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Il Papa all’Angelus: “Il Natale non è la fiaba della nascita di un Re”

Francesco nella Festa di Santo Stefano: anche oggi tanti cristiani perseguitati, «i martiri sono numerosi, più che nei primi tempi». Chiedere a Dio «la capacità di perdonare»


Nel giorno della Festa di Santo Stefano Primo Martire papa Francesco all’Angelus invoca la pace per «il popolo martoriato» dell’Ucraina. Avverte che «il Natale non è la fiaba della nascita di un re, ma la venuta del Salvatore, che ci libera dal male prendendo su di sé il nostro male: l’egoismo, il peccato, la morte». Sottolinea che anche oggi sono tanti i cristiani perseguitati, «i martiri sono numerosi, più che nei primi tempi». E incoraggia a chiedere a Dio «la capacità di perdonare».

Il Pontefice si affaccia alla finestra dello studio nel Palazzo apostolico per recitare la Preghiera mariana con i fedeli e i pellegrini – circa 30mila, secondo la Gendarmeria vaticana - riuniti in piazza San Pietro, dove «ci sono tante bandiere dell’Ucraina», evidenzierà.

Nell’introduzione ricorda e spiega che ieri «abbiamo celebrato il Natale del Signore e la liturgia, per aiutarci ad accoglierlo meglio, estende la durata della festa fino al 1° gennaio: per otto giorni. Sorprendentemente però, in questi stessi giorni si ricordano alcune figure drammatiche di Santi martiri». Oggi Santo Stefano, il Primo Martire cristiano; dopodomani «i Santi Innocenti, i bambini fatti uccidere dal re Erode per paura che Gesù gli togliesse il trono. Insomma, la liturgia sembra proprio volerci allontanare dal mondo di luci, pranzi e regali in cui in questi giorni potremmo un po’ adagiarci». Perché? Il Natale «non è la fiaba della nascita di un re - precisa - ma la venuta del Salvatore, che ci libera dal male prendendo su di sé il nostro male: l’egoismo, il peccato, la morte. Questo è il nostro male: l’egoismo che portiamo dentro, il peccato, perché siamo tutti peccatori, e la morte». E i martiri sono «i più simili a Lui». Infatti, la parola «martire significa testimone: i martiri sono testimoni, cioè fratelli e sorelle i quali, attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia». E anche «ai nostri giorni i martiri sono numerosi, più che nei primi tempi. Oggi preghiamo per questi fratelli e sorelle perseguitati, che testimoniano Cristo». Il Vescovo di Roma invita a domandarsi: «Io testimonio Cristo? E come possiamo migliorare in questo? Ci può aiutare proprio la figura di Santo Stefano».

Innanzitutto, gli Atti degli Apostoli dicono che «era uno dei sette diaconi che la comunità di Gerusalemme aveva consacrato per il servizio delle mense, per la carità. Ciò significa che la sua prima testimonianza non l’ha data a parole, ma attraverso l’amore con cui serviva i più bisognosi». Ma Santo Stefano «non si limitava a quest’opera di assistenza. A quelli che incontrava parlava di Gesù: condivideva la fede alla luce della Parola di Dio e dell’insegnamento degli Apostoli». Questa è la «seconda dimensione della sua testimonianza: accogliere la Parola e comunicarne la bellezza, raccontare come l’incontro con Gesù cambia la vita. Questo per Stefano era così importante, che non si è lasciato intimidire nemmeno dalle minacce dei persecutori, neanche quando ha visto che le cose per lui si mettevano male». Carità e annuncio, «questo era Stefano». Però, la sua testimonianza «più grande è un’altra ancora: quella che ha saputo unire la carità e l’annuncio. Ce l’ha lasciata in punto di morte, quando sull’esempio di Gesù ha perdonato i suoi uccisori».

Ecco allora la risposta «alla nostra domanda: noi possiamo migliorare la nostra testimonianza attraverso la carità verso i fratelli, la fedeltà alla Parola di Dio e il perdono. Carità, Parola, perdono. È il perdono a dire se davvero pratichiamo la carità verso gli altri e se viviamo la Parola di Gesù. Il “per-dono” è infatti, come indica la parola stessa, un dono più grande, un dono che facciamo agli altri perché siamo di Gesù, perdonati da Lui. Io perdono perché sono stato perdonato: non dimentichiamo questo...». Jorge Mario Bergoglio esorta a pensare «alla propria capacità di perdonare: com’è la mia capacità di perdonare, in questi giorni nei quali magari incontriamo, tra le tante, alcune persone con cui non siamo andati d’accordo, che ci hanno ferito, con le quali non abbiamo mai ricucito i rapporti. Chiediamo a Gesù appena nato la novità di un cuore capace di perdonare: tutti noi abbiamo bisogno di un cuore che perdoni! Chiediamo al Signore questa grazie: Signore, che io impari a perdonare. Chiediamo la forza di pregare per chi ci ha fatto del male, pregare per le persone che ci hanno ferito, e di fare dei passi di apertura e di riconciliazione. Che il Signore ci dia oggi questa grazia. E Maria, Regina dei martiri, ci aiuti a crescere nella carità, nell’amore per la Parola e nel perdono».

Dopo l’Angelus, il Papa, «nel clima spirituale di gioia e di serenità del Santo Natale, saluto con affetto voi qui presenti e quanti ci seguono attraverso i mezzi di comunicazione sociale». E rinnova il suo «augurio di pace: pace nelle famiglie, pace nelle comunità parrocchiali e religiose, pace nei movimenti e nelle associazioni, pace per quelle popolazioni tormentate dalla guerra, pace per la cara e martoriata Ucraina. Ci sono tante bandiere dell’Ucraina qui! Chiediamo la pace per questo popolo martoriato!».

In queste settimane «ho ricevuto tanti messaggi augurali. Non potendo rispondere a ciascuno, esprimo a tutti la mia gratitudine, specialmente per il dono della preghiera. Auguro a tutti Buona festa di Santo Stefano e per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!».

DOMENICO AGASSO


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