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L’omaggio e la devozione al principe degli apostoli nella basilica Vaticana

L’omaggio e la devozione al principe degli apostoli nella basilica Vaticana


Toccare e baciare il consunto piede di san Pietro è un gesto che da secoli vediamo quotidianamente ripetersi nella basilica Vaticana, edificata sulla sua umile sepoltura non lontano dal luogo del suo martirio. Quel ricercato contatto, talvolta ripetuto quasi inconsapevolmente, esprime innanzitutto un sentimento di profonda devozione a san Pietro; un raccomandarsi con la preghiera all’intercessione dell’apostolo nella sua basilica. Di origine antichissima rappresenta anche un simbolico riconoscimento dell’autorità del Pontefice e del primato petrino; un affidarsi al Papa, vicario di Cristo e pastore della Chiesa universale.

Francesco Maria Torrigio (1580-1649), fine conoscitore della basilica e delle sue tradizioni, ricordava la consuetudine, praticata da romani e forestieri, non soltanto di baciare quel piede consunto, ma anche di poggiare la fronte o mettere la testa sotto il piede della statua recitando umilmente preghiere. Secondo questo erudito sacerdote, già ai suoi tempi — ovvero quattro secoli fa — il piede del San Pietro di bronzo appariva a tal punto “logoro” da far immaginare la remota antichità di quella statua, che per antica tradizione si faceva risalire all’epoca del Papa san Leone Magno (440-461). Quei ripetuti baci, quel continuo contatto di oggetti, quel pulire e ripulire «cór fazzoletto» — come scriveva Trilussa nel celebre sonetto Er consumo della fede — logorarono il piede destro della statua proteso in avanti fino a cancellarne le dita e parte del sandalo. Quei «baci distruggitori» sono pertanto l’inconfondibile segno di un’antica, viva e continuata devozione. Non dobbiamo tuttavia stupirci di simili atti di venerazione attraverso il ricercato e reiterato toccare un’immagine sacra: tale pratica si perde infatti nella notte dei tempi. Cicerone (Verre, 4, 94), ad esempio, racconta di una bellissima statua in bronzo di Ercole, venerata in un omonimo tempio di Agrigento, in più parti consumata dai baci della devota gente.

Numerosi disegni e incisioni traducono in figura la secolare devozione a san Pietro attraverso il simbolico gesto del bacio del piede. Non di rado vi compaiono donne del popolo nei loro tipici costumi, con in braccio i loro bambini — talvolta ancora in fasce — quasi a volerli presentare al santo patrono di Roma: un tenero bacio suggella quel primo incontro tra il vecchio pescatore, nella sua grande e ieratica figura scultorea e il paffuto e sorridente pargoletto, che in alcuni casi è ancora un lattante.

Baciare il piede della statua di san Pietro non fu soltanto un pietoso e rispettoso atto di venerazione di fedeli e religiosi, ma anche dei Pontefici, che in tal modo esprimevano anch’essi la loro devozione al “maggior Pietro”, ponendosi in continuità con la tradizione apostolica. Nel nostro secolo devotissimo a san Pietro fu san Giovanni XXIII (Roncalli, 1958-1963), il quale, divenuto vescovo nel 1925, volle apporre sul suo stemma episcopale le parole Oboedientia et pax, che il padre Cesare Baronio (1538-1607) pronunciava tutti i giorni baciando in basilica il piede dell’apostolo. Tale devota consuetudine è particolarmente cara a Papa Francesco.

Un altro aspetto della devozione al santo nella sua basilica, si manifesta nella tradizione di vestire con abiti pontificali la statua dell’apostolo. Ciò avveniva — e avviene tuttora — in determinate solennità, ma soprattutto nel giorno delle festività dei santi Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno) e della Cattedra di San Pietro (22 febbraio). Tra i primi a parlarci di questa tradizione è ancora una volta l’erudito Torrigio, in un prezioso volumetto del 1644 dall’eloquente titolo: I sacri Trofei Romani del trionfante Principe degli Apostoli San Pietro, gloriosissimo. In esso scrive: «Secondo un uso antico nella festa sua, [il] giorno 29 giugno, per cagionare nel popolo maggior riverenza e venerazione, se gli pone in capo una Mitra Vescovile, e vestasi di candido camige, stola ricamata, e di un antico Peviale donato alla Basilica circa 300 anni sono, rappresentando in Pontificale il medesimo S. Pietro primo Pontefice. Vi ardono anche spessissimo davanti altre lampade, e cerei, e per gratie ricevute vi si veggono intorno voti d’argento, di cera dipinte e simili». Dal testo immediatamente precedente a questo, si deduce che solo dal 1632, si sostituì alla mitra la tiara (o triregno): evidentemente, in precedenza, ponendo la mitra sul capo di san Pietro, si voleva sottolineare il ruolo episcopale del Papa nella guida della Chiesa.

Quindi un’usanza antica, che si affermò in forma sempre più solenne e scenografica nell’età barocca e che, secondo il Grisar, potrebbe addirittura risalire al Medioevo, quando la statua sembra essere stata rivestita con i paramenti donati dal Papa Innocenzo vi (1352-1362).

Anche del san Pietro vestito esiste un’abbondante e variegata documentazione iconografica e sono soprattutto degne di nota alcune rarissime illustrazioni degli inizi del Novecento, che documentano la vestizione dell’enea statua vaticana. Molto suggestive sono quelle eseguite da Gennaro D’Amico (1857-1947), fecondo illustratore di libri di avventura e di cronache su varie riviste italiane e straniere.

Pietro Zander

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