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Il volontariato nella Chiesa Cattolica al tempo del Covid

Il Covid-19 ha scatenato un’emergenza sanitaria senza precedenti per il mondo moderno. Scopriamo come la Chiesa cattolica si è impegnata contro questa calamità e come continua la sua battaglia in prima linea in questa nuova fase.

Il volontariato nella Chiesa Cattolica al tempo del Covid

Ci sono situazioni nella vita di una comunità piccola o grande che non possono essere definite se non con il termine calamità. Se cerchiamo il significato di questa parola sul dizionario, troviamo questa definizione: Grave sventura, evento funesto che colpisce molte persone o un’intera comunità, implicando provvedimenti speciali.

Non c’è bisogno di consultare un dizionario per renderci conto che la pandemia di Covid-19 che ha investito il mondo intero e il nostro paese con particolare violenza negli ultimi mesi rientra a tutti gli effetti in questa definizione. Una grave sventura, che ha portato alla morte di migliaia di persone, alla distruzione di famiglie, che sono state letteralmente decimate, smembrate, senza nemmeno la consolazione di un ultimo addio. Inutile fare conteggi, visto che la gente continua a morire, anche se con minor frequenza, almeno in Italia.

Una sventura che ha richiesto l’intervento dello Stato e di ogni organo di potere possibile, per introdurre provvedimenti speciali che hanno sconvolto e modificato le abitudini di vita di ogni singolo membro della nostra società, uomini, donne e bambini, sovvertendo un’esistenza fatta di lavoro, scuola, occasioni di incontro, che davamo forse troppo per scontato.

Volontari Covid-19 durante la prima fase
Per fronteggiare questa calamità, anche la Chiesa si è organizzata fin dal principio, colpita nella sua stessa essenza dall’impossibilità di celebrare la Messa, di raccogliere nei propri spazi consacrati e non tutti coloro i quali trovavano di solito in essa conforto e aiuto. Come è giusto che sia in queste situazioni di emergenza i primi destinatari di questi aiuti materiali, ma anche spirituali, sono stati i più bisognosi e vulnerabili, in nome di una carità che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, non è solo offrire denaro in elemosina.

La Carità cristiana implica la volontà di accogliere, di offrire il proprio tempo e la propria energia al prossimo, il mettersi al servizio degli altri, dei poveri, dei più sfortunati, in un’emulazione di Cristo e di chi, come lui, ha sacrificato la propria vita a un bene superiore, a un anelito di giustizia ineffabile.

Pensiamo a Madre Teresa di Calcutta, uno degli esempi più fulgidi della carità cristiana del nostro tempo, ma pensiamo anche a tutti i volontari che in Italia e nel mondo si impegnano per fare la differenza in situazioni di disagio, povertà, malattia, guerra, ingiustizia sociale.

Durante l’emergenza Covid-19 i volontari non sono mancati, e per fortuna. Pensiamo ai tanti medici, alle infermiere, alle suore e ai preti che si sono dati da fare per assistere i malati, mettendo a repentaglio la propria vita, e perdendola, molto spesso. Ma il volontariato non si è fermato a questo. La calamità, oltre ai malati, ha creato tutta una nuova schiera di disagiati, dagli anziani abbandonati a loro stessi, nelle case di riposo e ancora di più nelle proprie abitazioni, senza aiuto, senza nessuno che provvedesse alle loro esigenze primarie, dalla spesa alle cure, al semplice ascolto. Con loro, i molti che hanno perso il lavoro, o che si sono trovati ad affrontare la pandemia senza denaro sufficiente per mantenere se stessi e la propria famiglia. Alcune diocesi hanno messo a disposizione posti letto e strutture per ospitare chi non poteva trascorrere la quarantena nella propria casa, o chi, dimesso dall’ospedale, non poteva comunque essere lasciato solo.

L’aiuto che i volontari cattolici hanno dato a queste persone più deboli ed esposte nella fase 1, quando perfino uscire di casa per fare la spesa era diventato proibitivo, è stato di primaria importanza sia sul piano pratico, sia su quello psicologico e umano.

Ma non è ancora finita.

I volontari oggi
Lentamente, dolorosamente, il nostro paese ha iniziato a emergere dall’inferno della fase 1. Una maggior conoscenza del virus, la capacità di prevenire il contagio e di curare in modo tempestivo e corretto chi si ammala, a fronte della pressoché totale ignoranza e incapacità delle prime settimane, ha fatto sì che pian piano si tentasse un ritorno alla vita di un tempo. È prematuro parlare di un ritorno alla normalità, perché la minaccia del Covid-19 è ancora terribilmente reale, e richiede in questa nuova fase una serie di restrizioni e regole per contingentare l’affluenza dei fedeli all’interno dei luoghi di culto e in generale degli ambienti legati alla Chiesa, come gli oratori e i centri estivi. 

Distanziamento, dispositivi di protezione, scaglionamento, controllo sono diventate parole d’ordine imprescindibili per accedere alle chiese come a qualsiasi altro luogo pubblico. Proprio per ottemperare a queste nuove disposizioni, oltre alla collaborazione di Polizia Locale e Protezione Civile, occorre l’impegno di volontari che controllino l’affluenza ai luoghi di culto e riunione, l’ingresso e l’uscita dei fedeli dalla chiesa in occasione della Messa o di altre cerimonie, come i funerali, che finalmente possono essere celebrati di nuovo.

L’ausilio dei volontari è necessario in molti casi, anche come figure di riferimento per bambini e ragazzi degli oratori, nei centri estivi e nei campeggi. I volontari devono offrire un servizio di collegamento e informazione, oltre che di animazione vera e propria per i ragazzi che ora potranno studiare insieme e giocare all’aperto e in spazi adibiti. 

Fondamentale è informarsi sulle linee guida definite dalle varie Regioni in merito a centri estivi e attività che coinvolgano i bambini e i ragazzi in questi mesi. In questa fase i volontari adeguatamente formati potranno sostituire o affiancare gli operatori di ruolo già attivi nelle varie realtà. Sarà indispensabile che tutto il personale sia informato sulle norme di prevenzione Covid-19. Il loro compito sarà anche quello di garantire il rispetto delle norme da parte dei bambini, per esempio il lavaggio delle mani a ogni ingresso e il distanziamento necessario.

I bambini verranno divisi in piccoli gruppi, a seconda dell’età per esempio (fascia infanzia, fascia scuola primaria, fascia scuola secondaria), dando spazio e priorità a bambini disabili o provenienti da famiglie deboli o con genitori che non hanno tempo di occuparsi di loro. In ogni caso il numero dei bambini ammessi dovrà essere definito in base agli spazi a disposizione e al numero di animatori-educatori disponibili. Un operatore ogni 4–5 ragazzi dovrebbe essere adeguato.

Gli operatori dovranno conoscere preventivamente gli spazi disponibili per poter programmare le attività.
Tali spazi dovranno essere sanificati con la frequenza adeguata all’utilizzo. 

Sarà compito dei volontari e degli operatori assicurare che i ragazzi rispettino le misure igienico-comportamentali, tenendo conto anche della loro età e grado di autonomia. Potrebbe essere opportuno trasformare certe imposizioni, come lavarsi frequentemente le mani, non tossire o starnutire senza protezione, mantenere distanziamento fisico di almeno un metro tra le persone, non toccarsi il viso con le mani, in una sorta di gioco, per coinvolgere anche i più piccini.
Prodotti utili per i volontari

Così come per accedere alle chiese, anche per oratori e luoghi di ritrovo per i ragazzi saranno necessari dispenser di soluzione idroalcolica regolamentari per l’igiene delle mani, in particolare nei punti di ingresso e di uscita.

Anche i giocattoli o i giochi all’aria aperta dovranno essere sanificati e disinfettati con prodotti adeguati, quando utilizzati da gruppi diversi di ragazzi, allo stesso modi degli ambienti comuni che, come abbiamo già detto, dovranno essere puliti ogni giorno e disinfettati spesso con detergenti efficaci.

A queste norme igieniche, tuttavia, è sempre necessario affiancare l’utilizzo di dispositivi di sicurezza base come le immancabili mascherine.

In vista della riapertura di oratori e centri estivi, Holyart ha pensato di realizzare anche delle pettorine per rendere più facilmente identificabile la figura dell’operatore e del volontario a cui poter fare riferimento.
Le pettorine sono di colore blu e sono disponibili in due varianti una su cui è stampato il logo di Holyart e una seconda versione che presenta la scritta VOLONTARIO in diverse lingue.

FONTE: HOLYBLOG

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