere la concessione del premio e di assegnarlo al presidente Mattarella è il segno di una sorta di «consonanza» e di «continuità» tra il Pontefice e il capo dello Stato italiano. Evidenziando che la dimensione politica è stata presente nel giovane Montini grazie all’esperienza del padre Giorgio e alla «sua scelta per una politica ispirata cristianamente e democratica», Riccardi ha ricordato che il suo confronto «con la crisi del fascismo» lo ha portato «a radicarsi sempre più in un atteggiamento democratico, nella visione di un rapporto non strumentale tra cattolicesimo e democrazia». Tanto che Montini «è stato sempre freddo verso lo Stato nazionale cattolico come era realizzato nella Spagna di Franco».

La scelta della democrazia in Montini «non è stata istintiva, ma meditata, e si è fatta cultura nella formazione di giovani fucini e laureati cattolici», significativo serbatoio per la classe dirigente democristiana. Di fatto, ha rimarcato Riccardi, egli «ha accompagnato la scelta e i primi passi di Alcide De Gasperi nella creazione di un partito cattolico che è divenuto il pilastro principale della democrazia repubblicana».

Infine Pierpaolo Camadini, ricordando che il premio è sostenuto dall’Opera per l’educazione cristiana — da lui stesso presieduta — ne ha spiegato obiettivi e iniziative. Si tratta, ha detto, di una fondazione ecclesiastica con finalità strettamente educative, espressione della diocesi di Brescia, che, alla morte di Paolo vi, ha inteso onorarne la memoria e promuovere la ricerca e lo studio sulla sua figura. In questo senso, l’Opera favorisce iniziative orientate specialmente alla formazione dei giovani e si occupa dell’organizzazione e del sostegno alle attività istituzionali proprie dell’Istituto Paolo vi e del Centro di ricerca e studi sul Pontefice realizzato a Concesio, alla periferia di Brescia, presso la casa natale di Montini.

L’Opera ha anche promosso la valorizzazione, attraverso l’allestimento di una apposita sezione museale, di un’importante raccolta di opere di arte contemporanea, in origine donate dagli autori personalmente a Giovanni Battista Montini e poi, alla sua morte, destinate alla fondazione da monsignor Pasquale Macchi, che ne fu segretario.

Con il Premio internazionale, ha evidenziato Camadini, l’Opera intende sottolineare «la valenza universale della testimonianza spirituale e culturale di san Paolo vi, che trascende la memoria locale per assurgere a paradigma di confronto profondamente attuale per l’uomo contemporaneo». Per questo, la fondazione bresciana è «particolarmente onorata» per l’accettazione del riconoscimento da parte del presidente Mattarella e «vivamente riconoscente» a Papa Francesco per essersi «reso disponibile a celebrarne la consegna, nella memoria del suo venerato predecessore».


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