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ROSARIO LIVATINO È BEATO!

Conosciamo meglio il giudice Rosario Livatino: un uomo che univa a una profonda fede la concezione laica del suo ruolo.


«Era una tiepida mattina del mite autunno siciliano, il 21 settembre 1990, quando Livatino, riposti nella borsa i fascicoli processuali su cui aveva lavorato fino a tarda notte, si avvia verso il tribunale di Agrigento a bordo della sua Ford Fiesta rosso amaranto. Sulla strada a scorrimento veloce lo attende un commando di quattro uomini del clan mafioso della Stidda, che subito apre il fuoco. Rosario, ferito a una spalla, tenta di fuggire ma viene braccato e raggiunto in fondo alla scarpata, dove uno degli assassini continua a esplodergli contro colpi di pistola. Alla sua angosciosa domanda: “Cosa vi ho fatto?”, la risposta è un colpo di grazia al viso. Una forte ondata di commozione pervade il Paese, che scopre la sua storia di uomo semplice e la sua vita di giudice rigoroso e schivo, il suo volto pulito, dallo sguardo limpido. Così diventa per tutti, e sarà per sempre, il “giudice ragazzino”.

Chi era Rosario Livatino? La sua personalità è raccontata bene da un particolare delle indagini. Su una pagina della sua agenda e in altri suoi scritti si rinviene la sigla “S.T.D.”: le tre lettere furono un vero rompicapo da enigmisti e fu vano ogni tentativo di decriptazione da parte degli esperti. La spiegazione si rinvenne nella sua fede cattolica. Con quella sigla, sub tutela Dei, Rosario invoca l’assistenza divina nella sua quotidiana opera di giudice. Del resto, anche dai suoi scritti si trae chiaramente la sua altissima concezione della giustizia e dei doveri del giudice.

Memorabili le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nella sua visita pastorale in Sicilia, il 9 maggio 1993. Dopo avere incontrato i familiari di Rosario egli lancia il suo terribile anatema contro i mafiosi, intimando loro di convertirsi. Giovanni Paolo II lo definì “un martire della giustizia e indirettamente della fede”: un giudice, un uomo che univa a una profonda fede la concezione laica del suo ruolo. Suonano sempre attuali le sue parole: “Non vi sarà chiesto se siete stati credenti, ma se siete stati credibili”».

Queste parole di Pietro Grasso, già presidente del Senato della Repubblica, tratte dal libro “Rosario Livatino. Un giudice santo” (cod. 8821), delineano la figura di Rosario Livatino, proclamato beato il 9 maggio nella Cattedrale di Agrigento alla presenza del cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. È il primo magistrato beato nella storia della Chiesa cattolica.

Come aveva già deciso Benedetto XVI per don Pino Puglisi, il riconoscimento del martirio in odium fidei porta direttamente alla beatificazione,senza bisogno che sia riconosciuto un miracolo per intercessione del candidato, ed è un altro segnale importante della Chiesa contro la mafia.

Il libro “Rosario Livatino – il giudice santo”, a cura del procuratore della Repubblica di Avellino e vicepresidente del centro studi Livatino Domenico Airoma, oltre alla biografia dettagliata del beato, raccoglie gli atti del Convegno “25 anni dopo. Rosario Livatino: diritto, etica, fede”, che si è tenuto a Roma il 18 settembre 2015 alla presenza delle più alte cariche dello Stato, che hanno voluto così rendere omaggio a un uomo di altissima levatura morale.

Durante l’omelia della beatificazione, il cardinale Semeraro ha affermato: «Livatino è morto perdonando, come Gesù, i suoi uccisori. È il valore autentico delle sue ultime parole dove risentiamo l’eco del lamento di Dio: popolo mio, che cosa ti ho fatto». Non «un rimprovero», né «una sentenza di condanna», ma «un invito sofferto a riflettere sulle proprie azioni, a ripensare la propria vita, cioè a convertirsi».

E anche papa Francesco, al Regina Caeli, ha voluto ricordare il nuovo beato: «Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo a essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo beato!».

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