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Il Papa: nel mondo c'è tanta tristezza, fare il bene aiuta ad avere speranza

“Il Crocifisso, sorgente di speranza”, questo il tema della catechesi all'udienza generale del Mercoledì Santo. Francesco parla di Gesù che sulla croce trasforma il dolore in amore: abbiamo bisogno di semplicità, di riscoprire il valore della sobrietà, spogliando l'anima del superfluo che la appesantisce



“Cristo patì per voi (...) insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta... Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. 1 Pt 2,21-24”

E' la lettura che apre l'udienza generale di questo mercoledì. Siamo al centro della Settimana Santa e l'ora della morte di Gesù si avvicina: Davanti al suo sepolcro, come ci ha ricordato la liturgia della domenica scorsa, sarà posto un macigno. "Tutto sembra finito", esordisce Papa Francesco, per i discepoli "quel macigno segna il capolinea della speranza". Tutto dice fallimento. Lo sconforto che opprime quei discepoli, osserva il Papa, non è del tutto estraneo a noi oggi": (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Anche in noi si addensano pensieri cupi e sentimenti di frustrazione: perché tanta indifferenza verso Dio? È curioso, questo: perché tanta indifferenza verso Dio? Perché tanto male nel mondo? Ma guardate, che c’è male nel mondo! Perché le disuguaglianze continuano a crescere e la sospirata pace non arriva? Perché siamo attaccati così alla guerra, al farsi del male l’uno all’altro? E nei cuori di ognuno, quante attese svanite, quante delusioni! E ancora, quella sensazione che i tempi passati fossero migliori e che nel mondo, magari pure nella Chiesa, le cose non vadano come una volta… Insomma, anche oggi la speranza sembra a volte sigillata sotto la pietra della sfiducia.

Dalla croce germoglia la speranza
Il Papa lo chiede con insistenza: dov'è oggi la tua speranza? Davanti a noi, come davanti agli occhi dei discepoli c'è l'immagine della croce, ma dopo poco loro capiranno che proprio da quella croce nasce un nuovo inizio. Francesco sottolinea questa apparente contraddizione e dice che la speranza di Dio germoglia proprio "nei buchi neri delle nostre attese deluse". Dalla croce, "terribile strumento di tortura Dio ha ricavato il segno più grande dell’amore". E prosegue:

Quel legno di morte, diventato albero di vita, ci ricorda che gli inizi di Dio cominciano spesso dalle nostre fini: così Egli ama operare meraviglie. Oggi, allora, guardiamo l’albero della croce perché germogli in noi la speranza: per essere guariti dalla tristezza – ma, quanta gente triste … A me, quando potevo andare per le strade, adesso non posso perché non mi lasciano, ma quando potevo andare per le strade nell’altra diocesi, mi piaceva guardare lo sguardo della gente. Quanti sguardi tristi! (...) Ci vuole un po’ di speranza, eh?, per essere guariti dalla tristezza di cui siamo malati, dall’amarezza con cui inquiniamo la Chiesa e il mondo.

Gesù spogliato in croce ci dice di fare verità su di noi
Papa Francesco invita a guardare al Crocifisso in cui Gesù appare spogliato e ferito. Spogliato: Lui che è Dio si è lasciato privare di tutto. Noi che siamo così attaccati alle apparenze, che vogliamo sempre mostrare agli altri il nostro volto truccato, che "pensiamo che l’importante sia ostentare, così che gli altri dicano bene di noi" e che ci riempiamo di cose superflue, "non troviamo pace". "Gesù spogliato di tutto - afferma il Papa - ci ricorda che la speranza rinasce col fare verità su di noi".

Questo serve: tornare al cuore, all’essenziale, a una vita semplice, spoglia di tante cose inutili, che sono surrogati di speranza. Oggi, quando tutto è complesso e si rischia di perdere il filo, abbiamo bisogno di semplicità, di riscoprire il valore della sobrietà, della rinuncia, di fare pulizia di ciò che inquina il cuore e rende tristi. Ciascuno di noi può pensare a una cosa inutile di cui può liberarsi per ritrovarsi.

Un bell'esercizio da fare
E per scendere nel concreto, il Papa lancia a braccio un'idea, un "bell'esercizio" che ciascuno di noi può fare:

Qui, quindici giorni fa, a Santa Marta, dove io abito – che è un albergo per tanta gente – si è sparsa la voce che per questa Settimana Santa sarebbe bello guardare il guardaroba e spogliare, mandare via le cose che abbiamo, che non usiamo… Voi non immaginate la quantità di cose! È bello spogliarsi delle cose inutili. E questo è andato ai poveri, alla gente che ha bisogno. Anche noi, tante cose inutili abbiamo dentro il cuore – e fuori pure. Guardate il vostro guardaroba: guardatelo e fate pilizia lì. (...) Guardate il guardaroba dell’anima: quante cose inutili hai, quante illusioni stupide.

Con Gesù è possibile trasformare i dolori in "fori di luce"
Gesù è ferito, nel corpo e nell'anima, sottolinea il Papa tornando al testo scritto della catechesi. "Gesù è solo: tradito, consegnato e rinnegato dai suoi". E' dileggiato, a lui la folla preferisce Barabba. E Francesco si domanda in che modo tutto questo "aiuta la nostra speranza":

Anche noi siamo feriti: chi non lo è nella vita? Chi non porta le cicatrici di scelte passate, di incomprensioni, di dolori che restano dentro e si fatica a superare? Ma anche di torti subiti, di parole taglienti, di giudizi inclementi? Dio non nasconde ai nostri occhi le ferite che gli hanno trapassato il corpo e l’anima. Le mostra per farci vedere che a Pasqua si può aprire un passaggio nuovo: fare delle proprie ferite dei fori di luce.

Che cosa facciamo delle nostre ferite?
Tutto dipende da quello che facciamo delle nostre ferite, afferma ancora il Papa. Vediamo che Gesù in croce continua ad amare e "perdona chi lo ferisce" vincendo così il male. E noi che cosa ne facciamo? Rimaniamo nel rancore e nella tristezza oppure ci uniamo a Gesù?

Sì, le nostre ferite possono diventare fonti di speranza quando, anziché piangerci addosso, asciughiamo le lacrime altrui; quando, anziché covare risentimento per quanto ci è tolto, ci prendiamo cura di ciò che manca agli altri; quando, anziché rimuginare in noi stessi, ci chiniamo su chi soffre; quando, anziché essere assetati d’amore per noi, dissetiamo chi ha bisogno di noi. Perché soltanto se smettiamo di pensare a noi stessi, ci ritroviamo.

Adriana Masotti - Città del Vaticano

FONTE: VATICAN NEWS

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